Il ruolo del Counselor nelle nuove frontiere della Psicologia Clinica e il Counseling in Antropologia Personalistica Esistenziale

La formazione psicologica nell’Università italiana

 

La Psicologia come disciplina scientifica autonoma risale al 1879, quando Wunt aprì il  primo laboratorio a Lipsia, anche se, come tutte le scienze, ha radici filosofiche.

In Italia il contesto di crescita accademico e quello professionale non sono stati omogenei e questa impresa è risultata estremamente faticosa.

 

  • 1906 prima cattedra a Roma nella facoltà di Medicina risieduta da De Sanctis e contemporaneamente Colucci a Napoli e  Kiesow a Torino.

 

 

  • 1943 due cattedre: una a Roma, nella facoltà di Medicina (Mario Ponzo) e una a Milano, nella facoltà di Lettere e Filosofia (Agostino Gemelli)

 

 

  • Nel dopoguerra, in ambito accademico dominava la psicologia scientifica mentre si sviluppava, nel contesto delle aziende, la psicologia applicativa. Si iniziavano a diffondere anche le prime esperienze di psicoterapia a carattere prevalentemente psicoanalitico.

 

 

  • 1971 istituzione dei primi corsi di Laurea: a luglio nella facoltà di Magistero a Roma e a novembre nella facoltà di magistero a Padova.

 

  • L’istituzione dei corsi di laurea in  Psicologia dette inizio alla promozione delle  battaglie finalizzate alla creazione di un albo professionale  e alla modifica dell’ordinamento agli studi in una direzione maggiormente professionalizzata

 

  • Gli anni 70’ e 80’ furono comunque caratterizzati dalla nascita di scuole di psicoterapia private perché a livello didattico universitario non esisteva una vera e propria facoltà che preparava a questa disciplina in campo professionale.

 

  • Nel 1989,  venne promulgata la legge n.56 che istituì l’albo professionale e che definisce e regolamenta la professione di psicologo.

 

  • Solo nel 1991 fu istituita la prima facoltà di Psicologia a Roma e nel 1992 istituzione della facoltà di Psicologia a Padova.

 

  • Nel 1992 vennero emanati due decreti, relativi  alle norme e sul tirocinio post lauream per l’ammissione all’esame di Stato e sull’esame di Stato post lauream che consentiva l’iscrizione all’albo degli psicologi e di conseguenza l’esercizio della professione. All’ articolo 3 viene regolamentata la psicoterapia per preservare la formazione alla psicoterapia dalla “pratica selvaggia” di psicologi formati in modo inadeguato. In qualche modo la Legge 56/89 attribui alle scuole private di psicoterapia riconosciute dallo stato un ruolo vicariante alla mancanza della formazione universitaria.

 

  • Nell’anno accademico 2001-2002 è entrata in vigore la riforma dei corsi di laurea in Psicologia che prevedono un primo livello di base e un secondo livello di specializzazione.

 

 

Riconfigurazione delle classi di laurea e dei settori scientifico disciplinari nelle facoltà di Psicologia in Italia e l’identità della Psicologia Clinica

 

Nella grande riforma avvenuta nel 2001/2002 oltre alla definizione dei livelli di studio ci fu la riconfigurazione dei settori scientifici disciplinari.

Nelle facoltà di Psicologia, la disciplina della Psicologia Clinica che, parallelamente alla crescita della Psicologia, aveva tentato di ridefinirsi più volte nel tentativo di darsi un’identità propria relativa ai campi e alle modalità di intervento, venne inquadrata nel settore scientifico disciplinare M-PSI/08.

Il termine “clinico” deriva da più parole greche a partire da “letto”, poi “chi visita un malato a letto” fino a “ scienza medica, arte clinica”.

Una particolarità della Psicologia Clinica è che ha avuto nel suo sviluppo, apporti da eventi anche esterni alla Psicologia stessa. La storia dello sviluppo della Psicologia Clinica ha origini sostanzialmente recenti e solo da poco tempo ha raggiunto una maggiore visibilità, grazie a società di medici che si muovono per valorizzare un’identità propria della Psicologia Clinica.

 

  • La psicologia Clinica intesa come Galassia dell’Universo “Psicologia”

 

Nel suo libro: “Le attuali frontiere della Psicologia Clinica”, il prof. Mario Fulchieri (professore Straordinario di Psicologia Clinica presso la Facoltà di Psicologia dell’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara) nel tentativo di identificare questa disciplina come autonoma e, allo stesso tempo, complementare ad altre discipline, fa una metafora del sistema astronomico delle galassie.

Egli spiega in questa metafora che così come succede all’Universo, anche le possibilità evolutive sono infinite e che “qualcosa” farà continuamente cambiare le Galassie contenute in questo Universo che è la Psicologia.

