Bambino di 3 anni con grandi cambiamenti di carattere dopo l'inizio della materna

Veronica

Buongiorno. Ho un bambino di 3 anni e 4 mesi, figlio unico per ora (ma è in arrivo un fratellino/sorellina ad aprile). Premetto dicendo che non ha fatto il nido. Era a casa mezza giornata con i nonni e mezza con il papà perchè lavora a turni, mentre io ho un full time classico. Non è mai stato un bambino che cercava tanto di giocare con i bambini in situazioni di convivialità, ma piuttosto cercava sempre gli adulti. E' sempre stato un bambino molto felice, allegro, vivace, affettuoso, divertente ma che rispettava abbastanza le regole. Da un mese ha iniziato la scuola materna. L'inserimento non è stato particolarmente problematico, nel senso che non ha mai fatto pianti disperati ma al limite un po' di occhio lucido con la tipica frase "non voglio andare a scuola". Come orario fa 8.30-12.30. Adesso ormai è un mese che frequenta e continua con il "non voglio andare a scuola, non voglio mangiare a scuola, voglio stare con voi, con i nonni..." ma comunque al mattino non fa mai scenate particolari e alla fine entra a scuola tranquillo. Nelle ultime due settimane però abbiamo notato i seguenti cambiamenti: - quando andiamo a prenderlo è sempre felice, ma inizia a darsi pugni in testa, oppure a dare pugni a me/papà/nonni a seconda di chi va a prenderlo. In generale risulta più violento nel momento in cui ci rivede. - quando arriva a casa si sfoga come un pazzo per mezz'oretta, grida, urla, lancia giochi, butta tutto in disordine. poi si calma e torna il solito bambino. - per tre volte è successo che quando siamo a casa e suona il campanello perchè qualcuno ci è venuto a trovare (es la zia, amici nostri, vicini di casa..quindi tutta gente conosciuta con cui non ha mai avuto problemi, anzi) scappa via urlando chiudendosi in bagno o in cucina, dicendo che vuole stare da solo e che non vuole nessuno. In alcuni casi si è messo pure a piangere e non c'era modo di farlo uscire dal bagno se non prendendolo di forza. Nel caso in cui si riesca a portarlo in salotto vuole stare in braccio mio o del papà con la testa appoggiata alla nostra spalla in modo da vedere le altre persone presenti in casa. Non appena le persone escono di casa torna il bambino di sempre sereno, felice e giocoso. Chiedendogli spiegazioni sul fatto del suo comportamento dice semplicemente che non vuole persone a casa sua. Le maestre mi dicono che a scuola è un bambino bravo, che ascolta, che rispetta le regole (e sono convinta sia vero). E' un comportamento che mi fa molto soffrire e mi mette a disagio quando arrivano queste persone perchè non so come comportarmi e non so come approcciarmi a lui. Immagino possa essere tutto dovuto al grande cambiamento dato dall'inizio della scuola, ma comunque mi fa stare male vederlo così. E' un comportamento del quale preoccuparsi (che indica quindi qualche possibile problema) oppure è una semplice fase di cambiamento/adattamento alla nuova vita a scuola? Come devo muovermi e comportarmi con lui? grazie mille

2 risposte degli esperti per questa domanda

Gentile Sig.ra Veronica,

Mi permetta di condividere alcune osservazioni riguardo alla situazione di suo figlio.

In base a quanto descritto, sembra che suo figlio riceva molte attenzioni. Il fatto stesso che lei senta la necessità di scrivere in questo spazio ne è una testimonianza. A tre anni, un bambino dovrebbe seguire le indicazioni di mamma e papà; se ciò non accade ora, correte il rischio che, a 14 anni, siate voi a seguire le sue, come purtroppo accade in molte famiglie italiane. Mi rendo conto che questo possa sembrarle controintuitivo o persino irritante, ma la invito a continuare a leggere per capire meglio il mio punto di vista.

Vorrei prima fare una premessa: i "disturbi infantili" non esistono, e a ben vedere nemmeno quelli degli adulti. Il modello psichiatrico attuale tende a suggerire una base biologica per i disturbi, ma in realtà non esistono prove scientifiche solide che confermino tali basi per condizioni come la depressione o la psicosi, nonostante queste siano conosciute da secoli. Non esiste, infatti, alcun test diagnostico oggettivo perché non c'è nulla di concreto da testare.

Ma perché sottolineo questo? Perché quello che lei sta affrontando non è un problema di salute mentale o benessere psicologico, bensì un problema di disciplina.

Il comportamento di suo figlio, che lei definisce "violento", è semplicemente inaccettabile. Ha capito che, compiendo gesti privi di senso come colpirsi, ottiene l'attenzione di mamma e papà, il che lo gratifica. Pertanto, continuerà a farlo finché riceverà queste attenzioni. Tuttavia, il rischio è che più attenzione un genitore presta a un figlio, meno il figlio presterà attenzione al genitore. Se la situazione continua così, è probabile che peggiori. Inoltre, per un bambino, l’attenzione funziona in una sola direzione: o il bambino presta attenzione ai suoi genitori, o i genitori prestano attenzione a lui. Non è possibile che entrambi accada contemporaneamente.

Alla nascita, un bambino dipende dall’attenzione dei suoi genitori per la sopravvivenza: quando ha fame, piange e la mamma lo nutre; quando ha freddo, piange e viene accudito. In queste fasi, richiamare attenzione è essenziale, poiché garantisce la sua sicurezza e sopravvivenza.

Con il tempo, però, i bisogni del bambino cambiano e le sue abilità si sviluppano. Impara a camminare, parlare, e a fare cose da solo come usare il vasino. Tuttavia, spesso accade che le mamme, invece di ridurre gradualmente l’attenzione man mano che il bambino diventa più indipendente, continuano a dargli la stessa quantità di attenzione, che diventa presto eccessiva.

Perché suo figlio sembra avere bisogno costante di attenzione? Perché ha imparato che lui è il centro delle sue attenzioni, non il contrario. Lui percepisce che lei è costantemente focalizzata su di lui, piuttosto che essere lui a prestare attenzione a lei.

Smetta di dare rilevanza alle manifestazioni di suo figlio e di foraggiare il suo bisogno di attenzioni e stabilisca un chiaro standard di comportamento.

Saluti

Dott. Mario Pugliese

Dott. Mario Pugliese

Roma

Il Dott. Mario Pugliese offre supporto psicologico anche online

Gentile Veronica,

molti bambini e bambine, in fasi di cambiamento che per di più richiedono una rapida crescita, possono sentirsi sotto pressione e ragire con gli strumenti che hanno. A suo figlio, che è davvero piccolo, sono capitati due grandi cambiamenti insieme, che possono essere entrambi stressanti: diventare un fratello maggiore e doversi adattare al nuovo contesto scolastico. Non sembrerebbe quindi utile "patologizzare" le sue reazioni, ma vederle come segnale della sua difficoltà del momento. Questo non significa sottovalutarle o attendere che tutto passi da sé, ma dare al suo bimbo l'attenzione di cui forse, con tutte queste novità attorno, si sente privato. Consiglierei vivamente qualche colloquio di consultazione per voi genitori, al fine di individuare meglio le difficoltà e trovare strategie per superarle insieme.

 Se lo desiderate sono disponibile per una consultazione online. Molti auguri

Dr.ssa Francesca Fontana

Dott.ssa Francesca Fontana

Dott.ssa Francesca Fontana

Monza e della Brianza

La Dott.ssa Francesca Fontana offre supporto psicologico anche online