Dott. Antonino Raneri

Dott. Antonino Raneri

Psicologo, Psicoterapeuta

Poca concentrazione

Buongiorno,
Vorrei avere un parere in merito a mio figlio di 5 anni. È un bambino molto vispo e dolce. Fino ai 3 anni abbiamo vissuto praticamente in simbiosi perché io ero a casa. Poi all'asilo c è andato poco e mal volentieri. Ha qualche problema a stare in gruppo, non riesce a socializzare. Spesso capita che all' asilo se ne stia da solo, da parte, non giochi con gli altri. Quando conosce un bambino ci mette parecchio a dare confidenza. Ma quando i bambini sono tanti, non riesce a fare gruppo e si isola. Mio figlio è un bambino allegro, parla benissimo, comincia a scrivere il suo nome. Manca un po' di concentrazione. Dopo poco che facciamo un attività un po' più complicata si stufa e si distrae. Spesso non ascolta cosa uno gli spiega. E alle prime difficoltà rinuncia quasi subito. Io sono molto preoccupata. Sia per la questione della socializzazione, perché ho paura che sarà un bambino solo o che gli altri isoleranno e che l anno prossimo a scuola non starà con gli altri. (è capitato che qualche bambino lo spingesse, gli tirasse i capelli o gli desse fastidio e lui non si difende). Sia per la questione della poca concentrazione. Sembra non esser interessato a nulla. Solo ai suoi soliti giochi, allora ci gioca per ore da solo. Non sa disegnare, fa solo righe e scarabocchi. Non so cosa pensare... Sono cose normali oppure c è qualche problema? Io vorrei aiutarlo soprattutto a superare l insicurezza, ad aver fiducia in sé stesso. Vorrei che non avesse timore a buttarsi in gruppo con gli altri. È anche vero che di bambini ne frequentiamo pochi e sempre uno per volta. Non so come comportarmi. Cosa posso fare per aiutarlo? E per la concentrazione? Grazie molte.

Gent.ma Sig.ra Alessandra,

Comprendo la preoccupazione per il futuro di suo figlio sia per la sua vita sociale sia per la sua vita scolastica futura.

C’è un dato da lei fornito che potrebbe essere importante: “fa solo righe e scarabocchi”; io le consiglierei come primo atto una valutazione neuropsicologica e/o neuropsichiatrica per fugare il dubbio di eventuali danni organici.

Successivamente, ma saranno già i colleghi, neuropsicologi e/o neuropsichiatri, a fornirle le adeguate informazioni, le consiglio di valutare con uno psicoterapeuta la dimensione relazionale familiare:

- Il bambino gioca con il padre?

- La famiglia ha delle relazioni con altre famiglie che hanno bambini?

- La relazione di coppia è stabile?

- Il bambino osserva i genitori relazionarsi con altre persone; osserva l’affettività tra papà e mamma?

Di solito i bambini che non frequentano l’asilo possono avere maggiori difficoltà a socializzare successivamente.

Tra l’altro sembra esserci uno stretto rapporto con la madre che dovrà gradualmente evolvere nel senso di favorire la crescente autonomia del bambino.

La madre deve imparare a passare dall’essere madre all’essere donna del padre al fine di permettere al figlio di vivere la frustrazione della rottura della simbiosi e l’ingresso nel mondo del padre, costituito dal senso del limite. Accettare che la vita non è perfetta, che non possiamo avere tutto, che dobbiamo imparare a condividere e a rinunciare ad avere tutto per poter avere con gli altri è necessario per lo sviluppo dell’autonomia. Spesso oggi i bambini rimangono intrappolati in relazioni simbiotiche che esitano, in età adulta, nell’incapacità di saper stare da soli (vero ingrediente di un uomo e una donna che hanno raggiunto l’autonomia) quindi tollerare la frustrazione ma anche la gioia di ciò che abbiamo.

Nella speranza di esserle stato utile porgo i miei più cordiali saluti.

dott. Antonio Raneri