Applicazione di alcune tecniche ipnotiche nell’apprendimento del nuoto con persone non vedenti e ipovedenti al di là dei luoghi comuni

Il gruppo

A questo progetto partecipano adolescenti non vedenti e ipovedenti binoculari che sono coinvolti in un’attività di nuoto con il supporto di un gruppo di educatori e la facilitazione di una psicoterapeuta.  L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la disabilità visiva in base a due fattori: l’ampiezza del campo visivo e l’acuità visiva o visus. Il campo visivo è definito come “la scena visibile dal soggetto con uno o con entrambi gli occhi, quando egli fissa un punto davanti a sé, a grande distanza, nel piano orizzontale”. Il visus invece si configura come “la capacità di distinguere ad una distanza data determinate forme oppure di discriminare due punti vicini tra loro”. La disabilità visiva quindi comporta delle alterazioni in questi due aspetti che caratterizzano la vista e che possono essere presenti in forma monoculare o binoculare, ovvero colpire un solo occhio od entrambi gli occhi, sia che si tratti di ipovisione sia che si tratti di non visione.

La prima cosa che si può notare è che i partecipanti interagiscono con il mondo esterno soprattutto attraverso il corpo che diventa il mezzo attraverso il quale si inseriscono nella realtà. Per schema corporeo intendiamo, in accordo con Mucchielli-Bourcier. “la consapevolezza del proprio corpo e delle sue possibilità motorie”: il corpo risulta uno strumento e l'individuo deve imparare a conoscerne il possibile utilizzo per anticipare l'atto riflesso con un atto motorio. Offrendo ai ragazzi la possibilità di sperimentare più volte semplici movimenti e possibilità di azioni, si intende condurli a una maggiore scioltezza e padronanza del proprio corpo: un ripetere l'atto, renderlo automatico e riutilizzarlo in altre azioni sempre più lunghe e complesse.

L’assenza del canale visivo deve essere compensata da molte opportunità di carattere tattile e uditivo che consentano di strutturare le immagini su cui si basano i concetti, cioè la capacità di ragionare e di conoscere. Attività che coinvolgono il sistema cenestesico, come il camminare o il correre, non possono essere lasciate soltanto alla spontaneità, ma necessitano di essere stimolate e rese possibili. Mentre la mappa del mondo dei “normodotati” non seleziona tutti i suoni presenti nell’ambiente, la versione del non vedente gli insegna ad accorgersi dei suoni rendendolo competente a distinguerne una gamma infinita: il sistema uditivo diventa il maggiore senso a distanza, lo strumento elettivo di ampliamento dei confini del mondo percettivo. E un ampliamento lo si può riscontrare anche per quanto riguarda i sistemi olfattivi e gustativi, con una variabilità individuale.

Nella fase di approccio ai nuovi ambienti dove si svolgono le esperienze, si ha particolare cura della collocazione degli oggetti e del corpo in rapporto agli oggetti al fine di organizzare la possibilità di azione e movimento e, nonostante i limiti imposti dall'assenza del canale visivo, è possibile costruire una buona armonia tra la formazione dello schema spaziale e quello corporeo. Un ambiente nuovo, in genere ricco di sollecitazioni per chi vede, resta a lungo sconosciuto al non vedente che non ha la possibilità di conoscere immediatamente gli stimoli: è importante fargli individuare dei punti di riferimento riconoscibili da suoni per consentirgli di dirigersi autonomamente alla ricerca di oggetti disposti in un ordine costante che egli sia in grado di rappresentarsi. Gli ambienti sono vissuti dai ragazzi via via sempre come meno ostili e più familiari e i partecipanti modificano, col procedere del training, il loro schema corporeo che, inizialmente è ipertonico e irrigidito in una postura difensiva, autorizzandosi a rilassare le fasce muscolari.