In questa metafora, i vari settori scientifico disciplinari della Psicologia rappresentano le Galassie che non sono altro che un insieme di stelle. Una di queste Galassie è la Psicologia Clinica che è autonoma. Come tutte le Galassie, contiene in sé il suo Sole, i Pianeti e satelliti, le Costellazioni, le Nebulose e i Buchi Neri.

I Pianeti rappresentano i nove assunti fondamentali condivisi  universalmente.

Le Costellazioni rappresentano sei macroparadigmi che raggruppano ognuno quei paradigmi con affinità comuni come l’assunto di base, gli scopi, il processo terapeutico e le tecniche operative.

La Nebulosa è rappresentata dal pericolo di frammentazione rispetto alla vastità e molteplicità di contenuti e metodologie che potrebbero assoggettarsi ad altri settori, oppure qualificarsi separatamente come il tutto. Ogni petalo (per utilizzare un’altra metafora) finge di essere tutta la rosa.

I Buchi Neri si possono identificare nelle varie componenti medico-psichiatriche e psicologiche che essendo ancorate a visioni ideologiche in maniera drastica e dogmatica, si sono prima poste ai confini della Psicologia Clinica e poi si sono allontanate definitivamente migrando in altre galassie.

Ho lasciato per ultimo la descrizione del Sole in questa metafora perché è quella che mi interessa per descrivere come e dove è collocata la figura del Counseling in questa Galassia che è la Psicologia Clinica.

Il Sole ci fa pensare alla luce, al calore, ad una energia che accomuna tutti coloro che hanno la passione, la vocazione verso la dimensione della sofferenza umana. Come un istinto a prestare aiuto. Nel Sole di questa Galassia abbiamo quindi tutte le Halping profession. Naturalmente sono diversi gli obiettivi e le tecniche di intervento.

Abbiamo 3 istanze fondamentali che raggruppano varie professioni d’aiuto:

 

  1. Istanza pscico-sociale-pedagogica che non è rappresentata in ambito prevalentemente psicologico clinico ma più negli ambiti della ricerca-educazione-prevenzione ma che costituisce, comunque, una forte spinta rispetto alla decisione di operare per aiutare. In questa istanza aiutativa abbiamo: Assistenti Sociali-Animatori-Educatori-Infermieri-Insegnanti di sostegno-Consulenti vari. Queste professioni sono orientate verso obiettivi che possono essere: l’apprendimento, la riabilitazione, la soluzione dei problemi ma allo stesso tempo realizzano obiettivi psicologici secondari.

 

  1. Istanza Riparativa che è rappresentata dalle professioni d’aiuto come il Counseling e da chi pratica le Terapie brevi. Sono professioni che hanno come obiettivo quello di ripristinare le modalità di adattamento precedenti alla crisi e a favorire il processo di crescita attraverso precise metodologie. Stabiliscono con il Cliente una relazione d’aiuto.

 

  1. Istanza Terapeutica che è rappresentata da quelle professioni che operano, tra i possibili ambiti di intervento, in quello sanitario e in particolare in quello delle psicopatologie. Una sorta di passione per la “follia”. Stabiliscono con il paziente un’alleanza terapeutica fondata sul paradigma relazionale.

 

Le persone che scelgono una helping profession hanno in se tutte queste istanze dove però ne prevale una sulle altre.

 

 

Dall’igiene mentale alla salute mentale

 

Il concetto di salute negli ultimi anni si è modificato perché i cambiamenti, mai così veloci come in questo periodo storico, sia in ambito familiare ma anche sociale, hanno favorito l’affiorare di problematiche sempre più complesse che però non possono sempre essere definite come psicopatologiche. C’è un’attenzione che va verso il disagio, il malessere psicologico e la qualità della vita. I cambiamenti, inevitabilmente, condizionano sia il rendimento ma anche il coinvolgimento negli ambiti familiare, sociale e lavorativo. Quindi il termine “igiene mentale” va sempre più sostituito da quello di “salute mentale” che è inteso come punto di arrivo dopo una serie di pratiche, di modelli ma anche di culture che favoriscono l’integrazione e il benessere individuale e collettivo.

Questa attenzione ha determinato un cambiamento di ottica nella Psicologia Clinica e anche se non c’è stato un abbandono della dimensione tipica di questa disciplina che è clinico-terapeutica, quest’ultima componente principale si è ridimensionata favorendo una crescente attenzione verso i gruppi e le relazioni comunitarie-familiari. Lo scopo è quello di favorire la qualità delle risorse umane, di rinforzare le dinamiche personali e collettive, di mobilitare le energie presenti a livello personale e comunitario. Ci si occupa quindi non solo della malattia ma soprattutto della sofferenza che non è presente soltanto nello stato psicopatologico ma anche in altri stati che non sono dei veri e propri disturbi psicologici o malattie mentali.

