L'abuso di psicofarmaci è dannoso?
Salve, da anni sono in cura con psicofarmaci. Ho visto molti siti che parlano di danni da psicofarmaci. Veramente l abuso di psicofarmaci è dannoso? Perchè vengono prescritti per anni? Sto provando a smettere da solo ma nel frattempo continuo con dosi minime ed ho preso un nuovo appuntamento col mio psichiatra. Possono esistere cause organiche alla base di problematiche psichiatriche? E nel caso sono diagnosticabili? Saluti, Roberto.
Il discorso è che gli psicofarmaci sono dei sintomatici. Questo è un dato di fatto che nemmeno uno psichiatra o medico nega. Non sono dei curativi. Eliminare i sintomi psicologici con gli psicofarmaci toglie la possibilità di mettere in atto ciò che di prezioso i sintomi ci suggeriscono, in quanto ogni sintomo, di qualunque natura esso sia, è un messaggio. E come amava dire Jung, se buttiamo fuori un sintomo dalla porta esso prima o poi tornerà dalla finestra. Se non capiremo la lezione in un modo dovremo capirla in qualche altro modo. Gli psicofarmaci, annebbiando il problema, lo fanno diventare sempre meno comprensibile. La strategia migliore, quindi, non è sopprimere i sintomi, ma carpirne il senso. Quasi sempre quelle che crediamo le cause dei nostri sintomi sono solo le cause più superficiali: la rottura col fidanzato, la perdita del lavoro, la morte del padre: queste sono solo cause apparenti, il discorso va molto più nel profondo, tanto che nel mio modo di fare terapia, io non ricerco alcuna causa, non serve a nulla. scegliere di zittire un sintomo è certamente assai comodo e facile che non guardare in faccia i propri dolori profondi e dialogarci, immergercisi dentro fino alle ossa. Non può avvenire alcuna crescita personale profonda, ma ognuno è libero di accontentarsi come meglio crede nella vita. In sostanza combattere i disagi con i farmaci è come spegnere un incendio soffiando sul fumo che produce. la "chimica" del cervello non agisce da sola. Siamo un un'unica entità, mente e corpo, quindi ciò che accade nella mente accade anche nel corpo e viceversa. Un qualsiasi sintomo avrà sempre la sua "manifestazione chimica" nei neurotrasmettitori cerebrali, ma ne è solo un epifenomeno, non la sua essenza, ed è su quella, non sulla chimica, che bisogna lavorare. io come approccio mio, e anche del resto dei miei colleghi dello studio dove lavoro, non li vedo positivi per il seguente motivo: lavorano solo sul sintomo, ovvero sulla parte emersa dell'iceberg, ma non lavorano minimamente sul sommerso, che è la parte principale; quindi il beneficio è circoscritto al tempo di assunzione; se proprio li si vuol prendere devono essere affiancati a un percorso psicologico, anche se, paradossalmente, lo psicofarmaco non aiuta il percorso perchè mette a tacere proprio quella parte sommersa che è invece quella su cui si dovrebbe andare a lavorare. gli psicofarmaci andrebbero presi solo nei casi in cui sono presenti depressioni suicidiarie e pericolo di lesione a sè stesso o ad altri, oppure in caso di schizofrenia. Riporto qui le parole del noto psicanalista Aldo Carotenuto: "Io credo che non bisogna negare che naturalmente ci sono, per un individuo dei momenti di malessere molto duri, in cui prendere uno psicofarmaco è necessario. Ma non si può pretendere di curare con gli psicofarmaci una persona, che "offre" al mondo un suo disturbo, se questo non viene capito e non se ne afferra il grande messaggio psicologico; direi che la funzione del farmaco più che di curare, è quella di attutire. E' come togliere l'energia elettrica lì dove c'è un corto circuito. Naturalmente il corto circuito scompare, ma così scompare tutta l'elettricità. Questo è un problema molto grave, che richiede, da parte di tutti noi, un notevole impegno. Riguardo alla questione terapeutica bisogna sottolineare il fatto che Jung non promette nessuna guarigione. Questo è secondo me uno dei punti più interessanti, anche più rivoluzionari della sua opera, perché la mentalità comune fa sì che una persona che sta male psicologicamente, andando da un analista, richieda lo stesso atteggiamento che si richiederebbe a un medico. Se ad esempio mi fa male un ginocchio, il medico deve intervenire e, quale che sia il malanno, più o meno lo fa passare. Ma la vita psichica è un pochino diversa. Il momento del disturbo psicologico coinvolge tutta la personalità; l'opera fondamentale dell'analista non è tanto quella di guarire, ma di capire esattamente i motivi di quel determinato malessere. Facciamo l'esempio di un individuo che è stato sempre bene e che a un certo punto comincia ad aver paura, a provare il cosiddetto "panico". Allora, il problema di questa persona non si può affrontare dandogli una pillola, perché non è tanto una questione di paura, ma un problema di tutta la sua personalità. Si può scoprire che lui, in fondo, per moltissimi anni ha mentito a se stesso, accettando, per esempio, di svolgere un'attività che non è per niente consona con la sua vita; dopo anni e anni, improvvisamente avviene qualcosa che travolge la sua vita. Il discorso di Jung - e ma direi anche di tutti gli psicoterapeuti - è quello di integrare nella totalità della psiche questo sintomo, questa difficoltà, e quindi - come dirà Jung - di imparare ad accettare il dolore della "nevrosi". Ora, naturalmente, non si può fraintendere e dire: "ma allora io starò sempre male nella vita!" Questa è una cosa diversa, perché, se si deve procedere in avanti, deve crescere tutta la persona, perché la malattia psichica non riguarda un aspetto singolo, anche se naturalmente si presenta come qualcosa di singolo. Il superamento della malattia psichica è una rivoluzione di tutta la mia esistenza. Ecco perché, fra l'altro, il discorso di una terapia psicologica richiede molto tempo, tutto quello necessario perché il processo psicologico si metta in moto e possa condurre a certe conclusioni"