Superare il dolore di una separazione
A seguito di una separazione relazionale, specialmente di coppia, si alternano svariate emozioni spiacevoli che variano per caratteristiche ed intensità a seconda delle peculiarità della relazione.
La persona si trova ad attraversare un’alternanza di vissuti di risentimento, rabbia, sensi di colpa, malinconia, paura che sottintendono uno struggente dolore per aver perso l’altro. Anche nei casi in cui si percepisca inizialmente una sensazione di liberazione per essere usciti da una relazione insoddisfacente, come nella descrizione iniziale, prima o poi si affaccerà il volto della sofferenza per aver lasciato o perduto la persona amata.
Sfortunatamente l’attraversamento di questo vissuto doloroso è necessario per completare il processo di separazione e uscirne rafforzati.
Abitualmente nell’affrontare una perdita o una separazione le persone attraversano determinate tappe.
In un primo momento è possibile sperimentare un senso di incredulità o di negazione della situazione con la speranza magica che non stia succedendo davvero; oppure è frequente reagire desensibilizzandosi, come congelati al fine di non sentire niente. L’intensità di questo stadio varia a seconda di quanto inaspettata è stata la fine della relazione, se la rottura ci ha colti di sorpresa possono passare mesi prima che la persona si renda conto di ciò che è accaduto. Questa fase termina quando si impone l’evidenza della realtà della perdita e il dolore che ne consegue.
Successivamente, come ad ondate, la persona entrerà in un dolore profondo, quasi disperato, nel quale può pensare che senza l’altro non è nessuno e che non potrà continuare la propria vita senza lui o lei. Sentire tale dolore è necessario per potersene liberare, è necessario elaborare con chiarezza lo strappo dell’assenza e ciò che abbiamo perso nella separazione per lasciarlo andare e recuperare la nostra individualità. Questa sofferenza crescerà nella misura in cui non accettiamo la perdita relegandosi in una posizione di vittimismo e di risentimento. Nei momenti di maggior disperazione sovente cadiamo nella tentazione di trovare un colpevole o di incolpare noi stessi, scordandoci di tutto l’amore che ci unì per vedere soltanto il male che ci ha procurato l’altra persone o che noi le abbiamo inflitto. Sebbene fare un’analisi di ciò che è successo è senza dubbio funzionale per crescere e rafforzarsi relazionalmente, altresì giudicare, incolpare e criticare l’altro o sé stessi nell’intento di sopportare il dolore porterà nel tempo ad accentuarlo.
Una tappa ulteriore nel processo di elaborazione di una separazione consiste nell’attraversare momenti di intensa rabbia che sottintendono la frustrazione del fallimento dei progetti comuni, delle aspettative riposte nella relazione o dei sogni infranti. Può succedere che la persona non si permetta di aprirsi a tale rabbia nei confronti dell’altro perché questo vorrebbe dire perderlo ulteriormente; altrettanto frequentemente può accadere invece che si permanga troppo a lungo in uno stato di rabbia e di risentimento finendo per rimanere legati all’altro attraverso questo canale emotivo. Pertanto, anche se arrabbiarsi non cambierà la situazione, l’espressione di ciò che sentiamo può essere d’aiuto, facendo tuttavia attenzione che tale espressione non si trasformi in un gancio che ci tiene legati alla relazione perduta. Di nuovo per uscire da tale vissuto rabbioso è necessario sapersi arrendere, accettare la rottura e il dolore della perdita.
La filosofia esistenzialista ci insegna che nella vita tutto è separazione e cambiamento e che tutte le perdite iniziano nel momento in cui cominciamo o otteniamo qualcosa. Costantemente lasciamo qualcosa nel passato e apriamo il passo ad altro nel futuro: lasciamo l’accogliente ventre materno per venire alla luce, lasciamo i bambini che siamo stati e la protezione dell’ambiente genitoriale per diventare adolescenti e ancora lasciamo l’impetuosa gioventù per assumersi la responsabilità dell’età adulta fino al transito definitivo in cui lasceremo la nostra vita per rinascere, forse, altrove. Per questo motivo vivere ci obbliga all’esercizio costante di saper iniziare e finire, aprire e chiudere, ampliare e ridurre, vincere e perdere, e ancora, amare e soffrire. Diventa pertanto necessario porsi in sintonia con entrambe le forze che alimentano la nostra vita per raggiungere un equilibrio interiore e sperimentare una singolare serenità.
Se siamo capaci di sostenere il dolore allora siamo capaci anche di sostenere l’amore giacché questi sono le due facce di una stessa moneta. Permanere coscientemente nella sofferenza è l’unica maniera che ci rende in grado di favorire la sua trasformazione che è per sua natura fisiologica poiché tutte le emozioni hanno un inizio e una fine. Nella nostra cultura il dolore ha una cattiva reputazione data dalla credenza che questo ci possa portare alla depressione; è in realtà vero il contrario: sovente ci deprimiamo perché arrestiamo il flusso spontaneo dei nostri sentimenti o pretendiamo di dimenticare ciò che ci fa soffrire fin quando questo non diventa insopportabile.
Il processo di separazione si conclude quando ritroviamo la nostra pace interiore e guardando indietro riusciamo ad apprezzare e a ringraziare per ciò che abbiamo vissuto e imparato nella nostra relazione passata, quando riusciamo a darle il riconoscimento che merita, quando riconosciamo l’amore provato e ricevuto come un regalo. Quando siamo capaci di lasciar libero l’altro augurandogli il meglio e di liberare noi stessi verso un nuovo amore.
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