In psicologia si fa riferimento al concetto di dissociazione per indicare un meccanismo di difesa, e quindi un principio di immediatezza economica per il cervello, per cui alcuni elementi vengono tenuti separati da altri e soprattutto separati dal livello della coscienza. Quest’ultima ha la funzione di unificare il tutto ed è la funzione mentale responsabile di fornirci un senso di esperienza unitaria e consapevole delle cose.
Generalmente nella vita quotidiana, in misura diversa da persona a persona, siamo transitoriamente (e benignamente aggiungo) dissociati in varie situazioni: tutte le volte che ci immergiamo in un film o nella lettura di un libro; quando guidiamo e raggiungiamo la meta avendo la sensazione di non ricordare nulla del tragitto né di avere prestato attenzione alcuna alla guida; tutte le volte che ascoltiamo qualcuno ma ci rendiamo conto di non avere registrato alcuna parola, tutte le volte in cui non riusciamo a capire se una cosa sia realmente successa o se la abbiamo solo immaginata o sognata. Ma anche quelle volte in cui eravamo convinti di avere chiuso la porta e invece non lo abbiamo fatto (o viceversa). E fin qui tutto bene. Un altro esempio ancora: vi è mai capitato di passare con il rosso, accorgendovi che era rosso, sapendo che rosso significa stop, ma comunque in automatico non vi siete fermati?
Si parla di dissociazione anche quando continuiamo ad avere continui flash-back o pensieri disturbanti su qualcosa. In questo caso è dissociazione nel senso che quel qualcosa che per noi in quel momento è un dato troppo grosso da elaborare, viene mantenuto come in un compartimento stagno, non integrato all’interno di una senso di sé e dell’ esperienza più ampio e funzionale. Questa situazione può essere già un sintomo clinicamente significativo che potrebbe richiedere l’aiuto di un professionista, laddove la mente da sola non ce la faccia, in tempo breve, a rielaborare le informazioni in modo più unitario e integrato. Si parla in questo caso di dissociazioni da stress post-traumatico.
E’ dissociazione anche quella in cui ci viene detto di avere avuto reazioni emotive di rabbia spropositata, o di avere mentito, ma noi non ne siamo assolutamente consapevoli perché ci sembra di essere stati risucchiati in una sorta di black out. In questi casi parliamo di aspetti di funzionamento dissociativo nella personalità, ovvero rigidità che potrebbero compromettere la nostra quotidianità soprattutto a livello delle relazioni. In questi casi abbiamo solitamente profondi contenuti di rabbia e frustrazione legati a esperienze passate vissute come traumatiche e i cui aspetti emotivi, letteralmente, non sono stati digeriti e quindi non sono appunto gestibili con ordine a livello di coscienza.
E infine, è dissociazione quando disgraziatamente, all’interno di una routine molto serrata e ormai automatizzata, magari con la memoria prospettica in funzione (quella memoria che si occupa di anticipare e programmare le prossime azioni della check-list), oppure a causa di un cambio in quella stessa routine, non ci si accorge che la tappa automatica del prendere il bambino dal sedile posteriore, in realtà non è mai stata fatta. In questo caso la situazione è analoga a quella dell’aver dimenticato di chiudere la porta quando in realtà pensavo di averlo fatto. Si chiama amnesia dissociativa transitoria, cioè un meccanismo mentale di risparmio nei processi di memoria che però in questo caso può avere conseguenze tutt’altro che economiche. In pratica per un attimo le funzioni di controllo della coscienza non sono lì a far da padrone a tutte gli altri comparti di funzionamento dell’incommensurabile computer che è il nostro cervello. Per un attimo, qualcosa funziona in autonomia, non integrato col resto. Solo dopo si avrà accesso cosciente ai contenuti reali della memoria e in questo caso, le conseguenze sono però evidentemente drammatiche. Può essere episodica, non è legata a svalutazione di ciò che stiamo dimenticando,
Dalla più benigna alla più tragica nelle conseguenze, esiste quindi uno spettro di situazioni in cui il cervello tende a mantenere separate alcune cose dalla coscienza, come principio economico. Lo fa come meccanismo di protezione da troppe informazioni, di diverso tipo (anche emotive) che evidentemente non riusciamo a processare tutte insieme efficientemente e in consapevolezza. Lo fa per mantenere un equilibrio omeostatico. Se c’è dissociazione è al fine di “non sovraccaricare il sistema” della coscienza da troppi dati o da contenuti troppo dolorosi e spiacevoli, come nel caso delle dissociazioni di origine post-traumatica.
Se c’è spesso tendenza alla dissociazione, se vi siete riconosciuti nelle situazioni sopra descritte, bisogna quindi chiedersi se da qualche parte e per qualche motivo il sistema non sia di fatto sovraccarico. Sovraccario di stimoli, di pensieri, di emozioni, di fatiche in genere rispetto alle quali non si ha la sensazione di essere supportati. Bisogna chiedersi "perché il cervello ci sta impedendo di accedere con consapevolezza a tutti i dati. A che livello si trova quel troppo che sento di non poter più gestire?".
A livello concreto, conviene consultare uno psicologo se ci si trova in una o più delle seguenti situazioni:
- stanchezza fisica o mentale significative
- difficoltà di concentrazione o tendenza a dimenticare le cose
- irritabilità a fronte di cambiamenti o richieste
- baby blues o depressione post parto (vale anche per i papà)
- tendenza ad agire "in automatico"
Questo è il senso del nesso, comunemente e scientificamente riconosciuto, fra dissociazione e livelli elevati di stress. Anche qui, è bene precisare che ci riferiamo allo stress nella sua accezione negativa (ovvero stress come sensazione soggettiva di uno squilibrio fra il livello di sollecitazioni esterne/interne e la possibilità di farvi fronte con un reale adattamento). E’ evidente che, più sento in cuor mio che c’è un troppo, più il mio cervello tenterà manovre per proteggermi dal troppo. E a volte, anche la più perfetta delle macchine fa un errore di valutazione.
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