Il gruppo di partecipanti è trasferito nella struttura sportiva tramite un pulmino insieme agli educatori e alla psicoterapeuta, in quanto il viaggio è parte del percorso psicoeducativo; già durante il trasporto verso il luogo di attività è possibile notare una riduzione della tensione corporea, grazie al ricalco verbale e non verbale attivato in questa fase che precede l'attività e predispone alla medesima. Il tono corporeo è una funzione estremamente importante, collegato a tutte le espressioni dell'individuo, che permette alla muscolatura scheletrica la conservazione di una contrazione a bassa frequenza, ma persistente. La postura, così determinata, è un mezzo di comunicazione rivelatore dello stato generale, delle emozioni e dello stato affettivo dell’individuo. In esperienze simili a quella presentata, capita spesso che un particolare stato di contrazione inizialmente creatosi per soddisfare determinate circostanze si trasformi in un atteggiamento. Posture particolari e un grado di tonicità molto alto sono tentativi di compensare un disturbo e lo stato di tensione, perdurando oltre la linea d’azione diventa "un'abitudine" che altera l’organizzazione generale, aumentando la faticabilità e influenzando le capacità di apprendimento.

Sia nei momenti precedenti alle attività, ma anche durante l’attività, si opera con tecniche di ipnosi conversazionale e non al fine di favorire la decontrazione muscolare, attraverso l'educazione alla sensazione, alternando contrazioni e rilassamenti. Fisiologicamente il rilassamento opera modificazioni neurovegetative che sembrano favorire l’ossigenazione del sangue affluente al cervello e l'instaurazione di una situazione fisiologica favorevole all'azione, alla concentrazione psichica e a una distribuzione delle energie più corretta. Controllare il tono del proprio corpo e la respirazione significa anche combattere la paura e l'ansia, nonché aumentare la fiducia e la capacità di mettersi in relazione con gli altri.

“Ora posso dirti di fare un respiro profondo, e con questo respiro cominciare a dare un segnale alla mente che è il momento di iniziare a modificare qualcosa,.. proprio ora.. mentre iniziamo a spostarci verso la piscina.. è  il momento di cominciare a staccarti dagli stimoli che arrivano dall’esterno… … e lasciare che la mia voce ti possa accompagnare .... accompagnare in quella realtà nuova e diversa.  …(…)

…Proviamo a pensare di accogliere quello che notiamo … magari cogliere semplicemente dei messaggi del corpo che ci dicono che abbiamo voglia di entrare in uno stato leggermente diverso ….oppure accorgendoci di com’è la respirazione… di come è in questo momento ..di come magari può cambiare e diventare più regolare.. o restare semplicemente com’è    … certamente la mia voce ti farà compagnia e ti porterà dove hai già desiderio di recarti…                  

… se ti concentri un attimo sul respiro, ti accorgi che ogni volta che l’aria esce il tuo corpo riesce a rilassarsi un po’ di più e ogni volta che l’aria entra la tua mente riesce ad andare un po’ più su.. i pensieri si portano su un piano differente e ti permettono di costruire quelle idee che raccontano i tuoi desideri ……

….le mie parole ti sostengono e ti accompagnano....puoi immaginare che le mie parole possano essere un bastone da utilizzare per scaricare la tensione… da utilizzare per seguire il percorso che ci porta in quella realtà nuova e diversa…”

 

Anna

Il rischio che si annida in qualsiasi psicoterapia o progetto riabilitativo è che l’operatore faccia prevalere i propri presupposti “dimenticando” la peculiarità di quelli del cliente. Questo accade soprattutto quando ci sono delle evidenze e delle manifestazioni talmente imponenti da sovrastare altre espressioni meno visibili, per cui il terapeuta può auto intrappolarsi in un percorso che lo induce a considerare la maggiore evidenza come l’elemento-problema da superare. Così stava per accadere in questa situazione in cui la ipovisione sembrava costituire, da una prima concettualizzazione, la causa dell’esperienza limitante di Anna. Questa prima concettualizzazione era distorta da una scorciatoia cognitiva che induceva a ritenere la ipovisione il cosiddetto “ostacolo” con cui dover fare i conti.

