La separazione personale tra i coniugi è prevista e regolata dall’art. 150 del Codice Civile, ma nel nostro ordinamento, la modifica dello status di coniugati a quello di separati è conseguente soltanto ad un provvedimento del giudice, con il quale viene così a termine il regime legale di comunione dei beni. Il nostro ordinamento impone però un controllo preventivo sulle ragioni della separazione e la necessità dell’intervento del Tribunale per la separazione, sebbene quest’ultima sia una facoltà riconosciuta a entrambi i coniugi.
Abbiamo due tipologie di separazione: la separazione consensuale avviene quando i coniugi, di comune accordo, decidono attivamente di separarsi; per contro, nella separazione giudiziale soltanto uno dei due coniugi è deciso a separarsi – deponendo il proprio ricorso autonomamente – mentre l’altro si oppone ad essa. È in quest’ultima fattispecie che si aprono le grandi diatribe familiari, in quanto nella separazione consensuale vi è già un precedente accordo su tutte le principali questioni.
Si inizia attraverso il deposito in Tribunale di un ricorso, a cui seguirà poi il procedimento giudiziario. Il ricorso deve contenere la domanda di separazione ovvero il nome delle parti, l’oggetto della domanda, l’esposizione dei fatti sui quali si fonda tale domanda e l’indicazione dei mezzi di prova di cui il coniuge richiedente la separazione (“ricorrente”) intende avvalersi. Nella domanda i “temi caldi” su cui si aprono le diatribe, riguardano principalmente l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli (di minore età) e l’assegnazione della casa coniugale.
I figli verranno affidati al genitore ritenuto più idoneo e adatto alla cura e all’educazione.
Una volta espletate le procedure del ricorso, il Presidente del Tribunale fissa la data d’udienza di comparizione, in cui il Giudice emanerà i cosiddetti provvedimenti provvisori, destinati ad avere valenza per tutta la durata della fase istruttoria – che ha inizio con il rinvio della causa al giudice istruttore.
I provvedimenti decisi in udienza, nonostante vengano definiti “provvisori”, hanno un’importanza tale da poter pesantemente influire tutto il procedimento, nonché la sentenza definitiva. Proprio per questo motivo, in casi particolarmente complessi o in cui l’affidamento dei figli richieda chiarimenti, il Giudice ha la facoltà di rimandare la decisione e avvalersi di una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio), in cui viene nominato uno psicologo o psichiatra esperti in campo giuridico, per valutare le capacità genitoriali dei coniugi, la famiglia allargata (nonni, zii,…), la volontà del minore (attraverso l’audizione protetta), i rapporti della coppia genitoriale e genitore-figlio.
In parallelo alla CTU, ogni parte può avvalersi di un CTP (Consulente Tecnico di Parte), che avrà il compito di verificare la correttezza metodologica del CTU, la sua imparzialità, nonché eventuali intromissioni da parte del CTP o dell’avvocato della parte avversa: in sostanza “supervisiona i lavori”. La relazione tecnica prodotta, congiuntamente alle note critiche dei CTP, produrrà uno strumento utile ad aiutare il Giudice a decidere i provvedimenti, che potranno essere anticipatori della regolamentazione definitiva delle condizioni di separazione.
Durante la fase istruttoria, il giudice ha assoluta facoltà di modificare i provvedimenti presidenziali, anche in relazione all’evolversi di una situazione che al momento della comparizione davanti al Presidente era ancora in fase di formazione.
Seguirà poi una fase contenziosa, in cui è possibile articolare la domanda di addebito, di assegni di mantenimento e/o la domanda di affido esclusivo dei figli. La causa prosegue infine secondo rito, fino alla sentenza definitiva che costituisce l’esaurimento della fase di primo grado del giudizio. Ovviamente, la sentenza è appellabile e le statuizione in essa contenute possono dunque essere modificate nel secondo grado di giudizio.
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