Il mio ragazzo è schizofrenico
Salve a tutti, vi scrivo per una situazione delicata. Ho 21 anni e da circa un anno e mezzo ho una relazione con un ragazzo di due anni più grande. Viviamo in città diverse, essendo però le nostre regioni confinanti ci vediamo molto spesso e per lunghi periodi abbiamo una vera e propria convivenza in casa dei suoi genitori o dei miei essendo entrambi studenti. Il mio ragazzo è schizofrenico e la situazione mi logora. Sono anni che sta male per lunghi periodi, chiudendosi in casa per mesi (mio cugino è uno dei suoi più cari amici per questo ho avuto molte informazioni) e tutti hanno sempre sottovalutato il problema credendo fosse solo un ragazzo particolare. Lui studia psicologia, ma per via del suo disturbo ha perso due anni, dato che la materia che studia gli provoca non pochi stati di ansia e confusione. Anche suo padre è terapeuta, ma non sembra minimamente comprendere la gravità della situazione. All'inizio della nostra relazione non era in un periodo critico, poi passati i mesi è venuta fuori con tutta la sua potenza. Per mesi ha voluto vedere solo me, rifiutandosi di vedere i suoi amici non reputandosi all'altezza, parlava da solo, aveva repentini cambi di umore, momenti in cui diceva frasi senza senso, i suoi discorsi erano sconnessi ed incomprensibili, crisi di pianto, giornate intere in cui fissava l'orizzonte e non voleva parlare. Era anche diventato quasi anoressico e le uniche volte che riuscivo a farlo uscire con i suoi amici stava in silenzio e beveva parecchio. Ha provato per un periodo a tornare a vivere da solo nella città in cui studia, ma dopo pochi giorni sono stata contattata dai suoi coinquilini che allarmati dai suoi comportamenti mi hanno chiesto di portalo via. Dopo svariati episodi gravi ho parlato con i suoi genitori e si sono convinti a portarlo da uno specialista. Ha iniziato a prendere ariprazolo e ad andare in terapia sia da psicologo che da psichiatra. Inoltre suo padre è partito per un lavoro in Africa e da quel momento la situazione è nettamente migliorata. Quest estate era allegro, spensierato, ha dato svariati esami con il mio aiuto e ha ricominciato ad avere una vita sociale. Inoltre a settembre ha trovato un lavoro da affiancare allo studio che lo rendeva felice. Poi un mese fa buio di nuovo. In concomitanza con il ritorno del padre (con cui ha un rapporto difficile essendo una persona molto invadente) ha iniziato ad avere di nuovo le sue crisi. Non riesce a studiare, (aveva smesso i farmaci a fine estate con l'autorizzazione chiaramente) parla da solo, dice cose senza senso logico, ha crisi di ansia, è convinto che i vicini lo ascoltino, non vuole uscire di casa e se è in gruppo si chiude in un mutismo completo, sembrando completamente dissociato. Da una settimana sotto consiglio dello psichiatra ha ricominciato il farmaco una volta al giorno, ma da che si rifiutava di farne uso ora ogni volta che ha una crisi pretende di prenderlo. Inoltre inventa ogni scusa possibile per non vedere lo psicologo da quando durante una seduta hanno parlato per la prima volta del padre. Non crede di essere capace di andare al lavoro poiché crede che la sua presenza danneggi gli altri e per lo stesso motivo ha ansie continue sul diventare psicologo. Io sono disperata perché ho gia vissuto sei mesi di inferno lo scorso anno, mesi in cui passavo ore a calmare le sue ansie e a smontare le sue teorie deliranti. Proprio ora che sembrava sereno il buio improvvisamente, è praticamente impossibile avere una conversazione con lui perché risponde solo con frasi prive di logica, ogni mattina non so se il suo umore ci permetterà di avere una giornata normale, anche solo di fare una passeggiata o vedere un amico. Si rifiuta perfino di entrare dentro al supermercato per timore di rovinare la vita alle persone che incontra. Inoltre il padre non fa altro che accrescere i suoi stati angoscianti, con un atteggiamento possessivo e asfissiante in cui cerca di psicanalizzarlo in ogni momento. Cosa posso fare per aiutarlo a stare meglio? Grazie mille a tutti.
Salve Federica,
non può fare nulla di più di quello che già ha fatto. Suggerire il percorso psichiatrico e psicoterapico è stata un'ottima idea, lei ha dato lì una mano davvero preziosa, ha riconosciuto la sofferenza del suo ragazzo. Certo è che però non è lei responsabile del fatto che lui lo segua oppure no. A volte ci facciamo carico di situazioni che sono al di là della nostra portata per motivazioni molto intime, di cui è difficile prendere consapevolezza da soli. Perché riconoscere la sofferenza dell'altro è senz'altro meno complicato di riconoscere e farsi carico della propria. Parlarne a un terapeuta può aiutare a fare chiarezza.
Un caro saluto,
Dr.ssa Veronica Rinaldo