Anna ha vent’anni, ipovedente dalla nascita e con difficoltà motorie. È sempre stata stimolata dalla famiglia a partecipare a molte attività socializzanti e la madre tende a sopravvalutare le sue abilità e le sue possibilità di apprendimento richiedendole sempre il massimo impegno, lodando i suoi successi e interpretando i fallimenti come mancanza di sforzo. Trascorre le sue giornate prevalentemente in casa, anche perché deambula a fatica e ha sempre bisogno di un sostegno fisico per compiere anche brevi percorsi. Non ha amici di pari età al di fuori dei compagni di classe e adora quando le si leggono le poesie. Una particolarità: Anna porta sempre con sé il suo diario dei segreti chiuso a chiave per non lasciarlo a casa in balìa di sua madre che avverte come pressante e invadente. Anna dimostra interesse fin dall'inizio dell’attività, entusiasmo nelle relazioni con gli operatori e serietà nella partecipazione richiesta. La fase di avvicinamento all'acqua non ha presentato problemi particolari in quanto per Anna è un elemento noto e gradito. Il lavoro maggiore si è svolto, invece, per quanto riguarda 1) la preparazione nello spogliatoio, 2) relativamente alla conoscenza dell'ambiente e 3) durante l'attività di nuoto. In questi tre momenti si è presentata una difficoltà comune: l’eccessiva rigidità muscolare di Anna che non le consentiva di tradurre in comportamenti le sue intenzioni.

Durante il momento preparatorio nello spogliatoio si è cercato di far scoprire ad Anna alcune nuove posizioni che il suo corpo poteva assumere, di arricchire il suo schema motorio e di favorire il controllo delle varie parti del corpo e delle loro funzioni, ampliandone le possibilità operative. In questa fase, ha assunto un'importanza fondamentale il ricalco, inteso poi a guidare Anna verso uno stato di maggiore rilassamento. Il ricalco era inizialmente di tipo verbale e respiratorio (da cui dipendono tono e volume della voce, pause, velocità espressiva), per tradursi subito dopo nella complicità dello spogliarsi e del riporre simultaneamente i capi di abbigliamento al loro posto. Si ritiene utile sottolineare che mentre con persone prive di particolari abilità, il ricalco deve essere sottile e impercettibile alla mente conscia, con persone come Anna con un generale ritardo senso motorio si è rivelato più proficuo perseguire il rapport alternando momenti di ricalco sommessi a momenti palesi ed enfatizzati, proposti in forma ludica. Particolare attenzione è stata dedicata al ricalco di tipo uditivo, tattile e posturale e altrettanta accuratezza è stata riposta nell’eliminazione per quanto possibile, di proposte derivanti dal canale visivo, soprattutto nei termini dei predicati utilizzati.

Si è dedicato molto tempo all'ambientazione nei luoghi e si è notato che Anna, a differenza di altri partecipanti, ricercava molto di più la conoscenza a distanza attraverso l’uso dell’udito ed era meno interessata alla scoperta tattile degli stimoli vicini. Anna era sempre attenta a ciò che sarebbe accaduto di lì a poco: scesa dal mezzo di trasporto avvertiva i rumori di chi aveva già raggiunto l'ingresso della piscina, nello spogliatoio era interessata ai suoni che provenivano dal locale attiguo dove era situata la vasca, in vasca notava gli stimoli sonori che creava chi era già o ancora sul bordo. L'esplorazione degli ambienti è avvenuta tramite l’enfatizzazione dei suoni: fungendo da guida erano aumentati di intensità all'avvicinarsi all'oggetto (angolo, bordo vasca, doccia, ecc.) che poi doveva essere conosciuto anche con gli altri sensi. Questo momento doveva essere accompagnato sempre dalla voce della psicoterapeuta vicina ad Anna, per evitare un nuovo alimentarsi della tensione muscolare.

