Oggi vi voglio raccontare una favola è la storia di un bambino.
“C’era questo bambino, non chiedetemi dove che non riusciva a leggere e a scrivere, faticava tanto ad imparare, non riusciva a ricordare niente, neanche che la F viene prima della G. L’alfabeto era il suo nemico, le lettere gli ballavano davanti agli occhi e gli davano così fastidio che lui si stancava a leggere e a scrivere.
A chi poteva raccontare tutto questo? La sua testa era piena zeppa di nozioni, ma da dove partire lui non lo sapeva. L’alfabeto ballava sempre. Un giorno il povero ragazzo rimase schiacciato sotto il peso dello studio. Fu bocciato. Stava male per le sue difficoltà. Tutti lo chiamavano “asino” o “sciocco”, tutti lo prendevano in giro ma lui sopportava tutto questo con molto coraggio.
Quando una mattina tirò fuori il suo vero talento. La sua teoria gli aprì le porte del mondo.
Capito di chi parlo? Albert Eistein. Un grande scienziato che ha vinto il premio Nobel nel 1921.
Ci sono altri esempi: Pablo Picasso, l’inventore del cubismo; Walt Disney, il papà di Topolino; e tanti altri personaggi che hanno fatto la storia…
Allora, vi siete chiesti perché vi sto raccontando tutto questo?
Per farvi capire che sulla nostra Terra sono spuntate piccole stelle, che con la loro luce hanno illuminato il mondo, perché sono riuscite a farci vedere le cose con i loro occhi. Pensavano in maniera diversa e le persone vicine non lo accettavano e le hanno ostacolate. Loro però ne sono uscite vincenti e tutto il mondo è rimasto a bocca aperta.”
(Tratto dal film “Taare Zameen Par“ Stelle sulla Terra”, 2008)
Ho scelto d’iniziare con questo breve racconto perché rispecchia la mia metodologia d’intervento, ovvero mettere in luce, prima di tutto, ciò che un bambino “sa far bene” anziché additarlo per ciò che non riesce a fare!
Ai bambini viene costantemente, in maniera più o meno esplicita, veicolato il messaggio che le loro prestazioni scolastiche vengano valutate e che da queste valutazioni è possibile fare una graduatoria. Questo messaggio tende a trasmettere una “paura di non farcela” anziché un “piacere ad apprendere”. Tale rischio vale ancor più per i bambini che presentano Disturbi Specifici d’Apprendimento (D.S.A.), perché questi incontrano parecchi fallimenti e difficoltà a scuola e inevitabilmente avvertono il focus rappresentato dall’attenzione sulla prestazione.
Chi sono i bambini con D.S.A.?
Sono bambini che in assenza di disabilità, sia cognitiva che sensoriale, o di altre situazioni sfavorevoli, presentano incapacità di apprendere a leggere (DISLESSIA), a scrivere (DISGRAFIA/DISORTOGRAFIA), e a far di conto (DISCALCULIA) in modo adeguato rispetto all’età cronologica, all’intelligenza generale e alla classe frequentata.
Va precisato che i DSA sono deficit funzionali dovuti ad alterazioni di natura neurobiologica, non dipendono quindi da problemi psicologici (emotivo - relazionali, familiari, etc.), da pigrizia o poca motivazione. In altre parole, si tratta di una caratteristica personale con cui si nasce, che si manifesta appena si viene esposti all’apprendimento della letto-scrittura e si modifica nel tempo, senza tuttavia scomparire. E’ indubbio che tali difficoltà provochino conseguenze sia sul piano degli apprendimenti, nonostante l’intelligenza normale, sia sul piano psicologico, nonostante l’origine neurobiologica.
La pubblicazione sulla G.U. n° 244 del 18 Ottobre 2010 della LEGGE 8 Ottobre 2010, n° 170 è stata una vera e propria conquista; essa fa riferimento alle “nuove norme in materia di D.S.A.” in ambito scolastico. Questa legge è indubbiamente un elemento nuovo che determina un radicale cambiamento del contesto operativo per la gestione dei D.S.A. nelle scuole italiane.
Ma la scuola è pronta a gestire tale cambiamento?
Vediamo come potrebbe essere visto da un insegnante un alunno con DSA, per riuscire a concretizzare le definizioni teoriche.
“Alla consegna della pagella la maestra di F. decide di comunicare ai genitori che il loro figlio a qualche problema a seguire il programma della classe. E’ sempre tra gli ultimi a scrivere, se copia dalla lavagna addirittura omette alcune lettere. Eppure si tratta solo di copiare, non deve fare nulla di più! Ogni tanto confonde le lettere M ed N e ha una grafia ancora imprecisa, tanto che si fatica a leggere ciò che scrive.
La maestra non capisce se, con questo suo atteggiamento, F. vuole attirare l’attenzione, se ha avuto un trauma oppure se è solo svogliato, pigro e incostante. L’insegnante, se attenta, inizia a pensare ai possibili motivi per cui F. fa fatica a imparare le lettere e ricorda di aver sentito parlare di dislessia. Forse alcune caratteristiche potrebbero corrispondere alla situazione di F. Però le sembra strano perché il bambino ha anche dei comportamenti un po’ particolari: si distrae durante la lezione e il rendimento in altre materie è buono. L’insegnante continua a chiedersi coma mai sia possibile che F. faccia così fatica solo in alcune materie, mentre in altre no”.
Queste poche righe possono darci l’idea di come certe situazioni a scuola possono generare disorientamento per la difficoltà a cogliere il significato del DSA, dovuto sia all’esigua formazione data in merito che al mancato interesse da parte di alcuni insegnanti.
Il ruolo degli insegnanti nel processo di apprendimento di ogni alunno è di primaria importanza, ancora di più quando ha un DSA. Per produrre cambiamenti reali nella gestione della classe, occorre che l’aumento delle conoscenze sul tema si accompagni a un cambiamento nell’atteggiamento dei docenti verso questi alunni e il loro disturbo.
Secondo Guidoni (2005), il nemico per i bambini con DSA non è la scuola in sé, né i servizi sanitari, né la società, bensì l’ignoranza sul problema e la mancanza di collaborazione e di alleanza tra le varie figure!
Concludo con una frase di J. Bezos: “Il problema è che il mondo cambia continuamente sotto i nostri occhi, e non ci si può adattare a questo cambiamento senza acquisire nuovi strumenti e capacità”.
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento