La deprivazione materna secondo Bowlby

LA  DEPRIVAZIONE  MATERNA SECONDO BOWLBY

Bowlby  pose due quesiti:

1°) dato che il danno è già fatto come può il semplice "parlare" annullare esperienze passate?

2°) considerato che molte persone sopravvivono ad infanzie infelici senza sviluppare disturbi di tipo psichiatrico, è giusto attribuire da parte dei terapeuti difficoltà presenti a traumi passati?

La risposta data rispondeva secondo due modalità: come terapeuta sostenne che dovendo affrontare il paziente, attribuì naturalmente le sue difficoltà alla storia dei fallimenti ambientali di cui egli parlò; come ricercatore, con un gruppo di controllo ed un gruppo della popolazione a rischio piuttosto che quella di un singolo individuo fu costretto a conclusioni diverse. In realtà, i fallimenti ambientali non sono puramente impressi su un organismo passivo, ma sono esperiti e riempiti di significato dall'individuo che ne soffre.

La psicoterapia si occupa del modo in cui lo stress è mediato psicologicamente (perché una certa persona soccombe ed un'altra sopravvive) e (alterando la comprensione psicologica e l'attribuzione di significati) del cambiamento non dei fatti storici, ma del loro contesto e del loro significato.

Nel 1952 Bowlby scriveva: "che le cure materne nella prima infanzia e nella fanciullezza siano essenziali per la salute mentale" e l'idea della "deprivazione materna" come causa di malattie mentali era a quei tempi un concetto rivoluzionario che divenne un paradigma, stabilendo termini di discussione e di ricerca in psichiatria sociale nei successivi cinquant’anni.

L'espressione "deprivazione materna", cioè il concetto da egli espresso all'Organizzazione Mondiale della Sanità, è un termine improprio. Il suo rapporto si occupava principalmente della privazione (l'assenza di qualche cosa di cui si ha bisogno), piuttosto che della deprivazione (la sottrazione di qualche cosa che prima c'era). Questa distinzione è importante in quanto i risultati della mancanza completa di cure materne sono quasi sempre dannosi ed hanno conseguenze molto gravi e durature, mentre la deprivazione è meno facile da definire e molto meno prevedibile nel suo impatto. Bowlby nella sua opera "L'attenzione al bambino e la crescita dell'amore materno" raccolse una serie di dati estrapolati da suoi studi personali sui delinquenti minorenni, dalla comparazione di Goldfarb fra bambini cresciuti in istituzioni negli stati Uniti e quelli che erano stati sistemati in famiglie adottive, ed i resoconti di Anna Freud e Dorothy Burlingham dal loro nido residenziale ad Hampstead. Tutti questi studi fanno emergere la visione per cui i bambini deprivati dalle cure materne, specialmente se cresciuti in istituzioni da un'età inferiore ai sette anni, possono essere seriamente colpiti nel loro sviluppo fisico, intellettuale, emozionale e sociale. I bambini lasciati nelle istituzioni crescono meno bene ed hanno dei ritardi nell'acquisizione del linguaggio, e quando diventano più grandi, presentano una ridotta capacità di creare relazioni stabili; spesso, tendono ad essere superficialmente amichevoli, ma promiscui nelle loro relazioni. Basandosi sulla sua scoperta che solo due su quattordici "psicopatici anaffettivi" non avevano avuto periodi prolungati di separazione dalle loro madri nella prima infanzia, Bowlby asserì che "la separazione prolungata di un bambino dalla propria madre (o sostituto materno) durante i primi cinque anni di vita rappresenta la causa più importante dello sviluppo di un carattere delinquenziale". Questa affermazione non trova oggi una corrispondenza per due motivi : il primo, riguarda l'esiguità dei gruppi da lui osservati, il secondo, la mancanza di un gruppo di controllo. Tuttavia, avendo stabilito che i bambini privi di cure materne sono in realtà gravemente svantaggiati, egli sottolinea la diversità relativa alla qualità della vita all'interno di una famiglia  con quella in una istituzione.

Un concetto fondamentale che emerge in questo libro riguarda i cicli  di deprivazione. Infatti  Bowlby sosteneva che "il bambino trascurato e psicopatico diventerà un genitore trascurante e psicopatico … un circuito sociale che si autoperpetua". Egli sosteneva che i bambini dovevano essere coinvolti in ogni decisione che li riguardava e che i loro punti di vista ed i loro desideri dovevano essere tenuti in considerazione : questo principio è purtroppo divenuto legge solo mezzo secolo dopo, nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell'infanzia del 1989. Egli credeva che i bambini dovessero essere incoraggiati ad esprimere le loro emozioni ambivalenti riguardo ai genitori. Spesso si ritengono responsabili dei problemi che colpiscono loro e le loro famiglie e bisogna che gli operatori dell'infanzia siano consapevoli di ciò ed aiutino il bambino a collocare questi sentimenti nella giusta prospettiva. Per un bambino lontano da casa "la separazione è sentita come un'eternità dato che manca del senso del tempo" e, anche questo aspetto va compreso da parte degli adulti.

Forse, il più importante filo conduttore nell'opera bowlbiana è il suo dolore e sdegno davanti alla separazione non necessaria dei bambini dai loro genitori.

