L'ULTIMA DEA - Oltre i confini della Memoria
Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta, autrice di "Fondamenti di psicosomatica" (2011, edizioni Enea), "Psicologia & Yoga" (2015, Feltrinelli/Il mio libro), "La Terapia della felicità" (2018 Amazon KDP) e altri.
LULTIMA DEA - Oltre i confini della Memoria è il nuovo libro di Caterina Carloni, che tratta dei riflessi della guerra sui discendenti delle vittime dei genocidi nazifascisti.
Il libro ha uno stile essenziale e traccia, con modalità intimistica, i vissuti psicologici delle persone coinvolte in una strage avvenuta nel 1944 in un piccolo paesino delle Marche.
La filosofia vedica mostra ancora una volta la sua universalità e trasversalità sul piano teorico e applicativo.
Una pagina:
E c’è il silenzio dei morti.
Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze, perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte?
Quando li avremo raggiunti il loro silenzio avrà spiegazione.
Edgar Lee Masters
Quello che la guerra insegna è che la vita è qualcosa di più di un tratto di tempo fra una data di nascita e una di morte e che la morte è qualcosa di più di un termine di scadenza. La morte è un momento sacro da onorare, un congedo da un’esperienza non casuale che merita onore, silenzio, riguardo.
La morte che arriva all’improvviso, senza avere il tempo di congedarsi dai propri cari, è un evento che supera le barriere della memoria e rimane per sempre nella coscienza di chi resta.
Quel giorno i nazisti decisero di rastrellare a caso tredici uomini e di fucilarli sul ciglio di un fossato, impedendo per giorni ai familiari di recuperare i corpi. La loro morte rimase impressa nella memoria di tutti coloro che li avevano conosciuti, e, insieme alla memoria, rimase impressa in loro la Paura, la Rabbia, lo Sgomento, mentre prendeva forma il Dubbio di abitare in un paese senza Dio e senza significato, dove il Male poteva agire indisturbato e dove le preghiere venivano respinte e bloccate sul ciglio di un fossato. Insieme a tredici vite umane, quel giorno tacque anche la Speranza, l’ultima dea.
Quando i corpi vennero recuperati, stavano già iniziando a decomporsi.
Vennero celebrate delle onoranze funebri collettive e ognuno pianse i suoi morti. Non c’era famiglia che non avesse subito un lutto. Nel paese aleggiava un’atmosfera di morte e di perdita che faceva sentire le persone legittimate alla cattiveria, al sopruso, alla prevaricazione, all’autoconservazione egoistica. La mancanza dei capifamiglia rendeva difficile provvedere alle necessità dei bambini, che spesso venivano tolti dalle scuole e mandati a lavorare in un’età in cui l’unico dovere di un bambino dovrebbe essere il gioco.
E tuttavia la morte è parte della nostra esperienza umana, non è un fuori programma né un evento innaturale.
La Morte - ci dicono migliaia di ricerche e testimonianze - è un momento di passaggio, un viaggio di ritorno alla grande Casa, un attimo di eterna e impensabile Libertà.
Non realizzare il senso evolutivo della Morte condanna a sofferenze insopportabili e rallenta il nostro progresso spirituale, forse lunica ragione della nostra avventura terrena.
La Morte è una sorella pietosa che ci accoglie per riportarci alle nostre divine Origini.
In qualunque modo e momento la Morte si presenti, ciò che conta, in definitiva, è che ci trovi Vivi.
Caterina Carloni
Psicologo, Psicoterapeuta - Roma
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