Ho perso mia figlia
Buongiorno, ho perso mia figlia lo scorso anno, dopo una lunga malattia che è durata due anni. Due anni in cui abbiamo vissuto in simbiosi, alternando paura a speranze. Dopo qualche giorno dalla sua morte, mi sono affrettata a regalare molti suoi oggetti. Ho svuotato i suoi mobili e regalato i suoi vestiti. Temevo che col tempo il dolore sarebbe diventato più forte e avrei fatto della sua stanza un santuario. Da un lato credo di aver fatto bene, dall'altro ora soffro molto per aver gettato i bicchieri di una famosa caffetteria che c'è in tutto il mondo, con scritto su la città di dov'era stata e il suo nome (lei ci teneva moltissimo). E poi di aver svuotato un cassetto della sua scrivania, pieno zeppo di accendini, che lei aveva messo a posto nei primi tempi della malattia. Me lo aveva fatto vedere orgogliosa di aver fatto qualcosa nonostante il suo malessere. Io non mi so perdonare...
Signora Anna ed è proprio il perdonarsi, che questo drammatico evento le insegnerà un passo alla volta, un rimprovero alla volta. Il suo punirsi non riporterà in vita sua figlia, anzi condanna anche lei ad una lenta agonia. Eventi così forti e drammatici arrivano prima di tutto perché la vita e le sue leggi sono fuori dal nostro controllo e poi per imparare e superare quelle che sono condizioni per noi impensabili da sopportare per renderci conto di quanto tutto sia possibile nella vita, nel bene e nel male. Se può si faccia aiutare a mettere insieme i pezzi di questo castello distrutto, per ricominciare a ri-viverlo in una modalità nuova e più sopportabile per lei.
Dott.ssa Petrone
psicologa, psicoterapeuta, sessuologa clinica - Napoli