Psicologo e psicoterapeuta individuale, di coppia e familiare
Attacchi di panico e Agorafobia: come cambiare i propri pensieri negativi?
Buongiorno. Sono una ragazza di 23 anni e da circa 7 mesi ho sviluppato un disturbo da panico, a seguito del mio primo attacco di panico mentre stavo guidando da sola.
Ho un po' tutte le paure tipiche di chi sviluppa questo disturbo: paura di stare da sola, senso di agitazione quando sono in fila, in auto, se faccio sport o le scale (quindi sento il battito accelerato e mi spavento) e nei luoghi chiusi (in ascensore ma anche al centro commerciale), oltre ad ogni volta che sono in ospedale per fare visite o esami.
Sono seguita da una psicoterapeuta e a volte svolgiamo la tecnica dell'EMDR.
Ho sicuramente avuto qualche miglioramento ma ogni volta che ho una ricaduta mi sembra di tornare al punto di partenza e mi demoralizzo davvero tanto, oltre che a preoccuparmi di non "guarire" mai. Fatico ad associare la me di oggi con la me di 8 mesi fa: non mi sento più la stessa.
Mi rendo conto di iniziare a pesare molto sulla mia famiglia, in particolare su mia madre, che ormai è sempre la mia accompagnatrice.
Non riesco più a fare le cose che facevo un tempo, anche le più banali e quelle che prima per me erano un piacere, come guidare. Mi sento inutile ed incapace. Ho poca voglia di uscire con gli amici quindi tendo sempre a rifiutare le loro proposte dicendo di essere impegnata con l'università.
Sono consapevole che questi atteggiamenti non fanno altro che peggiorare il mio disturbo e portarmi a chiudermi troppo in me stessa, però i miei pensieri negativi ed ansiosi hanno sempre il sopravvento.
Le mie domande sono:
1. Potrò mai uscirne?
2. Come posso minimizzare i pensieri catastrofici e l'ansia anticipatoria? Scriverli e ridicolizzarli potrebbe aiutare?
Vi ringrazio tanto
Buongiorno Monica. Per il mio modo di condurre terapia, tendo ad attribuire al sintomo del disagio una funzione e un significato, aspetti indagati proprio durante il percorso terapeutico. In questo modo si può arrivare a rielaborarli e trovare l’incastro che la fa soffrire. Inoltre, ritengo che anche il suo background e la sua sfera relazionale allargata abbia un’influenza su questo tipo di disagio: ad esempio, potrebbe aver (inconsciamente) imparato che al momento allontanarsi da qualcuno o qualcosa potrebbe essere pericoloso. Il sintomo del panico, in questo caso, potrebbe avere come funzione quella di tenerla ferma, di bloccarla ogni volta che si allontana da questo qualcuno o qualcosa.
Inoltre, indagare la frequenza e i momenti d’insorgenza dei pensieri intrusivi catastrofici potrebbe dare informazioni utili per indirizzare il percorso e trovare una domanda terapeutica ancora più precisa di quelle che già ha posto.
Tuttavia sono solo ipotesi ed esempi generali, non aderenti al suo caso, che rimane sempre unico e specifico rispetto a ogni altro e che merita osservazioni più approfondite e mirate. Non la prenda dunque come una diagnosi, ma solo un’esposizione di come mi approccio a queste situazioni.
In ogni caso, non perda la speranza, lavorando se ne può uscire.
Per un consulto più preciso sul suo caso particolare mi rendo disponibile, anche online.
Cordialmente,
dott. Alfonso Panella.
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