Per chiarire questo concetto e quindi chiarire anche gli ambiti di intervento della figura del Counseling farò una breve descrizione dei vari stati psicologici e il relativo grado di sofferenza.

Lo stato a cui tutti noi esseri umani tendiamo è la condizione di benessere psichico. Con tale termine si intende non un’assenza in assoluto della sofferenza ma un buon livello di soddisfazione dei bisogni, della qualità della vita ed anche un essere in equilibrio, avere la serenità e accettarsi sia individualmente che nel sociale.

Quando la persona non si sente più serena e la sofferenza rispetto alle difficoltà della vita provoca un certo disagio, possiamo parlare di disagio psichico. In questo stato non appare nessun sintomo specifico ma non si è più sereni. È una sorta di sofferenza dell’animo che fa sentire la persona inquieta, frustrata, aggressiva o triste.

Il malessere psichico presenta un livello di intensità della sofferenza più elevato di quello presente nel disagio e la persona diventa consapevole di non stare bene. Anche qui non sono presenti sintomi psicopatologici ma c’è tensione, stanchezza e anche dolore a volte localizzato nel corpo accompagnato da sensazioni cenestetiche.

Nel disturbo psichico, il disagio e il malessere sono accompagnati da sintomi clinici ed è per questo che si dice che la sofferenza si “clinicizza” e compaiono delle specifiche manifestazioni psicopatologiche.

Nella malattia mentale cronica, il disturbo si “stabilizza” perché le alterazioni mentali o del comportamento perdurano nel tempo ed è collegata all’assenza o all’ineguatezza delle cure.

 

Partendo da questi stati diversi e dal grado di sofferenza in essi contenuti, possiamo cominciare a delineare la differenza tra l’intervento dello Psicoterapeuta e quello del Counselor.

La psicoterapia è il trattamento con mezzi psicologici di problemi di natura psichica. Il professionista qualificato instaura una relazione professionale con il paziente con lo scopo di rimuovere o attenuare i sintomi, mediare il comportamento disturbante e promuovere la crescita e lo sviluppo positivi della personalità.

Il Counseling si rivolge a persone sane che hanno difficoltà ad affrontare da sole un particolare periodo di crisi che ha fatto perdere loro quello stato di buon livello di soddisfazione dei bisogni e della qualità della vita. Persone che non presentano sintomi psicopatologici ma che sentono un certo grado di sofferenza rispetto alla crisi di quel momento e che da sole non ce la fanno a ripristinare quell’adattamento precedente alla crisi. Il counselor, di solito, non attua un intervento direttivo ma instaura, con il cliente, una forma di relazione d’aiuto che migliora il benessere individuale.

 

Da questa differenza possiamo dire che il grado della  della sofferenza e la presenza o meno di sintomi che l’utente presenta è importantissima per il counselor per decidere se prendere in carico o rimandare ad altro professionista  il caso in questione.

Tornando al concetto dei veloci cambiamenti di questo secolo, anche il servizio pubblico si è aziendalizzato e ciò ha comportato mutamenti nella relazione tra l’operatore e l’oggetto del suo operare. Abbiamo il paziente come colui che soffre, l’utente come colui che usa e il cliente come colui che stabilisce una relazione. Nell’incontro con il paziente-utente-cliente, le varie professionalità attuano interventi con nuove tecniche che sono centrate sia sull’individuo ma anche sui gruppi e le comunità.

In generale si ridefinisce tutto continuamente e quindi si è avviato un processo che ha spostato l’attenzione dalla malattia, dal sintomo, dalla disabilità a quelle che possono essere le potenzialità, le risorse e tutte le valenze positive della persona, favorendo l’emergere di questa nuova figura che è il Counseling.

Proprio rispetto alla differenziazione della diagnosi si possono esplicare interventi non diretti esclusivamente al disturbo psichico e alla malattia mentale, che presentano, come abbiamo detto, sintomi prettamente psicopatologici. E  questi interventi possono essere affidati al Counselor e possono essere sicuramente validi ed efficaci.

L’”occhio clinico” e la classificazione  hanno lasciato il posto ad uno sguardo più relazionale dove non c’è più una sorta di pessimismo ma la capacità di ridefinire i progetti nelle varie relazioni d’aiuto e terapeutiche.

Questo processo, utilizzando il paradigma evolutivo, è iniziato già da molto tempo. Ad esempio nel 1974 Messini dice che la moderna attività clinica ha nuove e attuali caratteristiche che sono: diagnosi, eziologia e cura.

La diagnosi non solo come inquadramento in categorie nosologiche ma come l’identificazione della manifestazione del disagio e della sofferenza; l’eziologia non più come ricerca dell’agente patogeno ma come ricerca dei fattori nocivi in una dimensione olistica; la cura non più come somministrazione di prestazioni ma come programma condiviso da paziente e terapeuta. La cura più come difesa, protezione e tutela della salute umana.

