Buongiorno Signora Rosa, mi presento.
Mi chiamo Massimiliano Sajeva e sono uno Psicologo, Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale e Sessuologo Clinico.
Ho ricevuto e letto con molta attenzione la sua richiesta di aiuto tramite email.
Provo a scambiare qualche impressione con lei, sperando di esserLe utile, sulla base delle informazioni condivise.
Da quanto apprendo sua figlia, una bambina di 12 anni, manifesta dei comportamenti che ad un primo sguardo possono sembrare di fastidio nei confronti del suo compagno, e questo accade da dopo la nascita della sorellina, avuta da lei e questo compagno. Noi “Psi” abbiamo la strana idea che ogni comportamento che una persona mette in atto sia di fatto una forma di comunicazione, che ci dica qualcosa insomma, a cui è importante dare un senso ed un significato. Questo è ancora più importante nel momento in cui il/la protagonista sia un bambino/a come in questo caso. Come lei mi insegna, da mamma, i bambini hanno forse più difficoltà a dare parola ai loro vissuti, tendono più facilmente ad “agirli”, a fare delle cose appunto, a mettere in atto dei comportamenti rispetto ai quali l’adulto ha il compito di “tradurre” questi comportamenti con la creatura rileggendo, o almeno provando a farlo, le emozioni sottostanti.
Mi chiedo, le chiedo se può avere un senso l’ipotesi che la bambina, che prima della nascita della sorellina sembrava andare d’accordo con il suo compagno, non possa con i suoi comportamenti stare “mettendo alla prova” il suo compagno, soprattutto adesso che è nata la sorellina, alla quale pure si mostra legata e che, come lei, scrive, porta felicità nel contesto familiare..
Magari la bambina teme di essere messa da parte? Magari teme che il suo compagno possa “volere più bene all’ultima nata, figlia biologica del suo compagno, piuttosto che a lei?
Inoltre, lei scrive che la bambina vede il padre naturale, ma non è chiaro come vadano questi incontri, quale è il vissuto della bambina? Padre naturale che pure lui si è ricostruito una nuova vita…c’è posto per la bambina in questa nuova vita del padre biologico? Mi permetto di chiedere se la componente adulta “maschile” nella vita della bambina non possa essere un elemento di dubbio, di timore rispetto la sua reale presenza..
E poi, se la nuova nata porta benessere in famiglia, quale può essere la fantasia della bambina in oggetto rispetto a cosa porta lei emotivamente agli occhi degli adulti?
Ed arriviamo alla mamma, che vede e sente la situazione attuale e si dispiace, comprensibilmente per tutto ciò..e chiede cosa può fare per “placare” la situazione..
Come immagino lei abbia capito, non penso che si debba “placare” la situazione, forse è più importante “dare parola” ai vissuti della bambina..tenendo conto che i bambini, seppur meno competenti dei grandi verbalmente, hanno una grande sensibilità, spesso più raffinata di quella degli adulti stessi..
E magari può essere utile capire anche cosa si sta vivendo il suo compagno? Cosa ne pensa? che idee si è fatto in merito? Come pensa lui di affrontare la situazione?
Sarà la mia impostazione relazionale, ma la mia premessa è che in un sistema familiare quello che viene espresso da un suo membro riguarda tutti e coinvolge tutti, tant’è che spesso, anche con bambini, personalmente ritengo utile convocare alle mie sedute tutto il nucleo familiare, per sentire, dare spazio ed ascolto a tutti i componenti…magari dando un primo appuntamento alla coppia genitoriale.
Non mi dilungo oltre, spero con la presente risposta di aver sollecitato qualche riflessione nuova e la ringrazio per l’ascolto.
Cordiali saluti.
Dr Massimiliano Sajeva