Prima dell'ingresso in vasca Anna era invitata a immaginare dettagliatamente la prestazione che avrebbe eseguito e a ricordare l'impatto del suo corpo con l’acqua, i suoni che si sarebbero prodotti, la sensazione di leggerezza che avrebbe provato, l'acuirsi dell'odore del cloro e i vari cambiamenti di temperatura che il suo corpo avrebbe sperimentato. Veniva indotto uno stato di rilassamento muscolare toccando il corpo di Anna e accompagnando l'esperienza tattile con rituali verbali. L’accesso alla vasca era consentito solo al raggiungimento di uno stato privo di tensione che Anna imparò ad ottenere piuttosto velocemente, anche per via del suo desiderio di venire a contatto con l’acqua.

Purtroppo non appena avveniva l’immersione la postura ritornava immediatamente rigida ed era necessario ancora qualche minuto di rilassamento per ristabilire una situazione ideale. Con il proseguire del training si è riuscita a creare un'ancora (la verbalizzazione rilassati accompagnata dalla presa tattile all’avambraccio destro) che ha ridotto i tempi necessari a raggiungere il rilassamento.

“Poni la consapevolezza sui tuoi muscoli….rilassati.. puoi lasciare questa qualità di rilassamento fluire lungo tutto il tuo corpo dalla testa fino alla punta dei piedi…può accadere in pochi secondi o in pochi minuti… tutto quello che devi fare è volere che questo accada e puoi farlo accadere molto facilmente.. puoi usare la tua meravigliosa fantasia e sentire tutto il tuo corpo avvolto da questi particolari suoni… lascia che ogni muscolo del tuo corpo diventi così rilassato… rilassati.. lascia che il tuo corpo mantenga questa qualità di rilassamento…potrai semplicemente rilassarti o sentirti così rilassata nell’acqua che il tuo corpo si rilasserà praticamente senza che tu te ne accorga”.

Nonostante il raggiungimento di una migliore situazione di confort, Anna continuava a manifestare irrequietezza generale che si traduceva inevitabilmente in nuove tensioni corporee che, dopo un'accurata indagine, si sono scoperte collegate ad un processo mentale ed emotivo di Anna che le impediva quello stato di tranquillità necessario a raggiungere i suoi obiettivi. Le risposte emotive variabili erano determinate dal modo di percepire la realtà, dall'insieme di convinzioni e di criteri: il problema della tensione era collegato alla convinzione che Anna aveva di “voler vincere a tutti i costi”, di essere la prima" perché queste erano le aspettative della madre per la quale, altrimenti, sarebbe stato un fallimento: Anna avvertiva il bisogno di salvaguardarsi dal giudizio negativo. Durante l'attività, nel momento in cui verificava di aver compiuto qualche metro in autonomia, alternando correttamente il movimento degli arti superiori e di quelli inferiori, Anna manifestava la sua preoccupazione accelerando improvvisamente i movimenti e ciò comportava uno scoordinamento degli stessi e l'incapacità di mantenere il galleggiamento.

Dunque una fatica relazionale che risultava essere maggiormente limitante rispetto alla sua limitazione sensoriale, con la quale lei aveva invece imparato a convivere in maniera apparentemente gioiosa. Si operò una ristrutturazione, invitando Anna ad eccellere in altre cose (il disegno, il comporre poesie e la sua abilità a costruire e a mantenere le amicizie grazie alla sua simpatia). Allora diventò importante utilizzare i momenti prodromici all’attività, ovvero il viaggio verso la struttura sportiva, che oltre ad essere un viaggio fisico, si andò a configurare come un vero e proprio “viaggio” metaforico. Con Mosconi ricordiamo che “la metafora di per sé stessa è come un invito ad osservare un fatto, un avvenimento o a considerare un concetto da punti di vista diversi, quelli che colui al quale è diretta, o forse meglio il suo inconscio, ritiene i più confacenti a sé stesso. Ed è in fondo questa proprietà che fa della metafora un ottimo mezzo terapeutico, naturalmente se ed in quanto bene usata e posta al livello giusto.” Durante il tragitto in piscina le veniva chiesto di recitare una poesia, di portare un disegno e di raccontare delle sue amicizie e di quanto gli altri la giudicavano simpatica. Il feed-back della psicoterapeuta era teso a comunicarle che lei, anche quel giorno, aveva eccelso in tutto e quindi, implicitamente, che il giudizio della madre su di lei sarebbe stato positivo, mentre tutto quello che sarebbe accaduto in piscina non poteva essere visto dalla madre: quello diventava uno spazio inviolabile solo suo e degli altri partecipanti al progetto. Solo se lei avesse voluto, avrebbe potuto fare sapere qualcosa alla madre di quanto avveniva in quel contesto.