Tutto ciò si riflette con un risvolto formativo, dalla famiglia alla scuola, dall’infanzia alla terza età, dove varie agenzie strutturate o volontarie mediano tra gli individui e i servizi sociali. Ciò però comporta un’attenzione nella formazione degli operatori.

Oggi sembra voler primeggiare l’esperienza di sopravvivenza, soprattutto nelle nostre società occidentali, contro l’esperienza di esistenza. Questo comporta una sorta di vita fittizia e quindi si può incorrere in profonde crisi conflittuali perché il cambiamento, le rotture, le perdite verranno vissute come esperienza di catastrofe.

 

Il Counseling-cenni storici

 

Le due componenti che sono legate alla nascita e all’evoluzione del counseling come intervento professionale d’aiuto distinto dalla psicoterapia sono:  il suo sviluppo all’interno del sistema educativo e il suo ruolo nel settore del volontariato.

Rispetto alla componente sviluppatasi nel sistema educativo, possiamo citare Adler come uno tra i primi che pose l’accento sull’importanza di agire sulla strutturazione della personalità in contesti di maggiore influenza come la famiglia e la scuola.

Le affermazioni di Adler si contrapponevano ai modelli educativi cristallizzati in posizioni ideologiche dogmatiche. Il periodo viennese (1920-1930) è caratterizzato dall’istituzione di “uffici di consulenza” dove gli interventi possono essere, in parte, definiti di counseling e che furono in seguito visti come modelli negli Stati Uniti rispetto all’aiuto orientativo per i giovani che presentavano difficoltà scolastiche ( Whiteley, 1980).

Nel settore del volontariato ritroviamo radici ancora più profonde del counseling perché essi si proponevano di fornire ascolto e sostegno in molteplici “aree di crisi”, quali possono essere il lutto, la violenza sulle donne e sui bambini, l’omosessualità ed altri temi sociali che potevano indurre l’essere umano a mettere in crisi il proprio stato di benessere psichico. Importante da citare sono le iniziative della National Marriage Guidance Council, la più grande agenzia di counseling per single della Gran Bretagna che si costituì negli anni ‘40 da un gruppo di volontari. Essi intendevano contrastare i problemi che la guerra portava al matrimonio e possono essere considerati i pionieri degli operatori nell’ambito delle problematiche di coppia e genitoriali.(Lewis 1992).

Se da una parte queste radicate tradizioni, nel settore educativo e del volontariato, hanno contribuito allo sviluppo del counseling nell’ambito del disagio sociale, dall’altra parte hanno anche contribuito allo sviluppo di un settore “non-professionale” che non ha facilitato al counseling l’acquisizione di una chiara identità e comunque ben definita che ancora oggi risulta ambigua rispetto ai rapporti sia con la psicoterapia da un lato e con la più vasta area dell’aiuto dall’altro lato.

Nel 1939 con la pubblicazione del testo di Rollo May : “l’arte del counseling”  questa comincia ad assumere le caratteristiche specifiche di una forma di intervento d’aiuto, condotto da professionisti nell’ambito sociale e sanitario. Questo testo contiene le lezioni e le esperienze svolte da Rollo May all’Università del Michigan. Lezioni ed esperienze in qualità di “psicologo non medico” dove Rollo May oltre ad insegnare, interveniva anche come consulente psicologico con gli studenti e supervisionando le attività degli stessi studenti.

Senza ombra di dubbio, però, l’influenza più importante e significativa dello sviluppo di questa pratica, si deve a Carl Rogers (1942), il quale elaborò le tecniche non direttive di counseling. Queste tecniche confluirono dapprima nella “terapia centrata sul cliente” e poi nella “terapia centrata sulla persona”.

Possiamo, quindi considerare Rogers, insieme a Maslow ( con la sua piramide dei bisogni)e Rollo May uno dei principali fondatori dell’approccio umanistico, basato sulla concezione dell’unitarietà dell’individuo inserito nella dimensione relazionale. Oltre a questo Rogers è considerato il fautore di una vera e propria rivoluzione nell’ambito dell’aiuto perché elaborò, pur essendo un esponente della classe medica, un modello di intervento che consentiva, per la prima volta, di superare il limite a quei tempi posto agli psicologi non-medici di occuparsi solo ed esclusivamente di psicometria e psicodiagnostica( Fulchieri, Accomazzo 1999).

