Come si può uscire da una situazione che sembra irrisolvibile?

Buongiorno a tutti,

io soffro di vari problemi come ansia, depressione, scarsa autostima, difficoltà a relazionarmi con le persone ed altri disturbi. Ho lasciato il lavoro, perché non sono in grado di gestire certe situazioni, ora vivo come un recluso, con l'unica differenza che mi sono recluso da solo.

Il punto è che io so che questo è sbagliato, ma nello stesso tempo mi sembra che sia tutto inutile, a breve incontrerò un medico sperando che questa volta io guarisca una volta per tutte.

Comunque mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, e preciso che ho iniziato ad andare dallo psicoterapeuta a 16 anni.

Grazie

Buongiorno Michele. In poche righe ha sintetizzato una serie di importanti difficoltà esistenziali, quindi, anche a causa delle poco informazioni disponibili sul suo conto, non le si può fornire una risposta esaustiva e risolutiva. Ma  partiamo dalla fine… innanzitutto, il percorso terapeutico, in quanto finalizzato al cambiamento attraverso una serie di strategie, contempla un’assunzione di responsabilità che “forse” fino ad oggi non si è ancora assunto. Il secondo punto, che riguarda la speranza che l’intervento del medico possa finalmente “guarirla”, denota, a mio avviso, almeno due temi su cui riflettere: a) il primo si ricollega a quanto detto sopra, ossia alla propria responsabilizzazione nel percorso di cura. Nello specifico, mi riferisco a quello che c’è dietro alla sua speranza, ossia che qualcosa o qualcuno le cali dall’alto la “guarigione” come per magia: per quanto riguarda le difficoltà psicologiche questo modo di porsi rispetto al problema non funziona; e b) il medico, in quanto tale, molto probabilmente le proporrà un intervento di tipo farmacologico (o di rivolgersi a uno psicologo, ma non è questo quello che ci interessa ora), il quale, anche se non vi è certezza, potrebbe aiutarla a sentirsi meglio nel breve periodo (soprattutto se combinato a una psicoterapia). Il problema è che con questo tipo di intervento non si va ad agire sulle motivazioni che l’hanno portata al suo attuale stato di malessere, ma sui sintomi (che ne sono la conseguenza). Lei non è una macchina che deve essere aggiusta (meccanicisticamente), non è che ci sia qualcosa che non funziona dentro di lei: ansia, depressione, bassa autostima e le difficoltà a relazionarsi con gli altri sono modi di essere ed emozioni che si manifestano nell’incontro con il mondo. Quindi, è lì che bisogna intervenire, nella sua esistenza (fuori di lei e non dentro). Con questa ultima parte, spero di averle chiarito meglio anche il punto in cui lei dice che anche se consapevole dell’irrazionalità di questo atteggiamento non riesce ad affrontarlo: probabilmente le sue difficoltà sono antecedenti al pensiero razionale.

Cordiali saluti