Si riporta un estratto della story telling utilizzata durante il tragitto. “Conoscevo una ragazzina molto capace di disegnare e che aveva tantissimi amici. Si chiamava Angelica. Angelica era molto impegnata a fare contenti gli altri e gli altri si aspettavano da lei grandi imprese. Proprio perché era capace di fare molte cose, tutti erano soliti paragonarla a Wonder Woman. Non so se sai che Wonder Woman in realtà ama tantissimo disegnare e chiacchierare con le sue amiche, molto di più che salvare il mondo. Anzi a volte non ha proprio voglia di salvare il mondo. Pensa che invece Angelica non sapeva di saper disegnare e nemmeno di avere tantissimi amici. Lei voleva essere come Wonder Woman, perché tutti le avevano detto che quello era il suo destino. In fondo le piaceva, ma era così stancante! Un giorno si trovò davvero in una situazione difficile: doveva dimostrare a tutti quanto fosse brava a fare una cosa misteriosa. Lei sapeva bene di cosa si trattasse, ma era così complicato! In quel momento per passare il tempo, nel mentre che decideva cosa fare, iniziò a scarabocchiare un foglio. Si avvicinò un ragazzino e poi un’altra. Lei non riuscì ad alzare lo sguardo. Sentiva però il rumore dei passi di altre persone che si avvicinano a lei, sentiva il profumo di quelli che ormai era lì fermi vicini a lei. Sentiva il rumore della matita sul foglio e coglieva l’interesse che tutti quanti intorno a lei avevano per quel disegno. E continuò a disegnare e tutti si accorsero che quello che stava già facendo era proprio quella cosa misteriosa….”

In questo modo è stata ampliata la mappa personale di Anna al fine di farla giungere a nuove prospettive su ciò che prima poteva apparirle come un problema, scoprendo la possibilità di soddisfare le intenzioni con comportamenti alternativi Anna smise di attuare il comportamento problema e realizzò un cambiamento posturale più corretto in coerenza, probabilmente, con la nuova immagine di autonomia di scelta rappresentata nella mente.

 

Bibliografia

AAVV, Attività fisica e Sport come elementi di educazione e formazione dei giovani, Edizioni Mercurio, 2014

Bandler R., Grinder J., La Struttura della Magia, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1981

Dilts R., Grinder J., Bandler R., Bandler C.L., DeLozier J., Programmazione Neuro Linguistica, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1982

Erickson M., Rossi E., Ipnoterapia, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1982

Erickson M. H., Rossi E.L., Rossi S. I, Tecniche di suggestione ipnotica. Induzione dell'ipnosi clinica e forme di suggestione indiretta. Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1979

Masters RSW., “Knowledge, knerves, and know-how: the role of explicit versus implicit knowledge in the breakdown of a complex motor skill under pressure”, British journal of psychology, 1992

Mosconi G.P., Questa è l'ipnosi. Storia, tecniche e successi di una terapia tutta da scoprire, Firenze Atheneum, 2002

Mucchielli-Bourcier, A., Educatrice o terapista: una nuova concezione della riabilitazione, Parigi, Éditions ESF ,1979

commenta questa pubblicazione

Sii il primo a commentare questo articolo...

Clicca qui per inserire un commento