Sia Carl Rogers che Abe Maslow ma anche Rollo May, all’inizio della loro carriera avevano, singolarmente frequentato conferenze o seminari tenuti da Adler affermando  solo più tardi di avere imparato molto da lui:

ho avuto il privilegio di incontrare, ascoltare, osservare il Dott. Adler nell’inverno 1927; abituato com’ero all’approccio Freudiano, fui profondamente impressionato dal modo diretto e illusoriamente semplice che il Dott. Adler usava per mettersi in relazione con il bambino e il genitore e impiegai un po’ di tempo per rendermi conto di quanto avevo imparato da lui”(Rogers 1970)…  “Per me le idee di Alfred Adler divengono sempre più attuali con il trascorrere degli anni…e i fatti lo dimostrano, dando un sostegno sempre più forte alla sua immagine dell’uomo…io direi che i tempi, in un certo senso, non hanno ancora riconosciuto tutta la validità del suo lavoro e nel dire ciò mi riferisco soprattutto alla sua impostazione olistica” ( Maslow 1973)…. “In particolare questo libro è debitore della saggezza penetrante e umile di Adler” (May, 1989)

Anche un altro studioso, il medico e psicologo Rudolf Dreikurs  si impegno in particolare a diffondere il pensiero di Adler di cui era stato allievo a Vienna. Negli anni ‘40 iniziò una collaborazione tra Dreikurs e Rogers  che permise loro di istituire, nel 1945, il primo “ Centro di Counseling”, con finalità didattico formative.

Dreikurs si dedico sia ai corsi di psicoterapia a indirizzo adleriano che a scuole sperimentali di specializzazione in counseling.

Nel 1943 venne riorganizzata l’American Psychological Association e nel nuovo statuto compaiono 19 divisioni interne tra le quali abbiamo la divisione 17: Division of  Personnel and Guidance che nel 1946 cambiò nome in Division of Counseling and Guidance, favorendo il riconoscimento ufficiale del counseling come intervento professionale distinto dalla psicoterapia e dal social work. Nel 1951 la Divisione 17 viene battezzata come Division of Counseling Psychology e pochi anni dopo si istituì come struttura parallela allAmerican Psychological Association come: American Association of Counseling Development. Attualmente prevede 4 aree di interesse: Diversità e Pubblico interesse, Educazione e Formazione, Pratica Professionale, Affari Scientifici.

In Europa il Counseling così strutturato comparirà in particolare in Gran Bretagna alla fine degli anni ‘50. Venne promosso prima da agenzie territoriali: ambulatori, consultori e centri giovanili e poi ha finito per coprire altre aeree con problematiche esistenziali, riguardanti la salute, la scuola, il lavoro, la vita di coppia ecc.

Con la costituzione dello Standing Cuncil of the Advancement of Counseling nel 1971, in Gran Bretagna viene ufficializzata la pratica professionale del Counseling.  Lo SCAC venne poi ridefinito nel 1976 come British Association for Counseling (BAC).

Negli anni ‘80 la disoccupazione giovanile e nuove problematiche annesse a questa condizione, favorirono una crescita tumultuosa e disordinata di varie pratiche di sostegno e per tentare di risolvere i problemi annessi a questa confusione negli Stati Uniti si è cercato sia di rendere autonoma questa professione ma anche di individuare specifici percorsi formativi. Attualmente negli Stati uniti, la formazione al counseling viene effettuata a livello universitario attraverso master o diplomi di specializzazione post-lauream che sono aperti a qualunque tipo di laurea.

Gli Anglossassoni, diversamente da quanto è accaduto negli Stati Uniti, hanno avuto di più il bisogno di definire il counseling ma hanno anche continuato a considerare in maniera positiva la diversa provenienza dei counselors.

In Gran bretagna la BAC si è ridefinita come BACP (British Association for Counseling and Psychotherapy) per ovviare e sottolineare che si costituisce come “un movimento teso a chiarificare le differenze, sia formative sia applicative, tra due specifiche professioni dell’aiuto e cioè il counseling e la psicoterapia” (Di Fabio, 2002).

 

il counseling nel nostro paese

 

Il contesto socio-politico e culturale italiano fin verso la fine degli anni ‘60 ha reso difficile la riflessione sulla professione del counseling e quindi il suo sviluppo è avvenuto sostanzialmente in ritardo rispetto ai paesi anglosassoni.

Durante la crisi del movimento antipsichiatrico, gli psichiatri organicisti privilegiarono i trattamenti psicofarmacologici e altri più aperti si sono trovati di fronte a moltissimi approcci con finalità psicoterapeutica tra cui il counseling che non è sempre stato distinto dalla psicoterapia breve o di sostegno.

Uno dei primi ambiti dell’uso indifferenziato del termine di counseling è stato il campo socio-sanitario che, proprio rispetto all’evoluzione del concetto di salute già accennato in precedenza, dettero vita ai Consultori Familiari. Questi consultori si trovarono di fronte problemi emergenti nell’ambito delle famiglie (la legalizzazione dell’aborto), della coppia (legalizzazione del divorzio), dell’inserimento lavorativo ecc., e tutto questo senza il sostegno di figure professionali preparate e riconosciute.

