Ansia e senso di inadeguatezza dovuti allo studio
Salve, mi chiamo Giorgio e ho 20 anni. Ho finito la scuola superiore due anni fa e parto subito col dire che purtroppo non sono mai stato molto portato per lo studio. Non è che non mi piace studiare in generale, anzi sono una persona che si documenta e approfondisce molto nel momento in cui mi interessa davvero qualcosa. Una volta preso il diploma dovevo trovare necessariamente qualcosa da fare, la mia passione più grande è la regia cinematografica ma le mie risorse economiche non mi hanno permesso di intraprendere uno studio mirato all'estero o comunque in altre città di Italia maggiormente indicate. Ho così deciso di iscrivermi alla facoltà che più si avvicinasse alle mie aspirazioni e ho cominciato il DAMS, ma non essendo uno studio mirato al cinema ed essendo integrato da molte materie che francamente non mi interessano, mi sono limitato a dare gli esami che mi piacevano col massimo dei risultati per poi abbandonare la facoltà.. E' più forte di me, quando mi sento obbligato a impegnarmi nello studio è come se avessi un rifiuto mentale che mi accompagna sin da sempre. Quest'anno ho avuto la fortuna di essere stato selezionato per frequentare un'importante accademia a numero chiuso che ha aperto una sede nella mia città ma comunque non si tratta di un ramo della cinematografia che mi interessa, diciamo che è stato un ripiego perché appunto non posso spostarmi e sto avendo un rifiuto ancora più grande di quello che avevo per l'università. Sicuramente incide molto il fatto che, data la situazione attuale, stiamo dovendo studiare in teledidattica e le lezioni sono davvero intensive e durano molte ore; in più abbiamo molto da fare a casa e io mi sento in gabbia. Mi sento passivo, non ho voglia di fare niente e ho molti sbalzi d'umore. E' come se volessi convincermi del fatto che questa accademia sia la scelta giusta solo perché a detta dei miei parenti potrebbe darmi un futuro migliore e quindi io mi sento in obbligo di dimostrare che sto facendo un certo tipo di studio a chi mi vuole bene... Inoltre sento di dover dare dimostrazioni del mio impegno alla mia ragazza, non che si sia mai lamentata di nulla però lei è un po' più grande di me e si è già laureata alla triennale, ora farà la magistrale e sento di doverle far vedere che anche io mi sto costruendo un buon futuro. Cosa dovrei fare? Io la sto vivendo proprio male.
Grazie in anticipo per l'attenzione
Buongiorno Giorgio,
ho letto la sua domanda e mi pare di aver compreso il blocco che sta vivendo…mi pare, e mi corregga se sbaglio, che debba confrontarsi continuamente con una sorta di giudice interno che le dice cosa sarebbe giusto fare, cosa dovrebbe fare, cosa lo renderebbe “bravo e capace” garantendo un buon futuro.
E con questo “giudice” sembrerebbe altresì che lei sta vivendo una specie di ribellione, mi corregga sempre se qualcosa non le torna, racconta infatti che in pratica ciò che ha fatto è stato andarsene dall’università, rifiutare e svalutare le scelte che a detta degli altri sono le “migliori”, e ancora se costretto a dover fare qualcosa viverla emotivamente male e con passività.
Una persona molto più saggia di me diceva che “dobbiamo usare il futuro come motore che ci spinge avanti e non come un muro contro il quale sbattere”.
Le suggerisco un piccolo esercizio per cominciare a dare un'occhiata a questo futuro. Immagini di alzarsi domani mattina, come ogni mattina: si alza dal letto, si appresta ad uscire dalla stanza, ma nel momento stesso in cui lei tocca la maniglia, abbassandola leggermente, ecco lì capisce che qualcosa è cambiato, che sente di stare bene, che il problema è risolto. Immagini di guardarsi attorno: cosa è cambiato? Cosa le dice che il problema non c’è più? Osservi i più piccoli dettagli pratici, i comportamenti, le azioni…
Cominci da qui, dipinga lo scenario oltre questo problema.
Le auguro una buona giornata.