Gentile Naiji, la diagnosi di agorafobia le è stata proposta da uno specialista? Glielo chiedo perché la persona sofferente da agorafobia difficilmente esce da casa, e, se lo fa, è colto da crisi ansiose fino alle crisi di panico quando si trova in luoghi aperti (agorà) ma soprattutto quando sente di non avere punti di riferimento affettivi ed esistenziali. La persona si sente smarrita. Vorrebbe andare via da casa il più lontano possibile, afferma, e potrebbe esserci un desiderio nascosto dietro la fobia. Forse sì, forse no. Non c'è mai un solo desiderio alla base di una manifestazione sintomatica. Ogni persona è unica e i desideri possono essere molti e diversi, viceversa le manifestazioni sintomatiche sono comuni a molti individui ed esprimono un modo, una manifestazione culturalmente accettabile in una determinata fase storica, per esprimere un disagio. In un'epoca storica il disagio si esprime in un determinato modo, in altre epoche in modo diverso. Se a fine '800 una ragazza "ricorreva" all'isteria per esprimente la propria insoddisfazione, ora è più facile che abbia una crisi di panico. E' acuta la sua osservazione che non ci si può concentrare troppo sul sintomo, che è una manifestazione esterna, una costruzione metaforica della mente, ma osservare cosa il sintomo esprime, l'insoddisfazione della persona e i desideri che premono, mentre la persona rivolge il suo sguardo altrove. Credo che lei abbia buone capacità introspettive e di osservazione, avendo colto perfettamente i paradossi della mente: ha paura di allontanarsi troppo da casa e, forse, il suo più grande desiderio sarebbe quello di andare. D'altronde, con un nickname così esotico...