Negli anni ’80, le ripercussioni a un livello psicologico che l’AIDS provocò sugli infettati e le loro famiglie, determinarono l’impegno a realizzare corsi centrati sul counseling ai quali parteciparono operatori con diverse professionalità come medici, psicologi, assistenti sociali, infermieri, operatori delle associazioni di volontariato, in pratica tutti coloro che erano coinvolti nelle numerose e nuove problematiche che, inevitabilmente, affiorarono rispetto a questa malattia infettiva.

Nel 1989 con l’approvazione della legge 18 febbraio 1989, n.56 sulla psicoterapia che escludeva il counseling dall’area della psicoterapia, si determinò l’esigenza di una ridefinizione del counseling.

In Italia, a differenza degli altri paesi, la formazione in counseling  non ha percorsi formativi statali ma esistono enti private per chi vuole accedere a tale formazione, che sono costituite da corsi specifici aperti anche ad operatori sociali di diverse estrazioni e non esiste un ruolo attivo dell’ Università che promuova il raggiungimento degli obiettivi professionalizzanti.

Le varie scuole di counseling nel nostro paese che sembrano garantire buoni livelli didattico formativi sono: il counseling adleriano, junghiano, psicodinamico a orientamento psicoanalitico, rogersiano, sistemico, gestaltico, transazionale, comportamentista, cognitivo e cognitivo comportamentale, esistenziale.

All’area del counseling esistenziale viene collocato il counselin in Antropologia Personalistica Esistenziale: “ attraverso l’elaborazione di temi della vita e della morte, il counselor esistenziale si propone di aumentare la consapevolezza di sé da parte del cliente (il suo essere), esorcizzando, così, il pericolo della perdita di identità (il non essere); particolare importanza viene assegnata all’autenticità della relazione, come elemento di base necessario per poter aiutare i soggetti a scoprire le proprie doti nascoste e per far si che rafforzino le loro volontà e capacità di autodeterminarsi (Meier e Davis, 1993).

 

 

Il counseling in Antropologia Personalistica Esistenziale

 

Come si può facilmente notare, le denominazioni delle varie scuole di counseling richiamano scuole di orientamento vari e specifici paradigmi psicologici.

Rispetto all’area prettamente Esistenziale possiamo dire che la Psicoterapia Analitica Esistenziale è nata in Europa e, poi, negli Stati Uniti d'America negli anni ‘30 come evoluzione del pensiero freudiano,  e dell'Esistenzialismo Europeo del pensiero di Ludwig Binswanger che aveva applicato nella clinica quella esperienza che oggi conosciamo come “l'analisi psichiatrica dell'esistenza ''. Sia l’orientamento psicodinamico che quello fenomenologico hanno contribuito all’evoluzione della Psicologia clinica. Binswanger è stato il padre della psichiatria fenomenologica, perché sottolineava che l’analisi fenomenologica è da intendersi come l'accurata descrizione delle “esperienze intrapsichiche”. Questo nuovo atteggiamento della psichiatria moderna si richiama all’ontologia fondamentale di Martin Heiddeger alle applicazioni cliniche di Medard Boss (Psicoanalisi e analitica dell'esistenza), fino ad incontrarsi col pensiero sociologico di Erich Fromm e quello personalistico esitenziale di A. Mercurio.

In Italia, la Psicoterapia Analitica Esistenziale è stata sviluppata dal Prof. Antonio Mercurio attraverso la Metapsicologia Personalistica Esistenziale che ha, come metodologie di intervento, la Sophia-analisi, la Sophia-art e la Cosmo-art e che  risponde alla consapevolezza del fatto che oggi il disagio psichico ed il disagio esistenziale non possono essere affrontati separatamente l'uno dall'altro, perchè questa sarebbe una parziale soluzione o addirittura un fallimento. Infatti l’Io Psichico della  metapsicologia personalistica mercuriana contiene tutte le istanze già descritte da Freud: Es, Io e Super Io. Come già descritto dalla psicoanalisi, queste istanze contenute nell’Io Psichico sono determinate e non sono dotate di libertà. A queste istanze, che Mercurio non rinnega, nella sua metapsicologia personalistica, ha aggiunto l’esistenza di un Sé Personale anch’esso determinato. Ma se l’Io Psichico è determinato a perseguire un progetto distruttivo che ha radici nelle ferite ricevute da figure parentali e in particolare dai genitori, il Sé è determinato a perseguire un progetto esistenziale costruttivo insito in ogni Persona già prima di ricevere reali o fantasmatiche ferite. L’Io corporeo è un’altra istanza molto importante aggiunta da Antonio Mercurio perché il corpo “parla” e ci dice  attraverso il proprio benessere o la malattia se stiamo seguendo il nostro vero progetto di Vita costruttivo o comunque se stiamo seguendo una vita reale o fittizzia. Un’altra istanza nella metapsicologia mercuriana è l’Io Persona ed è l’unica istanza dotata di libertà. Grazie a questa libertà l’Uomo può scegliere e decidere se realizzare il proprio progetto distruttivo piuttosto che quello costruttivo e viceversa. 

