Qui scatta l’identificazione: il figlio si immedesima nel genitore del proprio sesso, vuole incorporarlo, copiarlo, assorbirlo. Non solamente lo imita nei modi di fare, ma vuole imitarlo anche nei ragionamenti. Infatti, sta molto ad osservarlo ed ascoltarlo.
La bambina, per esempio, quando la mamma ha le mestruazioni e mostra il pacchetto degli assorbenti, prende anche per sé degli assorbenti e dice: “Anch’io ho le “cose”!” (con questo non intendo dire che la mamma fa bene a parlare o mostrare ciò: è prematuro; ma spesso succede). La mamma magari interviene con espressioni poco entusiaste nei confronti di questo avvenimento naturale trasmettendo anche inconsciamente un messaggio negativo nell’evento che la bambina assorbe proprio a causa del meccanismo identificatorio. La bambina, comunque tende ad imitare la mamma e ad incanalarsi sul suo solco.
I maschietti dovrebbero identificarsi con la figura paterna. Ma i padri, elemento estremamente importante di identificazione, sono poco presenti nella nostra realtà educativa. Oltre ad esserci fisicamente poco, essi parlano poco con i loro figli, e soprattutto sulle cose della sessualità e della vita. Proprio per questo conduco spesso Corsi solo per papà di figli maschi. E la frequenza è elevata. Il problema è che i maschietti ricevono molte attenzioni dalla madre, ma essa non può essere unicamente in "codice materno" il loro oggetto di identificazione! Non è unicamente lei che il maschietto deve imitare, assorbire unicamente i suoi modi di ragionare e vedere il mondo; il modello è quello paterno, con i suoi difetti, ma con il suo modo… maschile.
In tutto questo emergono due difficoltà.
La prima deriva dall’essere i padri poco presenti, o solo "padri giocherelloni".
La seconda proviene dalle madri, troppo possessive, troppo presenti; spesso si sostituiscono al marito nel dare risposte che spetterebbero più al padre in quanto maschio, specie in argomenti connessi all’anatomia maschile, agli organi genitali maschili, al pene e alle sue trasformazioni. Le madri indirizzino i figli maschi a cercare risposte dal loro papà! In questo modo si crea tra padre e figlio quella comunicazione, che non si ferma solamente alla battuta. La battuta e la risata nella sessualità non bastano, ci vuole anche la spiegazione.
Sarebbe importante, per esempio, che fossero i papà a spiegare ai figli l’igiene intima, come le madri la spiegano alle figlie e spiegano loro il fenomeno delle mestruazioni. Spesso nei confronti dei maschi avvengono delle espropriazioni, non sempre con risultati positivi da un punto di vista educativo: i padri fanno orecchie da mercante perché sanno che tanto ci sono le mogli. Se fossero posti nella necessità di farlo, un po’ alla volta imparerebbero, anche se con qualche difficoltà (come le mamme, del resto). Una difficoltà simile a quella superata da questa generazione di mamme, che ha deciso di rompere con le proprie figlie il silenzio pieno di tabù che copriva la realtà delle mestruazioni, del parto… Nel passato esisteva una concezione educativa che tendeva a nascondere il fenomeno, a non parlarne; e quando la bambina scopriva per la prima volta le mestruazioni rimaneva traumatizzata perché impreparata e disinformata. Oggi si parla di questi argomenti già dalle elementari. Ora, però, manca ancora il tassello che riguarda il mondo maschile. Una delle grosse preoccupazioni educative dei nostri giorni è legata alla mancanza-assenza della figura paterna, oppure al suo ruolo unicamente di “compagno di giochi”. Non è una colpa dei padri; quello attuale è un modello sociale nel quale sono le donne ad essere incaricate dell’educazione delle figlie e dei figli. Ma in questo modo i maschietti crescono senza un modello di identificazione e, entrando sempre più precocemente nella preadolescenza, sono costretti ad inventarsi da soli un modello maschile, molto spesso connotato dagli elementi più appariscenti del maschile: la violenza, il bullismo, il fare il duro
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