La natura del panico e lo sviluppo del disturbo
Si ha un attacco di panico quando in breve tempo si diventa molto spaventati in situazioni prive di pericolosità. Durante un attacco di panico si possono avere i seguenti sintomi:
Un attacco di panico isolato non rende automaticamente una persona affetta dal disturbo di panico (DP), molte persone infatti non modificano il proprio stile di vita in seguito ad un primo episodio di panico.
Perché si instauri il disturbo dopo la prima esperienza di panico, il soggetto deve trascorrere gran parte del proprio tempo temendo i successivi attacchi o sperimentarli frequentemente.
Queste persone, diversamente da chi non svilupperà mai un DP, hanno una elevata disposizione a essere spaventati dalle normali reazioni fisiologiche legate alle condizioni d’ansia e cercano di evitarle in ogni modo.
Le persone con una bassa disposizione alla paura dell’ansia ritengono i suoi sintomi solo fastidiosi, non pericolosi, al contrario, le persone con alta disposizione a questa particolare paura, credono che alcune sensazioni conducano a conseguenze catastrofiche quali:
In altre parole possiamo dire che le persone candidate a sviluppare un DP non sono abituate a riconoscere le proprie emozioni, in particolare l’ansia, pertanto, in situazioni ansiogene, confondono le sensazione corporee proprie di questa emozione per una malattia fisica che di lì a poco li porterà alla rovina.
Ognuno mostra di temere alcuni segnali d’ansia specifici, che però rappresentano una normale risposta fisiologica che da migliaia di anni fa parte del corredo biologico degli esseri umani: l’attacco o la fuga.
Tale risposta prepara il corpo a difendersi dalla causa della paura grazie ad un intenso sforzo fisico ed è un importante meccanismo protettivo.
Una volta terminato lo sforzo fisico di fuga o di attacco, quale potrebbe essere fuggire nel caso in cui qualcuno ci inseguisse, oppure tuffarsi in acqua per mettere in salvo una persona, le reazioni fisiologiche scompaiono rapidamente.
Nel caso in cui invece all’attivazione fisica non segue alcuno sforzo, come accade durante un attacco di ansia in ufficio, o in mezzo al traffico, i cambiamenti fisiologici hanno più lunga durata, sono inopportuni e generano molta ansia che a sua volta incrementa ulteriormente tutte quelle reazioni fisiche che ci predispongono all’attacco o alla fuga.
Il soggetto, pensando di stare meglio, metterà in atto dei meccanismi di evitamento e comportamenti protettivi, che non solo non riusciranno a proteggerlo dal panico, ma impoveriranno e limiteranno sempre più l’esistenza fino alla depressione.
È in questa fase che in genere i pazienti cominciano a pensare di intraprendere una psicoterapia
Riferimenti Bibliografici
Clark D.M., Empirical status of the cognitive model of anxiety and depression. In Salkoskis P.M. Frontiers of Cognitive Therapy. 1996 Guilford, New York
Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G.M. Le fobie e il loro trattamento. In Bara G.B.Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva 2005 Bollati Boringhieri. Torino
Lorenzini R., Sassaroli S., La mente prigioniera. Strategie di terapia cognitiva. 2000 Raffaello Cortina Editore. Milano
psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale - Frosinone
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