Oggi possiamo verificare scientificamente come la visione della realtà, e tanto più dell'uomo si fonda sulla consapevolezza dell' interrelazione ed interdipendenza di tutti i fenomeni: fisici, biologici, psicologici, sociali e culturali. È da tale considerazione olistica della vita e dell'uomo che la Psicoterapia Analitica Esistenziale con  Sophia-analisi, la Sophia-art e la Cosmo-art (ancor prima che cambiasse l’ottica della Psicologia Clinica che è passata dal concentrarsi eslusivamente sulla patologia a considerare più fenomeni dell’essere umano) intendono promuovere l'attuazione consapevole della "cornice" concettuale di uomo capace di unificare armoniosamente le molteplici identità di cui è composto e che ha definito Persona e Artista della propria Vita.

Persona nel suo progetto di dare un senso alla vita e Artista nella direzione della realizzazione della propria Vita come un’Opera d'arte. La Metapsicologia Personalistica Esistenziale parte dall'analisi dell'inconscio e dalla globalità dell'esserci, cercando di non tralasciare le modalità necessarie a liberare la Persona da quei condizionamenti esterni ed interni, consci ed inconsci che impediscono l'incontro con il Sè (il centro dell'essere dell'uomo, il principio paterno dentro), presupposto indispensabile al realizzarsi libero e responsabile della Persona totale.

Ma l’Antropologia Personalistica Esistenziale, oltre ad offrire un valido sostegno per un percorso psicoterapeutico (in Abruzzo è attiva una scuola di formazione all’interno dell’ Istituto di Psicoterapia Analitica e di Antropologia Esistenziale, una scuola quadriennale di specializzazione in Psicoterapia Analitica Esistenziale diretta dal dott. Domenico Romagnoli e riconosciuta dal Miur D.M. dello 04.12.06) è anche una disciplina che offre molteplici punti che aprono ad un approccio basato sulla relazione d’aiuto e quindi alla professione di counselor.

A questo proposito riporto alcune parti della descrizione del counselor antropologico esistenziale fatta dal Prof. Bruno Bonvecchi  nella sua relazione presentata al convegno che si è tenuto a Roma il 6 ottobre 2010: “ La professione di counselor: identità e confini”. La relazione di Bonvecchi (referente per l’area antropologico esistenziale nella FAIP ) ha come titolo “Il Counselor, maestro nell’Arte di Vivere”:

 Il Counseling Antropologico Esistenziale considera i singoli individui secondo un approccio globale ed olistico, centrandosi  soprattutto sulla loro dimensione spirituale ed artistica, nelle quali  risiedono la progettualità, la libertà e la decisionalità responsabile.

Il Counselor Antropologo Esistenziale è una PERSONA che fa diretta esperienza di tutto ciò che ho esposto prima nell’ambito del proprio percorso formativo.  Ne acquisisce specifica competenza, impara per gradi a realizzare un agire saggio applicandolo al suo  divenire esistenziale per poterlo poi  trasmettere ad altri. Ciò farà emergere sempre più la bellezza della vita propria ed altrui con la scoperta di nuove vie  per trasformare il disagio, per comporre i conflitti, per rimuovere gli ostacoli come occasioni preziose per una crescita evolutiva ed una salutare trasformazione. Il Counselor non opera sui disturbi del comportamento e sulle patologie di ogni genere,  non agisce per il cambiamento strutturale della personalità o in tutte quelle situazioni disturbate che sono invece di  specifica competenza  di altre professioni.  E’ fondamentale che non si consideri né un salvatore né un guaritore di chicchessia.

I CAMPI e gli STRUMENTI di intervento del counseling antropologico sono:  Counseling individuale,  Group Counseling,  School counseling, Counseling per la  coppia, per la famiglia, per le problematiche del lavoro, ed altro ancora.  Il nostro Counselor ha costantemente presente che le crisi, gli ostacoli, i conflitti ed il malessere sono segnali e  stimoli che la Vita  invia per aiutare a decidere di fare le trasformazioni  necessarie al  divenire  Persone sempre più  libere e creative,  persone che sono alla ricerca di  un “più essere”.  E’ importante vivere per sperimentare la gioia del vivere oltre che per il piacere di vivere.  La gioia di vivere  passa attraverso l’acquisizione e l’accettazione del dolore come fonte di energia utile alla realizzazione del proprio compito e del proprio originale progetto esistenziale.

