Come recuperare la fiducia di mio figlio in se stesso e in me
Mio figlio di 6 anni in questo periodo è molto nervoso, strafottente, disubbidiente e fa muro anche come me (cosa che non era mai successa prima), si isola e tende a vivere in un mondo tutto suo, capita anche che dica di essere un buono a niente e che lo amo della sorella di 3 anni.
Ma facciamo un passo indietro...
L'anno scorso mio marito (dopo anni di non detti, un lavoro molto "invadente" e un mio "isolamento/depressione") ha deciso di trasferirsi dai suoi.
A questo punto è cominciata una fase di eterno tira e molla, che ancora non ha portato a nulla di definitivo.
Io a causa dello stress dovuto dalla gestione esclusiva dei bambini (lui li vede giusto un paio di ore al giorno a causa dei suoi orari lavorativi), il lavoro, cambio casa, e la situazione in generale ho spesso avuto i nervi a fior di pelle il che mi ha portata a scatti di ira e incoerenza sul metodo educativo (a volte troppo morbida perché mi spiaceva per la situazione, a volte troppo rigida perché nervosa e con le sensazione di solitudine e impotenza).
Inizialmente mio figlio ha avuto un'importante fase regressiva in cui si succhiava il pollice, voleva dormire nel lettone, mangiava le unghie, ciucciava la maglia (fatto che perdura tutt'ora).
Poi è passato alla rabbia, all'evidente frustrazione e ora alla disubbidienza. Dice di essere arrabbiato con tutti (anche se tendenzialmente è ed è sempre stato un bambino solare e affettuoso) è come se sotto la superficie abbia un mare di emozioni negative inespresse, come se si sentisse incompreso e abbia "rinunciato".
Io sto facendo un percorso di crescita e consapevolezza personale molto profondo e sto cercando di coinvolgere anche loro, vorrei che i e i miei figli facessimo un "salto di qualità" verso un futuro equilibrato e più sereno.
So che ci vorrà molto tempo e vorrei capire come cominciare a "riprendere il controllo" su mio figlio per accompagnarlo poi in questo percorso. Insomma come faccio a fare sì che lui si apra e mi permetta di aiutarlo? Come argino la sua rabbia durante il percorso? Come gli dimostro che ci sono? So che parte della risposta sta nella coerenza e nel tempo. Ma a volte è difficile. Quando provo a sedermi e parlargli e lui inizia a canticchiare, giocare ecc non è facile restare calmi e ottimisti.
Grazie
Gentilissima,
in genere entriamo in relazione con l'altro così come le varie parti di noi entrano in rapporto tra di loro. Uno degli errori maggiori è continuare a individuare nell'emozione il problema da risolvere, mentre la sfera emotiva è come un sistema d'allarme che segnala l'esistenza dell'incendio e quest'incendio è rappresentato dai pensieri negativi circa noi stessi.
Molti distinguono le emozioni in positive e negative, i più lungimiranti individuano una valenza positiva e negativa in ciascuna emozione. L'ottica MDPAC percepisce le emozioni esclusivamente in senso protettivo.
La rabbia sta tentando di proteggere suo figlio dalla sensazione di pericolo, di perdita di controllo, di attacco alla sua autostima: quindi è su questo che bisogna lavorare perché se puntiamo a gestire l'emozione rischiamo di confondere il sistema di allarme con l'incendio.
L'aggressività è ciò che consente al leone di cacciare per sfamarsi, ma nessun leone ammazza più di una preda contemporaneamente, a differenza degli esseri umani che arrivano a mettere in croce i propri simili: quindi il problema è l'emozione o la parte di pensiero cattivo? Sul versante opposto la zebra vede il leone, ha paura, scappa e si salva la vita. Finito il pericolo, finita l'emozione, mentre l'essere umano per effetto della neocorteccia continua a pensare all'evento, lo anticipa, rimugina.
Concludo, essere genitori è il mestiere più difficile al mondo, il tempo trascorso con loro non è una questione di quantità e nemmeno di qualità, ma è una questione di fedeltà: se noi genitori impariamo a lasciarci valorizzare dalle emozioni, i nostri figli avranno maggiore fiducia in se stessi.
Buona vita.
Dr. Cisternino