Mio figlio agisce contro se stesso moralmente, ce l'ha con la sua famiglia
Perché un 18enne vuole deliberatamente fallire quando avrebbe tutto le capacità per riuscire?? Salve, sono separata da più di 7 anni, ma per ragioni economiche la casa dove abitavamo è stata, diciamo così , divisa in 2, sopra i miei figli ed io, e sotto il padre, con alcuni spazi rimasti fisicamente in comune. Da quasi 2 anni mio figlio maggiore poco più che 18enne ha deciso di dichiararmi guerra e fin qui potrebbe essere una tristissima ma banale fase di crescita chiamata adolescenza, ma c’è molto di più, nella sua lotta contro tutto e tutti la sua vera tendenza è all’autolesionismo. Sceglie deliberatamente di agire contro se stesso, non fisicamente, ma moralmente, facendo scelte che gli arrecano senso di fallimento, sconfitta e conseguentemente tanta rabbia e dolore. L’anno scorso ha lasciato la scuola contro il parere di tutti, amici, compagni e anche dei genitori, mio in particolare. Sebbene amaramente pentito della scelta fatta, fin dal secondo mese, ha voluto tener fede all’impegno preso “quest’anno non vado a scuola. ” Da quel momento ogni impegno che si è assunto sia esso familiare sia con altri, (es. lavoretti trovati) in cui era autonomo e aveva la piena responsabilità, ha scelto di assumersi l’incarico e anche poi di non portarlo avanti, facendo pessime figure con altri,che non sono la sua famiglia e distruggendo così ancora di più la sua autostima, già fortemente in discussione. Mi chiedo perché nonostante sia perfettamente consapevole di farsi del male voglia lo stesso farselo?? Vuole punire me o se stesso o entrambi … oppure? Cosa lo rode? Quale è il vero problema? Di fatto mio figlio si sta infilando in un vicolo cieco. Il ragazzo responsabile, consapevole, affidabile che tutti conoscevano e che tutti ci invidiavano è scomparso, al suo posto c’è un’altra persona che ringhia continuamente, che ce l’ha con tutto il mondo ma in particolare con la sua famiglia, tutta (anche se poi predilige di gran lunga me!), e con se stesso e a volte lo riconosce anche, a volte si dispera e si interroga del parchè non né azzecchi mai una, fatto salvo poi ripetere gli stessi errori come se una forza superiore gli imponesse di sbagliare pur nella consapevolezza di farlo. Quest’anno , come affermato l’anno scorso,quando decise di smettere, è tornato a scuola, unico elemento di coerenza di tutto un anno passato nel caos più totale, ma ancora una volta è nervoso, ringhiante, arrogante, prepotente, non si applica, non studia e continua a rovesciare addosso a me , ma anche a sua sorella la sua rabbia e la sua frustrazione trattandoci da cani, io poi sono la ragione di tutti i suoi guai e qualsiasi cosa dica o faccia è sempre sbagliata. Ora a tutto questo si è aggiunto un altro elemento: da quando gli ho detto che cerco un’altra casa e andrò via da lì (le divergenze nell’affrontare i problemi fra me e suo padre sono incolmabili, per es. suo padre non vede o non affronta il problema “figlio” e anzi cerca di coprire ogni sua mancanza) la situazione è, se possibile,ancora peggiorata e ha inserito nel mirino delle persone da detestare/contestare anche il mio attuale compagno. Quando viene da noi dice che gli limita la privacy, quando da una mano a fare cose che forse sarebbero di sua pertinenza o addirittura di suo padre (che però non fa) le contesta dicendo che sono fatte male, e così via … (ho un compagno da oltre un anno, ma la situazione con mio figlio era già compromessa prima del suo arrivo). Mio figlio ormai è da gennaio che va da una psicologa, dalla quale ci siamo stati anche noi, ma non trovo nessun cambiamento di rotta, anzi è sempre più aggressivo nei nostri confronti e continua a scegliere di non fare per poi continuare a sentirsi un fallito. Sono terribilmente preoccupata, ho paura che mio figlio si faccia del male, faccia delle scelte che lo porteranno a pentirsene amaramente (come è già accaduto con la scuola) e proprio non so come aiutarlo ad uscire da questo tunnel. Casa sbaglio? Come posso aiutarlo se mi legge come il suo “alter ego”. Grazie per il vostro tempo e la vostra cortese risposta
Buongiorno Cecilia
nella sua lettera arriva tutta la sua preoccupazione come mamma, e le sue preoccupazioni di poter aver fatto qualcosa che abbia contribuito alla situazione in cui le vede suo figlio in questo momento.
Le chiedo se è suo figlio stesso che si definisce "autolesionista, fallito, sconfitto, arrabbiato, arrogante, nervoso, prepotente" o se invece è come lo vede lei.
Può darsi che manifesti adesso la propria delusione e rabbia per la separazione sua con il suo babbo, non c'è mai un tempo preciso e adatto in cui i figli elaborano questa separazione, arriva quando l'individuo è propnto ad elaborarla e si manifesta in vari modi.
Il fatto che abbia iniziato a gennaio una terapia non vuol dire che i tempi di elaborazione siano così veloci, di solito un anno, anno e mezzo ci vuole.
E a volte i figli hanno bisogno di commettere i propri errori da soli, per sentire che riescono a cavarsela da soli, e vista l'età di suo figlio coincide con il momento dell'inizio della costruzione della propria personalità