I miei genitori non accettano che io abbia una relazione con un non credente.
Cari dottori, sono in una situazione davvero esasperante.
Ho 22 anni, vengo da una famiglia di cristiani e da ormai due anni sto con un ragazzo non credente.
A differenza dei ragazzi che ho sentito e frequentato in precedenza, con lui ho avuto tutte le mie prime esperienze, anche il mio primo rapporto sessuale, senza forzature, semplicemente perché volevo, perché sentivo e sento tutt'ora che lui è il ragazzo con cui vorrei passare la mia vita. È maturo e responsabile, cose che più di tutto mi hanno convinta a donarmi a lui.
Questo i miei non lo accettano, sanno che abbiamo avuto rapporti perché hanno invaso la mia privacy leggendo conversazioni private, perché avendo loro nascosto la relazione per un anno (sapevo che non volevano per me un fidanzato non credente e perciò volevo parlargliene quando la relazione sarebbe stata abbastanza solida, ma mi hanno battuta sul tempo e ancora non so come) non si fidano di me ed essendo i miei genitori hanno il diritto di vegliare su di me.
Da quando l'hanno saputo ovviamente il rapporto già complicato si è logorato, è come se avessi ucciso loro la vecchia me e in realtà io fossi un'assassina.
Lui continua a rimanermi accanto, con i miei che mi vietavano cose che le persone della mia età fanno da sempre, come star con lui e gli amici a capodanno, andare al mare insieme, o dormire a casa sua.
So che i miei lo fanno per proteggermi, ma ho 22 anni, ora lavoro e porto soldi a casa, mi sento dire che non lo rispetto, che non me ne frega nulla della famiglia, che faccio solo le cose come voglio io.
In realtà voglio loro molto bene e non sono andata via di casa per questo, lavoro sempre, anche quasi tutti i festivi, esco poco per poter lavorare e do parte del mio stipendio a loro per la casa perché ci vivo anche io. Questa situazione mi sta logorando, dopo un anno sembrava si stesse ammorbidendo, ma ora che è uscito fuori l'argomento capodanno hanno ripreso a fare storie, addirittura vorrebbero venire a prendermi all'una sotto casa dell'amica da cui festeggeremo.
Non accettano che io dorma fuori casa se non non per necessità, e io dormo fuori casa ogni weekend per motivi di lavoro, perché dove lavoro è lontano da casa e non ho trasporti comodi per il weekend. Ovviamente per loro dormo da un'amica...
Sia io che lui abbiamo parlato più volte con loro ma le loro motivazioni riguardano la religione, e per questo non riescono ad accettare la cosa, nemmeno dopo aver visto che il mio ragazzo nonostante tutte queste assurdità per me c'è sempre.
Loro sono contro la convivenza, cosa che lui vuole assolutamente prima del matrimonio. Io mi trovo a metà tra i due, costantemente, con lui sto bene ma in casa vivo malissimo, ho due sorelle più piccole che amo infinitamente e penso a loro quando nella testa mi dico "basta, vado a vivere da sola".
Mi sento impazzire, non so più con chi parlare.
Carissima, il Suo racconto mi ha fatto pensare alla storia di Pinocchio. Il cammino verso l'autonomia spesso richiede di tagliare il cordone psichico e ciò non vuol dire allontanarsi, ma decidere a quale distanza porsi emotivamente nelle varie situazioni di vita, ovvero scegliere in modo consapevole. Pinocchio non arriverà mai a scuola, ma diventerà lo stesso un bambino, anche attraverso le proprie scelte sbagliate incontrando delle figure che gli consentiranno di crescere. Le indicherei di rivolgersi a uno psicologo della Sua zona per farsi aiutare in questo momento di disagio. Eventualmente potrebbe valutare con i suoi genitori un percorso famigliare per migliorare la comunicazione tra di voi. Un cordiale saluto.