Ozzano: fra l’etica di non turbare e la pedagogia dell’includere

Ozzano: fra l’etica di non turbare e la pedagogia dell’includere

Di recente alcune scuole materne di Ozzano hanno deciso di non promuovere tra i bambini iniziative per la festa del papà e della mamma, per tutelare coloro ai quali  mancano uno o entrambi i genitori.

Se da una parte va rispettata la buona volontà del collegio docenti, dall’altra questa scelta induce ad alcune riflessioni e critiche: ritengo infatti che la decisione possa essere troppo categorica, nonché controproducente proprio rispetto a ciò che si propone. Il risultato ottenuto, infatti, è che per non dispiacere qualcuno vengono scontentati quasi tutti.

Sebbene spesso le feste nascono e sono sostenute per motivi commerciali, laddove la celebrazione di una giornata diventi una tradizione della scuola, festeggiare o meno può in effetti rappresentare un problema. Innanzitutto per i bambini, che si sentono esclusi da una festa che fino all’anno prima veniva loro proposta, poi per i genitori, che abituati all’idea sentono di aver perso un “riconoscimento” che  pensavano di meritare, e infine per gli insegnanti, che si precludono una interazione ludica con i propri allievi.

Piuttosto che abolire una consuetudine, forse sarebbe stato meglio trovare delle opportunità per coinvolgere gli orfani in un processo di inclusione nella scuola. Nell’occasione della festa, per esempio, i bambini avrebbero potuto partecipare a una recita sul tema, collaborare con gli altri piccoli alla stesura o alla costruzione di biglietti e pensierini, redigere insieme alle maestre delle lettere in cui esprimere “cosa vorrei dire alla mia mamma o al mio papà”, per poi magari leggere leggerle al resto della classe ed elogiare l’impegno che i bambini hanno nel lavoro.

Con il sostegno di tutta la classe, se non si è spaventati da qualche lacrima, l’espressione dei propri sentimenti potrebbe aiutare molto di più i bambini a elaborare il lutto della perdita rispetto alla sua negazione. Al contrario, si rischia invece di rendere i bambini i soggetti involontari di riprovazioni, in un clima che rischia di diventare più di scontro che non di abbraccio e di accoglienza.

In altre parole, è sempre meglio abbattere muri che costruirne altri per escludere. La logica del “riparare” delle sofferenze passa sempre attraverso la via dell’inclusione e mai attraverso il rifiuto e l’allontanamento. Questo sia che si tratti di feste o di riti e celebrazioni che fanno ormai parte degli usi comuni.

I comuni e le scuole, nell’ottica di supportare i bambini nell’elaborazione del lutto e nel colmare i propri vuoti affettivi, potrebbero per esempio chiedere l’appoggio di strutture pubbliche come il Dipartimento materno-infantile, o attivare sensibilità e disponibilità di colleghe e colleghi psicologi dell’area libero- professionale già presenti sul territorio. Senza limitarsi a intervenire laddove alcuni casi venissero segnalati, si potrebbero quindi coinvolgere le scuole stesse (materne, elementari, medie) nel preparare iniziative di supporto psicologico alla perdita, parlando anche delle risposte affettive adeguate di cui tutti avrebbero bisogno.

Articolo di Vinicio Berti  27/02/2015

Psicologo e psicoterapeuta

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