Verso la prima metà del secolo scorso, Bowlby sentì crescere la necessità di allontanarsi sia dalla teoria freudiana sia da quella kleiniana.
La sua attenzione fu, quindi, catturata da un lavoro di Konrad Lorenz sul comportamento degli anatroccoli e dei pulcini di oca selvatica che imparano a seguire la madre subito dopo la schiusa (1935); questo studio dimostrava come in alcune specie animali s’instaurasse una forte relazione tra cuccioli e madre senza l’elemento cibo che, effettivamente, non è procacciato dai genitori, ma dai pulcini stessi.
Altro spunto venne da Harry Harlow che, al termine di una lunga serie di esperimenti, scoprì che in una specie di primati, i macachi rhesus, la presentazione di cibo non sarebbe conditio sine qua non per la nascita e il consolidamento di un legame madre-figlio forte. Separati fin dalla nascita dalla madre, tali animali furono posti vicino sia a strutture di legno dispensatrici di latte sia ad altre che non fornivano cibo, ma che erano ricoperte di una morbida stoffa; i cuccioli, indipendentemente dal fatto che la madre-manichino “dura” procurasse nutrimento, cominciarono a trascorrere molto più tempo presso la madre-manichino “soffice”, giacché permetteva loro di sperimentare un piacevole contatto; questo stesso comportamento veniva messo in atto anche quando provavano paura. Tali osservazioni costituirono la prova che l’attaccamento non sarebbe secondario a una gratificazione orale, ma mediato dal contatto fisico (1959).
Bowlby capì di aver trovato un paradigma, quello etologico, che, rispetto al metodo classico, prestava maggior attenzione agli eventi ambientali legati al comportamento individuale e che gli permetteva di soddisfare la necessità di coltivare il suo interesse verso l’osservazione della diade madre-figlio con le sue caratteristiche di dinamicità, reciprocità, interattività ed evoluzione (interesse già sorto nel 1929, anno in cui lavorò come volontario presso la scuola di Summerhill per bambini e ragazzi affetti da disturbi psichici di varia natura, spesso provenienti dalle classi sociali meno elevate; è in questo contesto, infatti, che incontrò due pazienti che influenzarono il suo percorso professionale: un adolescente tendente all’isolamento che era già stato espulso da altri istituti per furto e un bambino ansioso intorno ai sette o otto anni d’età che sembrava aver bisogno di seguirlo come un’ombra, entrambi privi di una situazione familiare stabile) (Bretherton, 1992). L’approccio etologico, focalizzandosi sulla storia delle specie e sul contesto naturale analizzati con metodologie longitudinali, andava oltre lo studio della singola individualità (Bowlby, 1989).
Fra i vari oggetti di studio dell’etologia, John Bowlby, si preoccupò di analizzare soprattutto il forte bisogno di prossimità con la madre che i neonati ricercano attivamente.
Secondo Bowlby (1989), l’attaccamento sarebbe caratterizzato da similitudini tra le varie specie, giacché costituito da una serie di azioni uguali per tutti che portano alla messa in atto di ciò che l’etologia definisce “comportamenti a schema fisso” contraddistinti da:
- Risultati prevedibili
- Sopravvivenza della specie come obiettivo
- Assenza di apprendimenti precedenti per la loro genesi
- Stabilità nello sviluppo con possibilità di complessificazione soprattutto per i primati e per la specie umana.
La definizione di “attaccamento” cui pervenne Bowlby è la seguente: << L’attaccamento è quella forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona, chiaramente identificata, ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato. […] L’attaccamento è evidente soprattutto nella prima infanzia, ma può essere osservato nell’ambito dell’intero ciclo di vita, specialmente nei momenti di emergenza. Dato che è osservabile virtualmente in tutti gli esseri umani è considerato parte integrante della natura umana e ritenuto un comportamento che condividiamo (in vario grado) con membri di altre specie. La funzione biologica che gli viene attribuita è quella della protezione>> (Bowlby, 1989, pag. 25).
Differenza da non sottovalutare apparve per l’autore quella tra “comportamento d’attaccamento” e “legame d’attaccamento”: il primo può essere manifestato in circostanze diverse e con individui diversi, il secondo, più duraturo, è riservato solo a pochissimi soggetti; se un bambino non mostra tale discriminazione, potrebbe facilmente andare in contro a gravi disturbi (Bowlby, 1989).
Altro concetto basilare per l’ottica etologica è quello di “adattamento” letto in termini di capacità degli organismi di modificare la propria struttura o le proprie funzioni in seguito a un cambiamento dell’ambiente; tale condizione è sicuramente uno dei fattori maggiormente implicati nella sopravvivenza di specie già esistenti. Nel caso dell’uomo, secondo tale visione e secondo Bowlby, l’adattamento assume un significato molto complesso giacché l’essere umano deve adattarsi non solo all’ambiente fisico in relazione ai propri bisogni fisiologici e mentali, ma anche alle esigenze della realtà esterna in cui si trova. Ecco che allora l’uomo deve presentare capacità quali l’acquisizione e l’utilizzazione corretta d’informazioni provenienti dall’ambiente, un apparato effettore e uno di controllo che diriga e organizzi le attività (Pallini, 2004).
La Società Psicoanalitica non accolse con entusiasmo la posizione di Bowlby e, in occasione della pubblicazione dei tre scritti “The nature of the child’s tie to his mother” (1958), “Separation Anxiety” (1959), and “Grief and Mourning in Infancy and Early Childhood” (1960), si scatenò una vigorosa ondata polemica destinata a non concludersi in breve tempo.
I punti caratterizzanti la discordia intellettuale riguardarono la contrapposizione tra principio di piacere e attaccamento materno e furono manifestati espressamente da Anna Freud; vista dall’ottica dell’autore, l’ordine d’importanza che la gratificazione ha nel primo anno di vita non sarebbe ben focalizzata dagli psicoanalisti: secondo la teoria freudiana, la ricerca del piacere sarebbe primaria ed il legame che il bambino instaurerebbe con la madre sarebbe una conseguenza diretta del soddisfacimento di una pulsione (la pulsione di fame, per esattezza). Fu evidente, secondo Bowlby, che gli psicoanalisti avrebbero concepito il legame di attaccamento secondario rispetto al principio di piacere (Freud, 1960).
Bibliografia:
- Bowlby J. (1989), Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore
- Bretherton I. (1992), The origins of attachment theory: John Bowlby and Mary Ainsworth, in “Developmental Psychology”, n°28, pp.759-775
- Freud A. (1960), Discussion of Dr. Bowlby’s paper, in “Psychoanalitical Study of the Child”, n°15, pp.53-62
- Pallini S. (2004), Recenti prospettive nella teoria dell’attaccamento, Aracne Editrice