L’unità psico-corporea presuppone infatti che ad un cambiamento a livello fisico consegua un adattamento psicologico, così come eventi squisitamente psichici influiscono fortemente sulla vulnerabilità dell’organismo. Nella malattia fisica sono sempre osservabili, oltre agli aspetti biologici rappresentati dalle modificazioni fisiche del corpo, anche gli aspetti psicologici: essi consistono nella reazione del paziente ai sintomi e agli impedimenti imposti dalla malattia o dalle terapie, nell’impatto della malattia sulle relazioni con gli altri, in eventuali ripercussioni sul lavoro o rispetto ai propri progetti di vita.
Attualmente in Italia una persona su quattro soffre di dolore cronico: la medicina sta cercando di rispondere a questi allarmanti dati con cure e tecniche innovative che consistono in primo luogo nel riconoscimento del diritto della persona ad un sollievo dal dolore, quando questo è evitabile. Questo diritto è da tempo applicato in gravidanza: la possibilità di ricorrere all’anestesia, e le tecniche di rilassamento che agiscono sulla componente emotiva del dolore (riducendone la percezione soggettiva) permettono alle donne di avvicinarsi alla tanto sognata, quanto temuta, data del parto con maggiore serenità. La terapia delle patologie terminali in Italia da circa 7 anni ha visto accostarsi alla medicina tradizionale le cure palliative che forniscono al paziente tutta una serie di alternative, terapeutiche e di assistenza, al fine di migliorare la qualità di vita. La cura delle malattie croniche condivide con la medicina palliativa l’abbandono della prospettiva di guarigione futura, e l’adozione del criterio di benessere; nel dolore cronico in particolare questa ricerca diventa un compito da svolgere insieme al paziente, che partecipa alla definizione, qualitativa e quantitativa, del dolore che prova.
Il dolore è, infatti, una percezione estremamente soggettiva (la soglia del dolore è diversa in ognuno di noi); esso è definito come “una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata ad un danno tissutale attuale o potenziale” (International Association for the Study of Pain, ASP) ed è dunque determinato non solo dalle modificazioni determinate dal danno tissutale, ma anche dall’interpretazione personale di quanto il danno è lesivo. Le patologie che comportano dolore cronico sono particolarmente invalidanti in quanto il dolore influenza ogni aspetto della vita del paziente: la percezione del proprio corpo diviene un’esperienza negativa, l’autonomia è limitata negli spostamenti o talvolta anche nella cura di sé, le abitudini lavorative e sociali sono spesso stravolte ed è piuttosto comune la tendenza ad isolarsi dagli altri. E’ importante anche considerare la modalità d’insorgenza della patologia dolorosa cronica: quando è conseguenza di un trauma (un banale incidente o una caduta) il paziente si trova improvvisamente a dover convivere con una nuova immagine di sé che nasce da un corpo malato, irrimediabilmente rovinato e assillante nell’esperienza di dolore.
Il dolore cronico è correlato alla presenza di disturbi dell’umore, spesso dello spettro depressivo, ma anche a disturbi d’ansia e a disturbi dell’adattamento, ma l’insorgenza di queste psicopatologie può essere ostacolata già dal momento della diagnosi. Dopo la nascita dei reparti di Medicina del Dolore che riconosce il diritto ad un’esistenza senza sofferenze fisiche evitabili, l’attuale sfida è fornire al paziente uno spazio in cui elaborare la propria sofferenza psicologica, aiutandolo a riconoscere determinate reazioni disadattive e lavorando sull’accettazione di una malattia il cui impatto psicologico è ancora, inspiegabilmente, sottovalutato.
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