Nella mia esperienza di psicoterapeuta impegnato nell’importante contesto dello sportello di ascolto per genitori e insegnanti mi sono reso conto, per quanto riguarda i genitori, di quanto siano al centro degli incontri, seppure assenti, i bambini. La coppia genitoriale, più spesso la madre, portano inevitabilmente le loro ansie relative al loro ruolo di educatori, la paura di sbagliare, di eccedere o di essere negligenti, e molto spesso portano i loro dubbi circa la possibile presenza di una psicopatologia conclamata nel loro bambino o il timore che questa possa verificarsi.
Il ruolo dell’operatore impegnato nello sportello di ascolto in ambito scolastico non ha finalità psicoterapeutiche bensì quello di ottemperare una valutazione diagnostica il più possibile accurata, quindi, se si accertano dei segnali che fanno sospettare qualcosa a livello psicopatologico bisogna inviare gli utenti ad altri colleghi esterni allo sportello che possano in un contesto appropriato approfondire con ulteriori accertamenti la situazione clinica.
E’ mia esperienza, comunque, che la maggior parte delle volte si tratta di situazioni ansiogene che riguardano il materno o la coppia genitoriale e che bisogna essere molto oculati altrimenti il bambino rischia di diventare un capro espiatorio su cui vengono proiettati i fantasmi psichici genitoriali. A seconda dei casi, o l’operatore dello sportello riesce nei casi meno gravi a contenere la situazione ansiogena rimandando delle indicazioni che possano essere utilizzate dai genitori per gestirla o bisogna inviare i genitori, quando la situazione è più complessa e magari conclamata, da specialisti che si possano prendere cura di loro come coppia genitoriale da sola e in relazione al bambino. Comunque sia credo di poter affermare che in tutti i casi quello di cui bisogna prendersi cura e farsi carico è la dimensione psicologica del bambino interiore nei genitori che si riattiva nella relazione con il bambino reale e a seconda dei casi e delle diverse storie di vita innesca delle dinamiche relazionali e intrapsichiche positive e vitalizzanti o all’inverso disturbate.
Quella del bambino interiore è una dimensione simbolica largamente approfondita dalla psicologia del profondo e in particolar modo dalla psicologia analitica di C. G. Jung e nella mia esperienza di sportello scuola ho avuto modo di constatare quanto interesse abbia animato sia negli insegnanti che nei genitori che prendendo coscienza del loro bambino interiore hanno visto dischiudersi possibilità e potenzialità fino a quel momento inesplorate.
Certamente il bambino interiore attiva anche molte resistenze soprattutto in chi ha subito da bambino dei traumi più o meno gravi che hanno arrestato il libero fluire delle varie fasi evolutive della crescita: in questi casi avremo degli adulti molto rigidi, con problemi di dipendenza e sicuramente con un scarso entusiasmo e un’altrettanto scarsa voglia di vivere. Inoltre il tema del bambino interiore ci costringe a confrontarci con le nostre paure, le paure che ho visto dipinte nei volti di molti genitori e di molti insegnanti, ci costringe a riflettere sulla paura come una condizione ineludibile dell’esistenza umana: nei momenti di passaggio fondamentali il bambino che è in noi torna ad animarsi e ci sospinge in un serrato confronto sia con i nostri limiti che con le nostre potenzialità energetiche che si potranno attivare solo se avremo il coraggio di accettare la sua sfida.
Nei momenti della nostra esistenza in cui precipitiamo nella condizione di solitudine e si scatena la crisi noi incontriamo il nostro bambino interiore che ci offre la preziosa possibilità di incontrare noi stessi nella nostra autenticità scremata da qualsiasi sovrastruttura che fino a quel momento ci ha corazzati contro la paura di vivere.
