Durante la costruzione dell’identità all’interno del ciclo di vita, l’individuo sperimenta momenti di continuità e cambiamento. Tale sviluppo avviene per stadi. Ogni stadio è caratterizzato da una specifico compito di sviluppo che produce esiti positivi o negativi, a seconda di come viene affrontato. Durante l’adolescenza l’identità si costruisce nel momento di crisi normativa in cui la confusione lascerà il posta all’identità nucleare definita (Erickson, 1982).
Adolescenza e trasgressione sono intimamente legate: un ragazzo per crescere deve mettere in discussione le regole che gli adulti gli hanno insegnato, per poterle fare proprie, modificarle o rifiutarle. Le norme si configurano come abitudini impartite dai genitori sin dall’infanzia nella regolazione degli stati fisiologici di fame/sonno/attivazione/interazione (Stern, 1985). Con la crescita la regolazione dello stato fisiologico si estende all’area del comportamento sociale e l’adulto trasmette verbalmente delle regole di condotta. In ogni sistema regolamentare, sono impliciti ideali e valori di appartenenza ad un gruppo sociale: l’etica.
Negli ultimi decenni assistiamo ad un incremento del disagio nei minori, individuato come rischio psicosociale. L’età dei minori che presentano tali problematiche tende ad abbassarsi. La trasgressività è una componente fondamentale dell’adolescenza: la differenza tra l’affermazione della propria autonomia e identità e il segnale di uno stato di disagio permette di capire anche come poter rispondere in modo utile a tali condotte. Adolescenti che presentano disturbi del comportamento hanno maggiore probabilità di incorrere in difficoltà future.
Vengono definiti comportamenti a rischio, quelle condotte che vanno contro le norme, i valori ed i principi della comunità sociale di appartenenza e che sono indici di disadattamento (violenza a scuola, violenze sull’ambiente, uso di droga e spaccio, piccoli reati). Il termine rischio si riferisce quindi ad un insieme eterogeneo di comportamenti accomunati dalla loro valenza trasgressiva e possono distinguersi in ordine di gravità.
•Trasgressioni in generale
•Comportamenti aggressivi
•Violazione delle norme
•Abuso di sostanze e alcool
•Attività delinquenziali
Le caratteristiche psicologiche maggiormente legate alle condotte a rischio riguardano:
1)Aggressività, scarso autocontrollo, disturbi della condotta in età scolare e da comportamento delinquenziale, disturbo antisociale di personalità in adolescenza e in età adulta,
2)Insicurezza, ansia, isolamento sociale, bassa autostima nel periodo scolare; sintomi successivi di depressione, scarsa autostima in età adolescenziale ed adulta.
Le teorie psicoanalitiche indicano nelle condotte a rischio, un indeguato sviluppo dell’Io e Super-Io, in favore dell’Es; la ribellione verso l’autorità; il desiderio inconscio di punizione; l’aggressività legata alla paura e alla frustrazione. Per Winnicott (1984) il comportamento antisociale è il risultato di una carenza affettiva, il ragazzo mediante il comportamento a rischio mira con rabbia ad ottenere ciò che ritiene gli sia mancato, pertanto egli è un bambino deprivato che è diventato un ragazzo deviante in seguito all’esposizione ad un ambiente traumatico. Numerosi studi hanno sottolineato la continuità tra trauma, maltrattamento, disturbi psicopatologici e condotte violente, abuso di droga e alcool, come esito di un senso del Sé inaridito e frammentato.
Un fattore spesso presente nei soggetti a rischio è l’impulsività. Si tratta di una tendenza ad assumere forme pratiche di condotta in maniera incontrollata per difetto dei poteri elaborativi e inibitori. Può essere determinata da fattori temperamentali, non necessariamente patologici, ma si manifesta in maniera spiccata quale sintomo di determinati quadri diagnostici: ADHD, disturbi della condotta, disturbi dell’umore, disturbi dell’alimentazione, dipendenze, epilessia, schizofrenia etc. L’impulsività può essere innescata da diversi meccanismi psicologici che riflettono il funzionamento mentale e l’organizzazione personologica del soggetto, nelle evenienze più frequenti esiste un offuscamento della coscienza o un disturbo della volontà, oppure una spinta affettiva particolarmente intensa.
Le caratteristiche psico-sociali dell’adolescente a rischio riconducono anche a comportamenti a “limite”, dove vige la necessità di vivere al di là delle norme, quindi con un cattivo rapporto con l’autorità e un rifiuto per le regole. L’atteggiamento svalutativo che assumono questi adolescenti è sintomo di un’immagine di Sé negativa; incapacità di stabilire normali rapporti sociali, cariche aggressive dirette contro i vari componenti del nucleo familiare o contro se stessi, disagio esistenziale, radicale insofferenza nei confronti di sé e del mondo. Spesso ciò si rivela attraverso comportamenti auto-aggressivi, negli attacchi al corpo perpetrati tramite condotte anoressiche o bulimiche, all’integrità fisica e sociale minacciata da comportamenti a rischio, abuso di droghe e di velocità. Inoltre questo deficit dell’immagine di Sé, conduce ad una scarsa capacità di fare progetti, poiché è più facile identificarsi con ciò che “non dovrebbe essere”, piuttosto che lottare per conquistare un sentimento di realtà in ruoli accettabili, ma “irraggiungibili con i suoi mezzi interiori”, conseguentemente avviene, come la chiama Erikson la “scelta di identità negativa”.
Le manifestazioni autoaggressive dell’adolescente sono afflitte principalmente dal problema dei tentativi di suicidio, ma si osservano anche altre condotte autoaggressive quali: l'automutilazione impulsiva e gli equivalenti del suicidio. L'automutilazione impulsiva avviene in modo del tutto imprevedibile, dopo una crisi d’angoscia o di agitazione, il giovane attacca il corpo con maggiore o minore violenza. Gli equivalenti del suicidio riguardano quelle condotte nel corso delle quali la vita del soggetto è messa in pericolo dal punto di vista di un osservatore esterno, ma nel corso delle quali il soggetto nega il rischio che si è assunto. Esempi di equivalenti del suicidio sono gli incidenti di moto o altri comportamenti di irresponsabilità verso la propria incolumità simili.
L’adolescente tende ad agire principalmente per autodefinirsi: elabora la propria realtà interna instabile e in continuo mutamento dinamico mediante l’azione verso l’esterno. I comportamenti a rischio possono essere una risposta caratteristica che gli adolescenti mettono in atto rispetto ai compiti evolutivi. Tali comportamenti a rischio diventano patologici quando si configurano in un determinato quadro psichico disturbato, caratterizzato da rigidità e pervasività del comportamento reiterato.
Bibliografia:
Ammaniti, M. (2002), Manuale di psicopatologia dell’adolescenza. Raffaello Cortina Editore, Roma.
Erickson, E. (1982), I cicli della vita. Armando Editore, Roma 1984.
Marcelli, D., Bracconier, A. (1999), Adolescenza e psicopatologia. Masson, Parigi 1983.
Stern, D. (1985), Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri, Torino 1987.
Winnicott, D. (1984), Il bambino deprivato. Raffaello Cortina Editore, Milano, 1986.
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