Periodicamente i mezzi di informazione pongono l’accento su fatti che costantemente si verificano nella nostra quotidianità, a cui ogni volta è difficile dare un senso o trovarne una spiegazione.
Il tema dell’abuso verso i minori in famiglia, viene continuamente sviscerato dai differenti mezzi di informazione ma ogni volta che un fatto emerge agli occhi della cronaca sembra difficile, se non impossibile, accettare che certe cose possano continuare ad accadere. Parlare di abuso e di violenza sui minori genera sconcerto e indignazione in chiunque, ma nonostante l’allerta sociale sia sempre più elevata, diventa ancora molto difficile da prevenire, sia perché oltre ad essere associato a un disagio psicologico, è spesso collegato ad un retroterra culturale, da cui è ancora molto difficile sganciarsi.
Per abuso sessuale infantile si intende il coinvolgimento in qualsiasi attività sessuale di un minorenne, non maturo, incapace di un libero e cosciente consenso, o il suo coinvolgimento in atti che violano il tabù sociale dell’incesto. L’abuso sessuale si configura sempre e comunque come un attacco destrutturante per la personalità del minore e per il suo percorso di crescita. Il danno per il minore é tanto maggiore quanto più il fenomeno resta nascosto, o non viene riconosciuto; ciò si verifica perché non viene attivata un’adeguata protezione nel contesto in cui lui vive e si relaziona, non si parla dell’esperienza e non è possibile elaborarla, esiste un forte legame di dipendenza fisica ed affettiva tra la vittima e l'abusante. I danni psicologici che l'abuso sessuale può produrre sono diversificati e molteplici. Il bambino abusato presenta una tendenza all’isolamento, può riprodurre comportamenti sessuali che non corrispondono all’età, ha atteggiamenti aggressivi rivolti sia verso se stesso che verso gli altri, può avere problemi scolastici, presentare stati d’ansia, tristezza o paure ingiustificate e avere il rifiuto per alcuni adulti, senza riuscire ad esplicitarne le adeguate motivazioni.
Sul perché una persona reagisca in un modo piuttosto che in altro è molto difficile da definire perché su questo aspetto incidono numerosi fattori. Si può dire che la risposta soggettiva agli eventi sia condizionata da alcuni importanti elementi come: l'età al momento dell'abuso, la durata dell’esperienza, la presenza o meno di penetrazione, l'uso esplicito di violenza, le caratteristiche di personalità della vittima, lo stato psicologico presentato al momento dell’abuso, la possibilità di condividere l'accaduto con qualcuno, il sostegno emotivo ricevuto in seguito, e ulteriori esperienze che possono peggiorare la situazione o aiutare a superare gradualmente l'accaduto.
E’ stato accertato che la maggioranza delle esperienze di abuso e violenza si verificano in famiglia, nello specifico gli autori possono essere un genitore, uno zio, un nonno o un amico stretto di famiglia. Per capire perché un’esperienza così devastante possa verificarsi all’interno di questo ambiente occorre studiarne la struttura della famiglia, le relazioni che intercorrono tra i vari membri, i loro ruoli, le norme, i valori, le tradizioni e i confini. La struttura familiare in cui sono possibili fenomeni di abuso, è caratterizzata da confini chiusi, cioè le relazioni e gli scambi con l’esterno sono poco frequenti, mentre sono molto presenti tra i membri della stessa famiglia. Le regole e le norme sono fisse e rigide, come anche i ruoli, non esiste la possibilità di una loro flessibilità. I membri della coppia genitoriale non hanno lo stesso grado di potere, c’è un genitore dominante, che tende a gestire e a dominare l’altro genitore e i figli, che gli sono sottomessi. In queste famiglie di solito i genitori hanno matrimoni infelici, il sesso tra i coniugi è insoddisfacente o assente, inoltre possono essere presenti problemi economici o lavorativi che vengono scaricati sui figli o sull’altro coniuge abusandone fisicamente, sessualmente o psicologicamente.
Entrambi i genitori sono incapaci di adempiere adeguatamente al loro ruolo genitoriale, spesso interagiscono con i figli come se questi fossero più grandi della loro effettiva età, cercando in loro rassicurazione, conforto e amore come se si trattasse di adulti con cui instaurare relazioni paritarie o di sostegno. Questa inversione dei ruoli da luogo a frequenti sentimenti di dipendenza e difficoltà nel capire lo stato d’animo dei figli, e di conseguenza a una disattenzione verso i loro bisogni, che non permette una sana crescita emotivo-affettiva. Il soggetto pedofilo, a sua volta proviene da una famiglia organizzata in questo modo, per cui anche in lui è possibile riscontrare un alto livello di immaturità affettiva, di funzioni affettive instabili, di incapacità nel tenere i freni inibitori di fronte ad un impulso sessuale, di bassa tolleranza alle frustrazioni e ipersensibilità alle critiche.
Talvolta vive nei pedofili, la convinzione che i loro atteggiamenti non possano danneggiare i bambini, anzi pensano che il contatto sessuale faccia bene al bambino, che sia da esso cercato e desiderato. Il pedofilo tende a razionalizzazione l’accaduto per minimizzare il male che ha causato, evitando di assumersi la responsabilità per le sue azioni e di entrare in contatto con le proprie risposte emozionali rispetto all’accaduto. Gran parte degli abusatori sono stati a loro volta vittime di abusi, ma non tutti gli abusati diventano a loro volta abusatori.
Molto sembra dipendere dall'età, dal contesto in cui è avvenuto l'abuso, se avvenuto una o più volte, se da parte di sconosciuti o di una figura familiare e soprattutto da come la persona rilegge le conseguenze del trauma. Se la struttura psichica dell’abusato è sufficientemente forte ed equilibrata, può avere la capacità di affrontare e resistere a situazioni gravemente destabilizzanti e stressanti. Avere un ambiente familiare in cui si può trovare comprensione o la possibilità di rivolgersi a uno psicoterapeuta, con cui condividere quanto accaduto, rielaborarlo, e prenderne le distanze, può aiutare a superare questa dolorosa esperienza.
Questo è ciò che in psicologia viene chiamato “resilienza”, cioè la capacità di affrontare le difficoltà in modo adattativo; in questo modo l'evento potrà essere metabolizzato, spezzando il circolo vizioso e trovando nuove possibilità adattive, che permettano di superare l’accaduto.
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