Il tema del bambino interiore è strettamente connesso al tema della morte simbolica, vista come necessaria separazione da una precedente fase dell’esistenza per poter accedere ad una fase successiva: il bambino interiore è lo slancio vitale necessario alla crescita psicologica e spirituale. E’ quello stesso slancio vitale che noi sentiamo nell’entusiasmo dei nostri bambini reali uno slancio vitale che purtroppo un’educazione troppo rigida e troppo all’insegna degli adulti a volte rischia di soffocare: un’educazione sufficientemente buona per prima cosa non deve permettere che un adulto si sostituisca al bambino ma deve aiutare e sostenere il bambino nella libera espressione della sua personalità facendolo al tempo stesso confrontare con i limiti che inevitabilmente incontrerà in questo difficile cammino di crescita ma che però non devono essere i limiti imposti artificiosamente da adulti che con la loro rigidità eccessiva rischiano di bloccare il libero fluire del bambino nel suo confrontarsi con il mondo.
Il potere, il controllo, la dipendenza uccidono il bambino interiore che a quel punto si ritirerà nel profondo del nostro animo per proteggersi come facevamo da bambini quando qualcuno con prepotenza non ci accoglieva bensì ci opprimeva magari pensando che quella era la cosa migliore per noi. Gli adulti, genitori o insegnanti che siano, compensano le loro paure arcaiche legate al bambino interiore cercando di controllare i bambini reali dai quali altrimenti si sentirebbero eccessivamente provocati: è per questo che dobbiamo, come psicoterapeuti, prenderci cura dei bambini interiori degli adulti altrimenti il danno che ne deriverà per la società sarà incalcolabile in quanto questi adulti non riusciranno a prendersi cura dei loro figli perpetuando la spirale perversa della vittima che diventa carnefice provocando nuove vittime che a loro volta un giorno molto probabilmente diventeranno dei carnefici e così via all’infinito.
Anche la scuola corre il rischio di perpetrare degli abusi se coloro che la dirigono non avranno il coraggio di aprirsi alla sfida che il bambino interiore li spinge ad affrontare: una sfida al rinnovamento, alla morte della burocratizzazione rigida e compulsiva che vuole fare credere che la didattica e i programmi ministeriali siano il fine che giustifica tutti i mezzi e alla rinascita di una nuova consapevolezza che al primo posto ponga il benessere psicosomatico, sociale e spirituale del bambino e ancor prima degli educatori che dovranno prendersi cura del bambino e che se soffriranno di squilibri interiori e relazionali inevitabilmente li riverseranno sul bambino e sull’istituzione scuola alterando patologicamente il metabolismo di questo complesso ecosistema.
A tal fine sarebbe quindi auspicabile che all’interno di ogni scuola la presenza di psicologi esperti nel settore e non improvvisati tali non fosse un’eccezione come mi sembra di constatare sia in realtà bensì una regola. Purtroppo lo psicologo che sia sintonizzato sinergicamente con il bambino interiore spaventa, è minaccioso perché costringe alla riflessione e all’impietoso rispecchiamento, innesca la crisi e la rottura di vecchi adattamenti nevrotici comunque rassicuranti che provocano una stagnazione mortifera e distruttiva alla quale purtroppo molti sembrano votarsi in uno status quo che impedisce la trasformazione.
La figura dello psicologo è fondamentale e dovrebbe essere rivalutata nella sua fondamentale funzione di contenitore del caos e creatore di spazi di pensabilità dove poter elaborare le masse caotiche e indistinte che si vanno ad agitare nelle situazioni di conflittualità per poter passare da stati di indifferenziazione e confusione a nuove forme che solo da quella prima materia oscura è stato possibile creare, nuove forme di essere e per essere che solo chi non avrà paura di aprirsi al rischio che comporta vivere potrà sperimentare. Nel suo libro sul mito del bambino interiore Peter Schellenbaum analoga il bambino psicologicamente sano al simbolo del bambino interiore. Concludo queste mie riflessioni con queste citazioni tratte dal libro di Schellenbaum perché, sebbene estese, mi sono sembrate fondamentali per mettere a fuoco ancora meglio questa fondamentale dimensione psicologia nell’adulto.
