Ho una figlia che da svariati anni ha un disturbo di auto-lesionismo. Le e' stato diagnosticato un disturbo “borderline“....ovviamente, come madre, sono stata additata come la principale responsabile del suo disturbo, essendo io molto razionale, e forse, talvolta, essendo poco incline a vivere l'affettività con il necessario trasporto. Potete solo immaginare come io mi possa sentire, avendo comunque investito molto, a mio modo, nel mio essere madre, ma forse con prerogativa al “fare“ per le mie figlie, più che al trasmettere calore affettivo, di cui son probabilmente carente per vicissitudini famigliari dolorose (sono stata anche anoressica in adolescenza. e ho subito il trauma di una separazione molto dolorosa e conflittuale a circa trent'anni)....Non mi posso sentire una risorsa sufficiente per mia figlia, se tutti mi danno addosso, compresi i sanitari e i rappresentanti dei servizi sociali, che son temporaneamente i tutori di mia figlia( essendo stati noi genitori considerati inadeguati nel far fronte alle esigenze di mia figlia). Contesto fortemente las prerogativa di caricare solo sulla famiglia il problema degli adolescenti....si rischia di far saltare un tessuto già precario, non potenziandone sufficientemente le risorse, le uniche utilizzabili quando mia figlia tornerà dalla struttura in cui è temporaneamente ospitata. Al compimento dei diciotto anni, infatti, Nadia forse “tornerà“ nel contesto famigliare, con grave rischio per sè, praticando ancora atti autolesivi. ha già tentato il suicidio, essendo stata allontanata per sei mesi da noi genitori.nessuno, però, dei servizi, riconosce adeguatamente le proprie responsabilità. No consiglierei a nessun genitore di aver a che fare col servizio pubblico, totalmente privo della necessaria competenza per affrontare problemi così complessi....stefania, Padova
Cara Stefania,
come prima cosa Le dico che mi dispiace! Non bisognerebbe mai parlare di colpa, ma di responsabilità e in qualsiasi caso il compito di un terapeuta è quello di aiutare e non di far sentire i genitori inadeguati...
Si faccia aiutare nel recuperare il rapporto con Sua figlia, ma soprattutto cerchi Lei di trovare un equilibrio; Le servirà in tutte le altre relazioni.
La famiglia sicuramente ha un peso, ma non esiste solo la famiglia e dopo aver sciolto i nodi del passato è bene focalizzarsi sul proprio progetto personale e qui la responsabilità è la nostra e non di chi ci ha preceduti.
Siamo noi i responsabili della nostra vita e a volte un vincolo può diventare un'occasione di crescita.
Salve in merito al suo racconto, mi spiace che viva una situazione così complicata e dolorosa. Le strutture pubbliche è vero che hanno le loro carenze, lacune ed inefficienze, ma non bisogna generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio! Come in ogni posto e situazione, ci sono gli aspetti positivi e quelli negativi. Se lei non ritiene adeguato il servizio offertole, può rivolgersi a strutture private, associazioni, cooperative nella sua città. Ognuno ha la possibilità di scelta della struttura a cui rivolgersi, quindi ogni città offre diversi servizi sul territorio. Mi rendo conto che dipende da città e città, e che non sempre la qualità è all'altezza delle aspettative e delle risorse da impiegare per la gestione dei problemi. Come lei scrive, lei è una risorsa per sua figlia e anche se come racconta si sente colpevolizzare, lei tenga sempre presente sua figlia ed il bene che le vuole e non si lasci scoraggiare e demotivare nel volerla aiutare. Provi a rivolgersi ad altre strutture e ad abbandonare quella che secondo lei non è adeguata, chi cerca trova! Lamentarsi soltanto dei difetti del centro è riduttivo per aiutare concretamente sua figlia. Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.
Salve Stefania, comincio col dirle che mi dispiace molto per la sua esperienza con i servizi. In effetti, posso concordare con lei sul fatto che "dare colpe" non sia un modo per sostenere una famiglia che viva al suo interno una difficoltà (di qualsiasi tipo, in particolare se psicopatologica). Qualcuno si sta occupando di fornire un sostegno psicologico a voi come famiglia? Avete trovato in qualche modo una "valvola di sfogo", un ascolto empatico? Qualcuno vi affianca nella gestione del possibile rientro di sua figlia?
Purtroppo, a volte, nel nostro lavoro si perde di vista l'importanza delle relazioni, del contesto famigliare, dei pregressi dei ragazzi e dei genitori, ci si ferma a guardare il qui ed ora e a dare interpretazioni un po' affrettate e "preconfezionate" (ossia uguali in tutti i casi, e non specifiche come dovrebbero essere). L'unico risultato, in questi casi, è far crescere una sfiducia da parte dell'utenza dei servizi e non risolvere o almeno gestire il problema.
Detto ciò, mi sento di dirle che non è sempre così: ci sono anche operatori che hanno a cuore il proprio lavoro e le persone che si trovano di fronte (e per mia esperienza sono molti).
Spero che troverà qualcuno che possa darvi una mano a sostenere il peso di questa situazione, che possa consigliarvi e trovare con voi qualche "soluzione".
Buona serata.
Gentile Stefania,
in casi come questi, sarebbe opportuno intervenire anche sulla famiglia e non ragionare in termini di "colpe", ma di "responsabilità". Lo sviluppo della personalità è fortemente influenzato dal contesto in cui si nasce e si vive e dalle sue dinamiche ma la famiglia rimane come grande risorsa per poter aiutare il membro più fragile a stare meglio...chiaramente, con il supporto di uno psicoterapeuta familiare.
Il suggerimento che posso darle è di contattare un esperto della sua città con il quale iniziare un lavoro che consenta di prepararsi ad accogliere sua figlia in maniera diversa da come ha fatto finora.
Il buon genitore non è quello che non sbaglia mai, ma colui che ha il coraggio di riconoscere le proprie responsabilità e di chiedere aiuto, accettando di mettersi in discussione.
Resto a disposizione
Napoli
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