Il Disturbo d’Ansia di Separazione presenta una maggiore incidenza nella Scuola d’Infanzia e nei primi anni della Scuola Primaria.
Il comportamento può essere, specie all’inizio, attribuito a caratteristiche del bambino quali la timidezza, la necessità di conoscere l’ambiente e i compagni di scuola, l’adeguamento alle modalità di relazione con l’insegnante ecc.; in ogni caso difficilmente all’esordio della sintomatologia è riconosciuto quale disturbo. Altro elemento che gioca a favore del mancato riconoscimento del disturbo, risiede nelle giustificazioni genitoriali riconducibili al fatto che papà o mamma erano così anche loro da bambini.
La ricerca delle cause spazia dall’ambiente scolastico che contempla l’insegnante “troppo rigida”, alle materie troppo difficili o ai compagni inadeguati per l’età, il contesto o alle amicizie inadeguate. Nel caso della relazione scuola-famiglia (ma vale anche per la relazione famiglia-famiglia), si può creare così una situazione molto tesa dove, se all’inizio abbiamo un’alleanza d’intenti per aiutare il bambino nella sua problematica, talvolta può sfociare in accuse alla scuola, alla famiglia o fra genitori, di incapacità a ben gestire il bambino o di eccessivo rigore. In ogni caso si cerca un colpevole del comportamento “reattivo”.
Nei casi più gravi, ossia in presenza di totale chiusura da parte del bambino, si giunge anche all’interessamento dei servizi sociali o dell’ASL dove, generalmente, si ripete la ricerca delle cause di tale comportamento.
A seguito di mal di pancia o di testa o altri malesseri fisici del bambino, i genitori pongono in atto una serie di accertamenti sanitari che disconfermano ogni malattia o problema organico. È inteso che il bambino possa effettivamente avvertire tale sintomatologia, ma quale riflesso dell’ansia somatizzata e strumentale all’evitamento della percezione dello stimolo ansiogeno. Cionondimeno quando i genitori hanno fatto passare come il riso il figlio, si giunge alla conclusione che è un problema d’ansia, e scattano le soluzioni viste prima.
Una soluzione all’ansia di separazione, stavolta messa in atto dal bambino, è andare a dormire nel lettone. E qui iniziano le manovre per farlo dormire nel suo lettino: racconti infiniti di favole, aspettare oltremodo che il bimbo si addormenti e, dopo varie peripezie nel tentativo di razionalizzare che non c’è da aver paura, che non esistono i fantasmi, che il buio non fa paura e dopo crisi di pianto del figlio… riportarlo nel lettone. Particolarmente deleteria è la soluzione in cui un genitore dorme nel letto del figlio nella speranza che il figlio stesso si abitui. In effetti si abitueranno: il figlio a dormire col genitore, l’altro genitore a dormire da solo; i genitori si abitueranno a ridurre le occasioni di dialogo prima dell’addormentamento con notevole riduzione dell’intimità di coppia ecc.
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