Crisi con mia madre
Buongiorno, sono una studentessa universitaria di 25 anni. Da quando ho iniziato il percorso universitario, non ho più lo stesso rapporto che avevo con i miei genitori, o meglio, percepisco molto di più l'astio che prova mia madre nei miei confronti. Ho frequentato una scuola superiore privata conseguendo un diploma con ottimi risultati. All'università è iniziato il mio crollo da studentessa, gli esami non li passavo con i voti che i miei genitori volevano (o 30 o 30L) e per ogni voto che ottenevo o esame ostico che superavo non mi veniva riconosciuto come risultato positivo.
Ricordo perfettamente la prima bocciatura ad un esame al primo anno: Tornai a casa, comunicai l'esito e mia madre iniziò a urlarmi addosso insulti più o meno pesanti (sei un'idiota, non sai fare un c**** etc.) spaccando anche un vaso e facendomi raccogliere i cocci. Da quel momento in poi decisi di escludere i miei genitori dalla mia carriera universitaria, ma visto che non mi laureavo, mia madre con cadenza quasi settimanale mi ricordava quanto fossi un'idiota, incapace e che non concluderà mai niente nella vita. Intanto ho preso diversi chili, quindi oltre ad essere un'incapace all'università, per lei sono tutt'ora anche un'obesa. Ho smesso di rispondere ai suoi insulti e resto zitta, anche perché dovessi rispondere potrei beccarmi anche uno schiaffo e lei mi sbraita addosso che la fisso come se fossi handicappata. Mi viene recriminato tutto, dal fatto che hanno dovuto spendere soldi per la scuola privata, che ha speso per crescermi e che mi ha comprato cose quando non era tenuta a farlo, al fatto che non riesco a laurearmi (mi manca solo un'esame e la tesi è pronta) e che lei alla mia età già lavorava (mia madre ha abbandonato gli studi universitari) e che se n'era già andata via di casa e che non doveva più essere un peso per la famiglia. Mi fa sentire più come se fossi una voce di spesa in un registro contabile che una figlia;
Capisco che forse lei voglia solo che io cresca, che finalmente guadagni la mia indipendenza, ma non è così facile al giorno d'oggi. Anche se dovessi trovare un lavoretto cosa che ho fatto visto che do ripetizioni private a ragazzi delle medie e superiori comunque mia madre non è soddisfatta. Lei mi vuole fuori di casa con un contratto a tempo indeterminato e sistemata. Lei intende il mondo come Obiettivo-Premio, peccato che se l'obiettivo non viene raggiunto allora sei una nullità, l'errore non può esistere e se rimani indietro sei un'imbecille.
L'unico motivo per cui io vi contatto è per riuscire a trovare un metodo per cui i suoi insulti mi scivolino addosso anziché restarmi attaccati portandomi a crisi di pianto, attacchi d'ansia e in generale un discreto disgusto verso quella persona che è mia madre. Lei stessa ha dichiarato apertamente che non le piaccio, che non mi rispetta e che fondamentalmente sono semplicemente un peso, che lei ha investito su di me e che io non avendo raggiunto queste aspettative sono essenzialmente una nullità.
Vorrei capire se sono io pazza a non vedere l'amore che mia madre prova per me oppure se lei, attraverso di me, vuole rivivere una vita che non ha vissuto obbligandomi a seguire le sue regole e i suoi desideri. Dovrei davvero annullarmi per una donna che ha già vissuto la sua vita per evitare di soffrire ad ogni insulto che ricevo?
Gentile Martina,
ho letto con attenzione il suo messaggio e immagino che la situazione che lei sta vivendo ormai da diverso tempo sia estremamente dolorosa. Il rifiuto che percepisce ogni giorno, non solo in riferimento alla sua attività accademica, non fa che aumentare la sensazione di doversi "proteggere" da quelle lacerazioni emotive che diventano più profonde.
Questa dicotomia che sua madre le propone: "giusto - sbagliato", "obiettivo - premio" è una modalità di filtrare la realtà che ci circonda piuttosto rigido, e se per alcuni aspetti rende più facile e rassicurante avere controllo, per altri, come in questo caso, fa provare un senso di disagio e annullamento molto grandi.
Credo che non sia un caso il suo aumento di peso, anche se, in effetti, il contesto sarebbe da approfondire in modo più ampio con altre informazioni.
Quello che mi sento di dirle è che nonostante il dolore sia alto, ciò che davvero conta e conterà alla fine, sarà quello che lei ritiene giusto per se stessa: banalmente cosa la rende "appagata" nella vita accademica, così come in quella lavorativa o ancora in quella relazionale. A prescindere dalla sua famiglia e/o da ciò che la circonda.
Sebbene tutti noi quando ci affacciamo al mondo siamo portati a prendere i nostri genitori come riferimento per iniziare a muoverci e progressivamente fare scelte sempre più autonome, a volte, in realtà questo semplicemente non è possibile.
Concordo con lei sull'immaginare in un prossimo futuro (e spero per lei non tanto prossimo) un lavoro profondo e strutturato di comprensione, introspezione e protezione per lei, partendo senz'altro dalla gestione di quegli aspetti più "superficiali", ma comunque essenziali come la gestione emotiva e magarti anche un training sull'assertività.
Le auguro di lottare intimamente e con determinazione per la giovane donna che è, come già sta iniziando a fare chiedendo ad esempio consiglio e confronto qui.
Al di là delle relazioni familiari, che sono importantissime, c'è qualcosa di ancora più importante che ci accompagnerà nella vita: la relazione con noi stessi.
Un caro saluto e se volesse confrontarsi in pvt, mi scriva pure quando vuole se lo riterrà opportuno.
Psicologa - Bologna