Scrive l’autore: “Non idealizzo il bambino reale se gli attribuisco in ampio grado importanti caratteristiche del motivo del bambino nei sogni, nelle fiabe e nei miti: vitalità, immediatezza nell’espressione dei sentimenti, creatività, libertà da costrizioni morali, naturalezza e autenticità di espressione, soggetto ai pericoli e bisognoso di protezione, capacità di imporsi e forza nonostante la debolezza, potere e influenza nonostante l’impotenza e la suggestionabilità, particolare capacità di mutare ed evolversi, saggezza, accesso naturale alle regolarità e ai fatti fondamentali della psiche e del mondo.”
Quindi l’autore ci invita a non scindere il bambino simbolico dal bambino reale:” Non dobbiamo separare il bambino interno da quello esterno ma nemmeno confondere la descrizione del bambino della psicologia evolutiva col motivo simbolico del bambino. Di questa simbolizzazione sono proprie una fermezza e una capacità di superare tutti gli ostacoli che naturalmente non si addicono al bambino reale. Queste capacità dipendono dall’infallibilità della pulsione evolutiva, della quale tuttavia possiamo disporre solo nella misura in cui avvertiamo consciamente un legame con essa.
Tale legame è comunque più o meno soggetto a perturbazioni in ogni individuo. Dove si trova il punto di contatto, a livello di sentimento, pensiero e intuizione, tra i due, il bambino empirico e quello simbolico, il luogo della loro identità?
Le caratteristiche su citate, la vitalità e la capacità di autorinnovarsi, si accordano solo in parte con le osservazioni psicologiche sul bambino, ma allora come arrivo a considerarle il nucleo essenziale del bambino?
La maggiore permeabilità e di conseguenza il maggiore bisogno di protezione, l’espressione più naturale delle disposizioni umane, la speciale capacità di mutare ed evolversi sono caratteristiche indubbie del bambino empirico. E, ciò nonostante, queste qualità precipue del bambino si mescolano già nella vita intrauterina, e a partire dalla nascita in modo sempre più profondo, con quelle caratteristiche dell’adulto che sono sorte attraverso l’adattamento, la subordinazione, la repressione e la rimozione. La psicologia allude infatti ad un nucleo identico tra bambino reale e simbolico ma fino a oggi non l’ha ancora raggiunto. Per raggiungere questo nucleo dobbiamo ripercorrere a ritroso il periodo che si estende tra la vita intrauterina e il concepimento, quando la cellula seminale paterna si fonde con la cellula uovo materna per formare una nuova cellula originaria. Questo momento va riguardato non solo biologicamente, ma anche, e soprattutto, come momento esistenziale. E solo da questa prospettiva esistenziale, ovvero dall’origine comune del bambino reale e di quello simbolico, comprendiamo la loro fondamentale identità: il nucleo di entrambi è pura potenzialità, esclusiva ricettività verso l’esistenza e perciò, potenzialmente, pura vitalità e capacità di mutamento. Nel ‘momento esistenziale del concepimento’ non esiste ancora sviluppo: è presente già tutta l’informazione, ma essa ancora non si articola in una storia concreta. La cellula primordiale non è un piccolo uomo a cui non resta che crescere, nello stesso modo in cui il seme di un albero non contiene in sé già l’albero intero […..]
Nel momento esistenziale del concepimento, regna una pura ricettività nei confronti del potenziale esistente di mutamento e sviluppo. Dalla prospettiva dell’origine, il bambino simbolico e quello reale sono ancora un’unica cosa. In entrambi non esiste ancora una storia di vita: non nel bambino reale, che viene procreato e messo al mondo con determinate inclinazioni in un ambiente con precise connotazioni, e non in quello simbolico, che compare in determinati contesti culturali e in immagini simboliche che ne portano l’impronta. E tuttavia la connotazione fondamentale della ricettività racchiude tutto ciò che caratterizza il bambino empirico nella sua essenza più intima e quello simbolico nelle sue diverse raffigurazioni. L’inesauribile vitalità e l’arcano potere del bambino simbolico mostrano che la sua nascita e le sue gesta rimandano tout court alle fantasie creative dell’uomo sul suo potenziale.”
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