Salve a tutti, ho da poco terminato il mio percorso di terapia, ho iniziato in coppia, dopo 4 mesi il rapporto è finito e io ho deciso di continuare la terapia da sola.
Ora, sin dalla seconda/terza seduta ho capito che mi piaceva la mia psicoterapeuta, ma non ho dato peso alla cosa, anche perché ero lì per sistemare il mio rapporto e ho pensato il mio interesse fosse puramente intellettuale.
Premetto che il rapporto di coppia l'ho interrotto io ed è stato un sollievo, quindi non ho patito la cosa.
La terapia è andata bene e mi ha aiutata, anche se non avevo problemi seri, è stata comunque positiva è durata 10 mesi, nei quali io comunque mi sono accorta di essere sempre più attratta dalla psico, mi piace proprio, non parlerei di amore, ma mi piace molto è un pensiero fisso. Alla fine della terapia mi sono dichiarata, non dico che avrei voluto una storia (anche perché credo sia sposata) avrei voluto almeno conoscerla o parlarci al di fuori dello studio, conoscere la persona e non la dott.ssa.
Ora lei ha liquidato il tutto definendolo il classico transfert, quindi tutto normale non ti preoccupare vivi serena ecc.
La mia domanda è: perché essere sempre così superficiali e definire subito transfert? Non è proprio possibile nascano veri interessi? Come capire che NON è un transfert.Io sono pienamente consapevole di ciò che provo sono lucida e sono certa non sia un transfert, l'ho detto a lei, ma non ho avuto risposta, ora non ho modo di vederla ne sentirla e mi manca,vorrei provare a sentirla ma non so come fare e non vorrei essere invadente.
Ma vorrei capisse che non è un transfert.
Come fate ad essere sempre così certi che lo sia?
Che devo fare?
Scusate se sono stata lunga,grazie in anticipo a chi risponderà.
Gentile Signora, l'esperienza che ha riportato non è così inusuale: capita con una certa frequenza (soprattutto se l'alleanza terapeutica si è rivelata positiva ed efficace) che alcuni pazienti sviluppino il desiderio di trasferire il rapporto instaurato con il/la professionista al di fuori della stanza di terapia. Non necessariamente perché si avverta una sorta di "innamoramento", ma anche solo perché ci si sente in sintonia, sia ha magari avuto la possibilità di sentirsi ascoltati davvero e compresi nelle proprie difficoltà e nelle proprie esperienze emotive.
Il nostro Codice Deontologico prescrive espressamente di evitare commistioni tra ruolo professionale e vita privata e precisa che costituisce grave violazione deontologica instaurare relazioni significative di tipo personale -soprattutto affettivo/sentimentale e/o sessuale- nel corso del rapporto professionale.
Seppure oramai la sua terapia sia conclusa, ritengo corretto escludere la possibilità dell'inizio di una relazione amicale tra lei e la sua terapeuta che, proprio anche in virtù del fatto che le cose sono andate bene, è giusto resti per lei un punto fermo cui eventualmente poter far riferimento in futuro, senza "inquinare" il rapporto fino ad oggi costruito.
Cordialità.
Asti
La Dott.ssa Paola Scalco offre supporto psicologico anche online
Gentile Dany,
comprendo che non sia facile essere incastrata dentro ad un definizione/interpretazione che è difficile da comprendersi,riconoscersi e da viversi.
E' sicuramente corretto dal punto di vista deontologico il rispetto del setting, ossia del non inquinamento della vostra relazione con una relazione amicale, così come un percorso psicologico deve avere al centro la necessità di consapevolizzazioni del sentire del paziente.
Dalle poche righe che scrive mi sembra che lei stia provando confusione nel comprendere la natura dei suoi sentimenti verso la collega, così come mi sembra dispiaciuta che questa natura sia stata definita in un modo a lei non comprensibile e non convincente.
Credo che forse il suo vissuto in questo momento non sia "il voler una relazione amicale", ma il "voler comprendere la natura dei miei sentimenti ed il loro senso".
Forse questo potrà essere il proseguo del suo cammino di consapevolezza.
Un caro saluto.