Un solo motivo per vivere? Io non ne trovo.
Salve dottori, sono un giovane ragazzo di 19 anni che all'incirca dall'età di 11 ha cominciato ad avere un umore non proprio positivo.
Vi dico anche che non ho cominciato a conoscere il dolore ad 11 anni, ma fin dalla tenera età avevo avuto a che fare con la sofferenza: forse ad 11 anni ne ero semplicemente più consapevole.
Sono in cura da qualche mese presso un centro Psico-sociale alternando sedute con la psichiatria a sedute con la psicologa (per il momento gli psicofarmaci non sono sopra il mio comodino), ma comunque andavo in terapia già dai 17 anni.
Sono un ragazzo che passa una settimana tra l'apatia interna e la teatralità esterna, e quella dopo in un completo stato depressivo e ansiogeno.
Vivo con molte paure e penso che la più importante sia la paura di perdere il controllo.
In merito a quest'ultimo so anche dire le ragioni (le sedute di terapia servono e le consiglio vivamente a chiunque): i miei genitori, due eterni Peter Pan, se ne sono da sempre lavati le mani del mio benessere, sacrificandolo per il loro.
Non ho mai avuto le spalle coperte e non ho mai sentito qualcuno che da dietro mi tenesse, lasciandomi in un perenne stato di allerta...
Come se tutti volessero infilarmi un coltello nel cuore da un momento all'altro.
Oltre a questo, i miei genitori non mi hanno mai accettato per come sono, mi hanno sempre fatto sentire sbagliato perché sono sempre stato un ragazzo effeminato, che privilegiava le bambole alle macchinine e i vestiti sfarzosi al calcio.
Hanno sempre tentato di reprimere la mia personalità e il mio sorriso perché volevano fossi una persona che non sono.
Quindi vedendomi in uno stato sospeso, senza alcun aiuto, mi sono rimboccato le maniche a 6 anni (ovviamente inconsciamente) e ho iniziato a controllarmi, fino a quando la mania del controllo non ha iniziato ad uccidermi l'anima.
In questo clima, le mie relazioni interpersonali (specialmente con i ragazzi) sono sempre state nulle se non orribili.
Non ho mai avuto un amico maschio per cui non avessi provato un qualche tipo di infatuazione o attrazione amorosa; penso per il mio bisogno di riconoscere una figura amorevole e paterna altrove, visto che da mio padre potevo prendere solo che mi desse 10 euro a settimana.
Ovviamente, tutte queste relazioni con il sesso maschile si sono rivelate fallimentari, e più vado avanti più mi deludono, portandomi sempre di più verso la diffidenza assoluta e confermando la mia tesi inconscia di vita: "Non perdere il controllo perché altrimenti soffri."
Se chiedeste a tutti i ragazzi che hanno conosciuto come sono fatto, loro vi direbbero: ossessivo, problematico, brutto, feticista (perché oltre a tutto ciò ho anche un parzialismo sessuale), strano, indeciso e manipolatore...
Sicuramente ho un bella lista di etichette e insulti, che potrebbero essere veri, ma in mia discolpa posso solo dire che cercavo amore.
Cercavo e cerco qualcuno che mi accetti, che mi ascolti, che non mi ripeta ogni due secondi quanto sia sbagliato e che mi voglia bene così come sono.
Ma purtroppo così non avviene...
Inoltre non esco spesso, o almeno, non come i miei coetanei.
Amici maschi mai visti e amiche femmine poche (ma buone, almeno quello.)
E ho ancora numerosi inoltre: non vado bene a scuola, sono arrivato a 41 assenze perché alcune mattine non ho minimamente voglia di alzarmi dal letto.
Ora, io mi chiedo...
Perché vivere? "Perché la vita è bella."
La vita di un altro sarà bella, la mia vita fa egregiamente schifo.
Mi domando spesso perché non mi uccida e ponga fine a me e al mio disastro di vita, poi spero...
Spero in qualcosa che non esiste, a quanto pare.
Ho deciso che se non trovo un buon motivo per vivere io me ne vado.
Perché non ce la faccio più.
Non sono adatto per stare al mondo.
E vorrei tanto che qualcuno mi abbracciasse, senza la paura che da un momento all'altro mi pugnali alle spalle, per dirmi che mi sbaglio e che non faccio così schifo come penso.
(scrivo qui non perché non mi fidi della mia terapeuta, ma perché avevo urgente bisogno di sfogarmi).
Con tanto affetto e dispiacere, D.
Ciao Davide, mi spiace davvero tanto leggere tanta sofferenza nelle tue parole. Capisco quanto debba essere difficile per te dare un senso a tutto questo, ma a me sembri una persona davvero straordinaria. Scusa se te lo domando: hai mai intrapreso una terapia familiare? Magari di pari passo a quella individuale? Un caro saluto e un grande in bocca al lupo per tutto, ti auguro di trovare finalmente un abbraccio sincero.