Problemi relazionali per ipovisione
Ho 42 anni e ho la retinite pgimentosa in fase terminale. E' difficile sintentizzare in poche righe.
Ho avuto una vita molto difficile, ma da qualche anno le cose sono cambiate, dopo due traumi, un licenziamento per mobbing, la diagnosi di stress post traumatico e l'agarofobia.
Il mio grande problema è l'isolamento nel quale vivo, perché nell'ultimo anno vedo cosi poco e in dipendenza dal tipo di luce e distanza, che devo usare degli ausili per muovermi autonomamente.
Ho sempre avuto problemi relazionali e adesso si sono accentuati, perché nessuno mi aiuta, se qualcuno lo fa, appena capisce che vedo un po la volta, dopo o mi ignora o mi ostacola il cammino o quel che è, insomma se voglio fare qualcosa devo contare solo su me stessa cosi mi deprimo.
Non ho amici, la mia famiglia è chiusa e non mi ha mai voluta, perché sono nata con la malattia e femmina, ho paura di tutto e tutti, non so come uscirne, perché se provo a frequentare un gruppo non so perché ma finisco emarginata, frequentavo l'unione italiana ciechi, ma invece di farmi fare qualcosa sono stata emarginata non so relazionarmi, andare d'accordo con le perosne, creare legami... sono cose che non conosco, non so come si fa.
Come posso fare?
Seguo un corso di acquagim che conobbi quando frequentavo l'unione, ma anche li non riesco a instaurare rapporti che non siano il semplice ciao come va. Cosa posso fare?
Gentile Maruska,
La sua lettera mi ha molto colpita. Attraverso le sue parole ho colto un profondo senso di solitudine, sicuramente dovuto alla malattia che la isola dal mondo delle immagini, ma anche causato da sorta di difficoltà non tanto nell’intessere relazioni, quanto nel sentirsi adeguata e degna di tali relazioni.
Mi spiego meglio: la sensazione che mi ha trasmesso è quasi di rassegnazione, come se stare da sola, in questo isolamento, fosse una naturale conseguenza degli avvenimenti della sua vita, partendo da quei genitori che, come lei racconta, non l’hanno accettata a causa della patologia e del fatto che fosse femmina.
In realtà, cara Maruska, lei è giovane e si merita una vita piena, appagante e ricca di relazioni, ma deve essere lei la prima a credere in se stessa.
La vista è sicuramente un canale percettivo fondamentale nella vita quotidiana, ma non l’unico.
Pensi, per esempio, che nei primissimi scambi relazionali madre-bambino e quindi nella strutturazione della personalità di ogni individuo, il canale visivo è accantonato in favore di olfatto, udito e tatto, che consentono al neonato di riconoscere la madre e di legarsi a lei.
Lo stesso accade nella passione amorosa, dove le sensazioni di piacere legate alla vicinanza del partner sono ancora una volta mediate da olfatto e tatto, più che dalla vista.
Alla luce di tutto questo mi permetto di consigliarle di imparare ad amarsi e a considerarsi importante e degna d’amore, magari iniziando un percorso terapeutico che la aiuti e la supporti.
Sperando di esserle stata d’aiuto la saluto e le auguro ogni bene.