Insonnia? Qualcosa si può fare?
Negli ultimi anni l’insonnia e in generale i disturbi del sonno rappresentano un problema serio che coinvolge circa il 10% della popolazione generale (National Institute of Health State of Science Conference Statement 2005), con conseguenze negative sulla qualità di vita delle persone che ne soffrono.
Stanchezza, sonnolenza, irritabilità, ridotta capacità di concentrazione interferiscono con il lavoro o la scuola e possono mettere a rischio anche le nostre relazioni sociali.
La situazione pandemica causata dal Covid 19 ha ulteriormente peggiorato la situazione andando ad aumentare in maniera esponenziale il numero degli insonni fra gli adulti ma anche fra gli adolescenti e i bambini.
L’insonnia non è una vera e propria malattia, quanto un disturbo dell’addormentamento o della continuità del sonno o entrambe le cose; comunque perché si possa parlare di insonnia, il disturbo si deve presentare almeno tre volte la settimana per almeno 3 mesi, anche se l’esperienza insegna che la stragrande maggioranza degli insonni arriva dall’esperto dopo anni di sofferenza e di rimedi fai da te.
Il sonno, come sappiamo tutti, è fondamentale per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere; è un bisogno primario come la fame e la sete e in quanto istinto naturale richiede una soddisfazione regolata sulla nostra biologia e sui ritmi fisiologici naturali.
Talvolta però qualcosa si inceppa e il flusso naturale del ciclo sonno/veglia viene interrotto. L’insonnia tende a presentarsi inizialmente come un disturbo transitorio ed occasionale, ma può diventare talvolta persistente e cronica.
Un modello molto interessante del Dott. Spielman del City College di New York, chiamato il Modello delle tre P, tenta di fornire un’ipotesi su come possa nascere questo circolo vizioso dell’insonnia, indagando le fasi e lo sviluppo della sua cronicizzazione.
Spielman ipotizza come ogni individuo abbia una predisposizione individuale a sviluppare un disturbo del sonno, così come ognuno di noi ha una predisposizione a sviluppare una qualsiasi altra malattia.
Così tra questi fattori PREDISPONENTI si possono evidenziare caratteristiche individuali, oppure predisposizioni familiari (è comune osservare altri componenti della famiglia biologica con lo stesso disturbo), ma anche stili di pensiero sovente connotati da cronica ipervigilanza e generica, ma persistente preoccupazione ed ansia.
Tuttavia, come il modello di Spielman illustra, il fatto che una persona abbia una predisposizione all’insonnia non significa che ne debba necessariamente soffrire. Infatti, sempre secondo questo modello, sarebbero necessari dei fattori PRECIPITANTI o scatenanti per sviluppare un principio di disturbo.
Fare un elenco di questi fattori precipitanti è alquanto difficile, in quanto ogni persona è un universo a sé stante, però è noto che in generale gli stress acuti, intesi come reazioni emotive ad eventi esterni negativi come lutti e separazioni, o periodi di vita in cui si sperimentano eccessive preoccupazioni (per la famiglia, per il lavoro o la scuola, per la salute, ecc..) siano fattori che possono intervenire in maniera acuta nello scatenare l’insonnia.
In situazioni normali, non appena questi stress o preoccupazioni diventano più gestibili, l’insonnia retrocede, ma nel caso questa persista, si pensa che siano intervenuti alcuni fattori in grado di perpetuarla e cronicizzarla.
Si tratta ovvero di comportamenti che vengono messi in atto allo scopo di tenere a bada l’insonnia, (come ad esempio sforzarsi di dormire oppure aumentare le ore che si trascorrono nel letto per vedere se ci si addormenta prima) che in generale hanno come unico focus il controllo del sonno e l’attenzione morbosa a tutto ciò che lo può disturbare.
L’ansia di non riuscire a dormire a sufficienza e lo sforzo nel controllare il proprio sonno diventano atteggiamenti che non fanno altro che incrementare le preoccupazioni, impedendo alla persona di dormire bene e instaurando il circolo vizioso dell’insonnia.
In sostanza, se prima il dormire era un processo naturale, automatico e spontaneo, quando l’insonnia cronica compare l’attenzione viene focalizzata nel controllo del sonno e nella continua valutazione del proprio benessere nella giornata successiva, che verrà valutata in funzione della performance della notte precedente. Se ci si sentirà stanchi, significherà che la notte passata è stata un disastro.
Più ci si pensa e più si dorme male; meno ci si pensa e più il dormire torna ad essere un processo automatico.
COME SCONFIGGERE L’INSONNIA?
Le linee guida internazionali dell’American Academy of Sleep Medicine (AASM) hanno stabilito che il trattamento psicologico di elezione per la cura del Disturbo dell’insonnia risulta essere la terapia Cognitivo Comportamentale per l’Insonnia (CBT-I) ovvero un intervento psicologico multicomponenziale riconosciuto a livello Internazionale, che si è rivelato più efficace a lungo termine rispetto a quello farmacologico. (Morin et al., 1999; Perlis et al., 2003; Morin et al., 2006).
La struttura di questo protocollo, specificamente studiato per ritrovare la naturalezza del sonno, è formata da 10 incontri della durata di 1 ora ciascuno a cadenza settimanale e prevede al suo interno:
Una spiegazione accurata di cos’è il sonno e il meccanismo dell’insonnia;
Un’attenzione all’igiene del sonno, volta a migliorare le proprie abitudini di vita, nonché alcuni fattori ambientali.
Un training per il rilassamento e per il contrasto di un eccessivo livello di attivazione fisiologica e mentale che favorisca l’addormentamento.
Una programmazione accurata e personalizzata del sonno che lascerà spazio alla successiva tranquillità dell’addormentamento naturale
Un intervento rivolto alle credenze disfunzionali riguardo al sonno.
Gli studi effettuati su pazienti insonni trattati con la CBT-I hanno mostrato significativi miglioramenti nell’efficienza del sonno, nel tempo di addormentamento, nella durata totale del sonno e nella riduzione dei risvegli durante la notte; inoltre viene evidenziato un ulteriore riduzione nell’uso di ipnotici e un miglioramento della qualità soggettiva del sonno.
ATTENZIONE !!! I MIRACOLI NON ESISTONO
Questo trattamento per risultare efficace va effettuato con serietà, impegno, costanza ed attenzione.
La MOTIVAZIONE è tutto e mantenerla viva è la chiave di successo di questo percorso.
QUALI FORME DI INSONNIA BENEFICIANO DI QUESTO TRATTAMENTO
Poiché esistono due tipi di insonnia: primaria e secondaria, il trattamento è maggiormente indicato per le forme primarie/psicofisiologiche di insonnia, anche se sembra efficace per alcune forme secondarie.
QUALI FORME DI INSONNIA POTREBBERO NON RISPONDERE AL TRATTAMENTO (CBT-I)
Esistono alcune forme di insonnia che NON possono essere trattate in questo protocollo:
Se soffrite di insonnia e non vi siete arresi, allora la miglior cosa da fare è tentare di nuovo.
Bibliografia
Colin A. Espie (2018). Superare l’insonnia. Come dormire meglio con la terapia cognitivo comportamentale. Trento Ed. Centro Studi Erikson
S.Stahl (2016) Neuro Psicofarmacologia Essenziale Milano Ed. Edi Ermes Srl
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