L’Antropologia Personalistica Esistenziale considera il  Counselors come un professionista  ed una guida esperti “nell’arte di vivere”. E’ un’arte  che fa riferimento alle Leggi della vita che sono inscritte nella saggezza profonda dell’essere umano così come  nella saggezza dei popoli. E’ un’arte frutto del saper fluire con la vita lavorando sulla consapevolezza, sulla libertà responsabile, sulla conoscenza di sé e del proprio progetto esistenziale. E’ un’arte che induce a rinunciare a concepirsi interamente  vittime di eventi e di situazioni per far recuperare risorse sconosciute e potenziali creativi  inespressi. E’ un’arte che allena ad un agire finalizzato a creare Bellezza nella propria vita e nella vita di chi vive accanto ad ognuno noi. A chi si lamenta spesso del proprio partner si può, per esempio, consigliare e poi chiedere:”Fermati e rifletti. E’ maggiore il male che ti viene dall’altro o quello che tu fai a te stesso?”( Bruno Bonvecchi 2010)

             

Da questa chiara descrizione di Bruno Bonvecchi sia rispetto alla professione del counselor antropologico esistenziale che ai campi come degli strumenti di intervento del counseling Antropologico Esistenziale,  possiamo notare che soddisfa ampiamente i criteri della figura del counselor in generale indicate dall’ O.M.S.(Organizzazione Mondiale della Sanità):  “…la salute non è solo assenza di malattia, quanto, piuttosto, uno stato di benessere globale che investe la sfera fisica, mentale, sentimentale e sociale”, vale a dire una condizione in cui l’individuo si sente pienamente soddisfatto della propria esistenza”.
L’O.M.S. è dell’avviso che sia necessario facilitare le relazioni e la comunicazione, nella loro forma più ecologica, attraverso l’aiuto di veri e propri consiglieri (counselors ), figure già da tempo esistenti e ampiamente riconosciute professionalmente nei paesi anglosassoni.

La formazione in vari istituti della Sophia Universiry of Rome  del Counselor  è partita da principio dall’I.P.A.E. di Cosenza del quale istituto sono direttori Bruno Bonvecchi ed Ombretta Ciapini,  è poi potuta realizzare in altri istituti associati alla S.U.R. che sono stati  riconosciuti dalla F.A.I.P (Federazione di Associazioni Italiane di Psicoterapia) che è membro dell’ EAC (European Association of Counseling), come idonee alla formazioni del counselor Antropologico.

Ciò che distingue di questo  percorso formativo da altre scuole di counselor è lo studio dell’Antropologia Personalistica Esistenziale di Antonio Mercurio, e in particolare i principi della Antropologia Esistenziale, la Metapsicologia Personalistica Esistenziale, la Teoria della Persona.

L’attività del Counseling  in generale è un incontro in cui il counselor instaura una relazione di aiuto che non è direttiva. In questa relazione, si creano quelle condizioni per una relazione di crescita andando a ripristinare quell’adattamento precedente alla crisi e accompagnando la Persona verso il naturale orientamento al principio di realtà e di responsabilità.

Il Counseling in A. P. E. è un intervento breve e mirato a problemi emotivamente significativi che siano circoscritti e legati ad un contesto, come le relazioni familiari, le relazioni di coppia, il disagio esistenziale, problemi di studio e di lavoro.

Il Corso nelle scuola di formazione in counseling Antropologico Esistenziale è indirizzato anche a chi opera con ruoli specifici nell’area della formazione e dell’assistenza socio-sanitaria: infermieri , fisioterapisti , dietisti , naturopati , educatori , operatori sociali , operatori psicopedagogici , insegnanti , responsabili di comunità e manager al fine di prevenire il disagio legato a condizioni ambientali ed esistenziali sfavorevoli. Per i motivi suddetti il Programma di Formazione prevede anche una adeguata conoscenza del Linguaggio Corporeo , della Gestione delle Emozioni e delle Dinamiche della Comunicazione

 

Bibliografia

  • Le attuali frontiere della Psicologia Clinica”,di Mario Fulchieri
  • Il curriculum formativo in Psicologia Clinica” di Mario Fulchieri e Maria Cristina Verrocchio
  • Antropologia Esistenziale e Metapsicologia Personalistica di Antonio Mercurio
  • Gli Ulissidi” di Antonio Mercurio
  • Ipotesi su Ulisse” di Antonio Mercurio
  • Relazione “Il Counselor, maestro nell’Arte di Vivere” al di Bruno Bonvecchi al Convegno: “LA PROFESSIONE  di  COUNSELOR: IDENTITÀ e CONFINI” 

commenta questa pubblicazione

Sii il primo a commentare questo articolo...

Clicca qui per inserire un commento