Non c’è nessun parto senza dolore. I figli “nascono” più volte nella loro vita; e il figlio adolescente non nasce senza l’esperienza del dolore: ma questo dolore è funzionale, lo aiuta a rendersi conto, a confrontarsi e sentire se stesso.
Spesso i genitori hanno la tendenza a proteggere indefinitamente i figli dal dolore mentre loro, i figli, lo cercano, poiché è spesso questa l’unica esperienza che può aiutarli a capire chi sono e cosa vogliono. Molti adolescenti frequentano la scuola con motivazioni inconsistenti, che non hanno nulla che fare con loro stessi: per tenere buona la mamma, per tenere tranquille “le acque familiari”, per non prendere brutti voti, perché non sanno cos’altro fare… . Tutte motivazioni infantili che non nascono da un progetto personale ma spesso sono legate a pressioni e desideri altrui. Per riuscire a farli studiare, oggi, un genitore deve spingerli, tirarli, stargli sopra, stargli addosso. Tutto ciò è spesso legato al fatto che un adolescente oggi difficilmente trova le sue motivazioni personali per poter aderire e confrontarsi con ciò che è giusto e funzionale per lui.
Ed è proprio il taglio del cordone ombelicale che favorisce questa scoperta di se. Ciò avviene soprattutto quando la mamma è stanca, stanca di servire, stanca di riverire, stanca di subire e comincia a dettare le regole. È solo a quel punto che l’adolescente “capisce”, distingue il desiderio materno dal suo. Il conflitto si fa reale, deve decidere: crescere o essere trattato come un bambino. Distingue il fare contenta la mamma dall’interesse personale. Quest’esperienza lo cambia. Sente se stesso e ciò gli fa capire che la mamma lo volevo aiutare, non stressare.
Allo stesso modo, la ragazzina ha un disordine assoluto nella sua cameretta. Persino la signora delle pulizie si rifiuta di entrarvi. A nulla servono le raccomandazioni: “Metti in ordine. In fondo cosa di costa? Se metti le cose al loro posto poi le trovi subito quando ne hai bisogno”. Risposta: “Io sto bene nel mio disordine, tu hai il tuo concetto di ordine che è diverso dal mio, e poi io trovo sempre tutto”. Un giorno, poi, per puro caso invita a casa il ragazzino che tanto le piace, l’idolo della classe, il più carino, con gli occhi azzurri, il quale aprendo la porta della sua cameretta esclama: “Ma che schifo qui dentro. Che caos!”. Il giorno dopo l’ordine regna su tutto. La figuraccia con il ragazzo l’ha ferita come nessuna sfuriata dei genitori. Una ferita inattesa, un richiamo da parte di qualcuno per lei più importante, in questo momento della sua vita dei genitori, l’ha resa consapevole che essere considerata sciatta e disordinata, quindi poco seria non è esattamente ciò che desidera. La fa stare male, fa stare male lei, non gli altri, è un attentato al suo narcisismo. Da qui la decisione di migliorare se stessa. Ora la cosa viene da lei, lo fa per se stessa, non per zittire le insistenze altrui o far piacere ai genitori.
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