Le femministe  hanno rivolto tre tipi di critiche al concetto della "deprivazione materna". La prima, accusa Bowlby di ingigantire il problema. Esse affermano che gli studi sui quali egli aveva basato le sue conclusioni derivavano da ricerche su bambini che avevano avuto esperienza di un'assenza pressoché completa di cure materne. La generalizzazione che egli fece stabiliva che "ogni" separazione della madre dal bambino nei primi tre anni di vita era verosimilmente dannosa, ciò risultò arbitrario. Infatti, le femministe affermavano che quando una madre affidava il bambino per una parte del giorno alle cure di una persona conosciuta e fidata (una nonna o una buona baby-sitter) egli non provava alcun dolore. Anzi secondo loro, una cura gestita "esclusivamente" dalla madre poteva condurre il bambino ad una minore sicurezza ed il suo concetto di "monotropismo" (cioè l'esclusivo attaccamento del bambino ad una figura preferita) non era idoneo al suo sviluppo psico-affettivo, in quanto la realtà del bambino deve contenere una gerarchia di figure di attaccamento tra cui, in genere, la madre è la più importante, ma i padri, i nonni, gli zii, i fratelli ed i parenti ed amici giocano anch'essi un ruolo di completamento.

Il secondo punto su cui si soffermò la critica femminista fu quello di collocare le idee di Bowlby in un contesto storico, antropologico e sociologico. Il contesto storico da osservare era quello di un'Europa post-bellica in cui molte donne che avevano lavorato in fabbriche di munizioni, erano state costrette a mandare i loro figli per nove o dieci ore al giorno in asili anonimi, uomini  che per anni avevano fatto coincidere la pace con il paradiso della famiglia, governi che vedevano il potenziale sociale  e finanziario dell'idealizzazione della maternità e della vita familiare. Il contesto antropologico era quello in cui il senso di colpa ed il desiderio di riparazione trovarono una risposta nell'idea della deprivazione materna. I bambini avevano sofferto terribilmente a causa della guerra, e questo era un problema da affrontare così come quello dei "bambini interni" degli adulti che erano stati testimoni degli orrori della guerra. Un punto di vista leggermente differente fu proposto con l'ipotesi che i governi avrebbero bene accolto l'idea della "deprivazione materna" perché sembrava che questa fornisse una buona occasione per liberarli dai problemi dell'assistenza all'infanzia riconducendola alla responsabilità individuale e familiare. Bowlby non voleva che il denaro dovesse essere sottratto, ma doveva semplicemente essere trasferito dall'assistenza istituzionale all'assistenza domestica.

Il fulcro della critica femminista si collocò nel contesto antropologico in cui le cure materne rappresentavano una parte importante, ma non esclusiva di tutto ciò in quanto "la cura del bambino" deve essere condivisa da un "gruppo" stabile di adulti e di bambini più grandi, di solito, ma non sempre, con legami di parentela. Un'argomentazione sociologica tendeva ad evidenziare una famiglia unita tra madre e figlio, che pone in secondo piano la figura paterna, ed era principalmente vissuto nella sua autorità.

Attualmente, nella società contemporanea i problemi che si devono affrontare non riguardano tanto la deprivazione materna quanto quella paterna dovuta a padri deboli, assenti o violenti e la mancanza di una figura di padre "forte" con cui identificarsi. Infatti, i ragazzi si differenziano dalle madri o dalle sorelle per mezzo della svalutazione delle donne che nasconde il terrore della loro onnipotenza fantasmatica.

Tuttavia, le femministe nel tendere a sopravvalutare il loro punto di vista hanno finito per non riuscire ad apprezzare l'importanza che Bowlby ha istituito per il ruolo della madre nello sviluppo emozionale ed etico. La difesa che egli fece dell'importanza delle madri nella cura dei bambini, e lo sviluppo dei suoi studi che sostengono che dovrebbero essere disponibili buoni servizi per la cura diurna del bambino nel caso in cui le madri vogliano o debbano lavorare, istituiti in modo tale che i bambini possano avere relazioni individuali e continue con gli operatori. Tutto ciò, dovrebbe essere visto come un percorso evolutivo verso la liberazione delle donne considerato che fa aumentare la loro possibilità di scelta ed il loro apprezzamento nella società.

La monografia di Rutter  del 1981 comprende la definitiva valutazione empirica della "deprivazione materna" ed aggiorna l'opera di Bowlby sottolineando che ciò che importa "non è tanto la separazione i sé, ma il suo significato ed il contesto nel quale avvengono".

Pertanto, è più plausibile che la "deprivazione materna" possa agire come un "fattore di vulnerabilità" generale, secondo Brown ed Harris, che tende ad innalzare la soglia del bambino verso il disturbo invece di costituire un agente causale come Bowlby sosteneva. Gli studi di Tizard, sempre dello stesso periodo (1977) hanno mostrato, come già aveva precedentemente affermato Bowlby che il periodo da sei mesi a quattro anni può essere critico per la capacità di formare relazioni stabili, dato che bambini adottati dopo i quattro anni, nonostante formassero legami stretti ed affettuosi con i loro genitori adottivi, rimanevano antisociali nel loro comportamento scolastico.

Il pensiero di questo Autore viene discusso ancora oggi e le problematiche da lui affrontate si rilevano tuttora attuali ed adeguate ai nostri tempi.   

Maura Livoli

 

 

 

 

 

 

 

 

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