il gioco è una cosa seria
~~IL GIOCO E’ UNA COSA SERIA
di Claudia Agostino
Gioco-Terapeuta familiare
Centro di Psicoterapia Giochiliberatutti
La terapia familiare di gioco tenta di utilizzare l’attività ludica ai fini terapeutici, coinvolgendo in modo del tutto unico e peculiare tutti i partecipanti alla seduta, sia adulti che bambini.
Il gioco e' un'esperienza universale ampiamente riconosciuta e anche tra gli animali ha una specifica funzione: nel gioco s'imparano le regole del proprio gruppo di appartenenza e si apprendono copioni di comportamento adattivi. Il gioco e' il linguaggio privilegiato dell'infanzia attraverso cui si costruisce il significato del mondo e delle relazioni con esso; inoltre è il mezzo che consente lo sviluppo pieno delle abilità cognitive, motorie, emotive e sociali del bambino.
In questo senso il gioco è riconosciuto come un “diritto” inviolabile ed insindacabile di ogni bambino, come dichiara l'Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite con la Risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989.
Già Platone (429-347 a.C.) affermava che "si possono scoprire più cose su una persona in un'ora di gioco che in un anno di conversazione" e nel diciottesimo secolo Rousseau sottolineava l'importanza di utilizzare il gioco come veicolo per conoscere e capire i bambini.
I primi tentativi di utilizzare il gioco per conoscere il bambino e quindi aiutarlo a superare le sue difficoltà emotive risalgono alla psicoanalisi: Sigmund Freud , Melanie Klein e Anna Freud proposero la tecnica della Play Therapy come strumento per accedere alla vita interiore del bambino al di sotto i sei anni di età e per facilitare l'attaccamento positivo al terapeuta.
Il metodo della Play Therapy venne formalizzato da Hermine Hug-Hellmuth nel 1921 fornendo ai bambini dei materiali per giocare; negli anni '30 David Levy ne derivò la Release Therapy (Terapia del sollievo), finalizzata ad aiutare i bambini che avevano vissuto esperienze stressanti attraverso il gioco; infine Gove Hambidge ne ampliò le potenzialità terapeutiche con la Structured Play Therapy, in cui formalizzò il ruolo del terapeuta, rendendolo più direttivo nell'introduzione dei vari scenari di gioco.
L'esperienza di gioco ha in sé una importante funzione terapeutica perché “fornisce un rapporto sicuro tra il bambino e l'adulto, in modo che il bambino abbia la libertà e lo spazio per esprimersi con i propri mezzi, esattamente com’è in quel preciso momento, a suo modo e nel suo tempo" (Virginia Axline, 1950). In questo senso Bernard e Louise Guerney negli anni '60 hanno pensato che anche un genitore può essere formato allo scopo di utilizzare le sessioni di gioco centrate sul bambino presso la propria abitazione, in particolari fasi del processo terapeutico (Filial Therapy).
La possibilità di applicare queste esperienze all'interno di una seduta di terapia familiare, in cui sia gli adulti che i bambini vengono coinvolti nel gioco, compresi i terapeuti, amplifica il potere terapeutico di questo strumento e rende più fluido e produttivo il coinvolgimento dei minori nel processo terapeutico.
Bibliografia
• Freud S. (1985), Opere. Vol. 6: Casi clinici e altri scritti. Bollati Boringhieri
• Freud A. (2012), L'osservazione del bambino, Bollati Boringhieri
• Klein M. (1971), Analisi di un bambino, Bollati Boringhieri
• Schaefer C.E. (1993), The Therapeutic Powers of Play, Northvale NJ, Jason Aronson
• Schaefer C.E. (1999), The Journal for the Professional Counselor, Volume 14, Number 1, Spring
• Virginia Axline (1950), Entrare nel mondo del bambino attraverso l’esperienza del gioco, Progressive Education, 27
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