La vita è una fatica intollerabile
Gentili dottori, mi chiamo Manuela ho 31 anni, una laurea in filosofia ed un'infanzia alle spalle serena. Soffro di una condizione chiamata "Maladaptive daydreaming" ancora poco conosciuta, che impegna chi ne è affeto in un fantasticare ad occhi aperti in modo compulsivo. Nella mia mente ho creato un universo paralello, dove tutto è perfetto e quando sono stressata ascolto la musica per accedere a questo universo e fantasticare per un pò di essere e fare ciò che desidero di più; ciò mi aiuta a diminuire lo stress, ma al contempo comparo la vita reale, per sua natura problematica ed imperfetta, al mio mondo idilliaco, ciò che ne consegue è una profonda frustrazione.
Odio la città in cui vivo e non ho affatto amici, l'unica persona che davvero mi ami al mondo è mia madre, ma temo di perderla nei prossimi anni perchè affetta da una malattia autoimmune. Non riesco a provare nessuna empatia per le persone, e la gente che vive in questa città non mi fornisce neppure uno svago intellettuale, perchè sono tutti uguali gli uni agli altri, con poche esperienze e conoscenze alle spalle. In passato ho girato il mondo da sola, credo di essermi sentita viva e libera solo in quei brevi momenti di viaggio, ma ora mi sento sola, isolata e piena di angoscie, temo di andare incontro ad un futuro vuoto, senza l'affetto di mia madre nè di nessuno, senza una sicurezza economica. Nonostante comprenda che è il momento di cambiare rotta, la paura di mettermi in gioco mi terrorizza al punto tale che subentra una stanchezza fisica e mentale. Mi sento annichilita è come se fossi ai comandi di un aereo che sta precipitando e nonostante io possa riportarlo in quota mi rifiuto di farlo. Vorrei amare, ridere, sentirmi serena e libera da pensieri ansiosi che mi annebiano la mente non appena apro gli occhi la mattina. In buona sostanza la mia vita è governata dalla paura, anche da bambina avevo paure assurde che mi tormentavano. So che la terapia è l'unica soluzione, ma non avendo una stabilità economica è difficile per me affrontare un percorso terapeutico, spero di ricevere qui alcuni consigli che possano in qualche modo darmi lo stimolo per provare a cambiare, grazie per la vostra pazienza.
Gentile Emanuela,
non propriamente catalogato come una malattia, il maladaptive daydreaming è un termine coniato nel 2002 dal professore di psicologia clinica israeliano Eli Somer per indicare un’immersione prolungata in un universo immaginario che genera stati di isolamento e di estraniazione dalla vita reale.
Non si tratta, tuttavia, di una forma patologica, perché il livello di comprensione della differenza tra ciò che è reale e ciò che è fantastico è perfettamente mantenuto, così come le qualità intellettuali e le capacità di comunicazione e di scambio sociale. A farne le spese è però la sfera affettiva, che convoglia timori e ansie, con la conseguente rinuncia a partecipare al gioco della vita.
Lei scrive, cara Emanuela, di essersi sentita viva e libera quando girava il mondo da sola; sognare ad occhi aperti è un po’ come viaggiare con la mente esplorando il mondo che è dentro di noi, recuperando un po’ di serenità quando le situazioni si fanno difficili.
Questo attuale stato di disagio potrebbe essere una grande opportunità per iniziare un percorso di crescita personale e riscoprire così talenti e passioni forse assopiti, i quali costituiscono l’unico vero antidoto contro paure e apatia.
Potrebbe cominciare praticando delle tecniche di rilassamento psicocorporeo oppure iscrivendosi ad un corso yoga. Soprattutto le tecniche di pranayama e di pratyahara sono molto efficaci per ripulire la mente dai pensieri angosciosi e accedere a nuovi equilibri coscienziali.
Un caro saluto e in bocca al lupo!
Psicologo, Psicoterapeuta - Roma