Il rapporto tra individuo, società ed istituzioni

Il sociologo canadese Erving Goffman, teorico dell’interazione simbolica, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, ha analizzato il rapporto fra soggetto, società e istituzioni a partire dalle interazioni che si stabiliscono nella vita quotidiana.

 L’agire umano, secondo l’autore è dettato da diverse situazioni in cui di volta in volta ci troviamo, ciascuna delle quali richiede comportamenti definiti da regole sociali precise su cui essi si modellano .

Il comportamento umano è dettato non tanto da decisioni razionali o morali, bensì alla ritualità, al ruolo che ricopriamo e all’adeguarsi alla situazione contingente. Per descrivere ciò,  Goffman si serve della metafora del teatro: la vita sociale è una sorta di recita su diversi palcoscenici, in cui ciascuno interpreta ruoli distinti in diverse situazioni sociali, in virtù di vari aspetti come il particolare tipo di pubblico, l’impressione che vogliamo dare di noi stessi e lo scopo che ci prefiggiamo.

Impariamo così molti comportamenti convenzionali che esibiamo in diversi scenari.  Inoltre la vita sociale si divide in spazi di palcoscenico e di retroscena, cioè in spazi privati, in cui gli individui non recitano, identificabile con la dimensione autentica dell’uomo, e spazi pubblici in cui inscenano invece una precisa rappresentazione.

Nella letteratura italiana, l’autore che maggiormente tratta la difficoltà dell’uomo a vestire gli abiti che le etichette impongono è Luigi Pirandello.

Tutta la sua opera è incentrata sul conflitto interiore che l’uomo esprime attraverso linguaggio e comportamento, nella ricerca di un difficile equilibrio tra conscio e inconscio che spesso sfocia in una confusione di ruoli e in amari compromessi. Nulla esiste nella immutabilità e oggettività delle cose, ma l’uomo crea l’illusione di una identità, complessa e varia , vera per se stesso, ma non per gli altri, per i quali egli è costretto ad assumere una “forma” fissa, determinata e rigida, a darsi un tono coerente e sicuro, mentre nell’animo si agitano energie, volontà, sentimenti, impulsi che devono essere repressi. E se talvolta, stanco di rappresentare la sua parte, riesce a cambiar vita, si accorge presto che anche la nuova non è stabile poiché costretto sia da nuove convenzioni, sia da altre forze interiori, consapevolezze, stati d’animo, desideri che lo portano a costruire più personalità in un gioco di illusioni che creano realtà tanto instabili quanto la necessità di trovare la propria identità.

 L’autoinganno rappresenta di per sé il gusto e il piacere nella vita, ma la consapevolezza di un destino che condanna l’uomo alla finzione genera, secondo l’autore , una concezione di inesorabile pessimismo della concezione umana che si concretizza nel dolore e nella fatica di” vedersi vivere” che, a differenza del lasciarsi vivere, pone l’uomo in una situazione di estraneità rispetto agli altri, e, soprattutto, nella condizione di subire la propria esistenza.

Ma, se proviamo a dare una diversa chiave di lettura, riappropriandoci dell’aspetto ludico della vita, possiamo provare a ricoprire ruoli diversi in una continua ed affascinante sperimentazione di noi stessi. Ciò può rappresentare una sfida interessante che ci proietta in un’ evoluzione di equilibri interiori, pur consapevolmente impegnati ad adattarci alla società.

 

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Dott.ssaAntonella Buonerba

Psicologa - Salerno

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