Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatrice familiare sistemica
La voce come strumento di cura
Possiamo considerare il cantare come uno dei fenomeni più antichi e misteriosi della storia della specie umana. Dai più disparati luoghi della terra abbiamo testimonianze sul potere della voce umana e del canto. Ci narrano di profeti di diverse fedi e religioni, di sciamani di ogni parte del mondo, di poeti, di musicisti e di cantanti che usavano la voce e le sonorità producibili dalla voce umana in infinite modalità e per scopi ben precisi.
I suoni vocali si sono trasformati in comunicazione, dalle forme più semplici all'articolazione linguistica; hanno permesso l'espressione giocosa ed artistica del canto in tutte le sue sfumature; hanno consentito la ritualità e la celebrazione nelle manifestazioni spirituali e religiose. Hanno, infine, accompagnato la cura e la guarigione all'interno di dispositivi appositi messi a punto da uomini-medicina, gli sciamani, dediti alla presa in carico dei mali che affliggevano coloro che chiedevano aiuto. (Rohmer, 1995; Rouget, 1990).
Indipendentemente dal contenuto del messaggio, noi possiamo arrivare all'altro e comprenderlo attraverso il suono della nostra e della sua voce. E’ dall'inflessione stessa della voce che possiamo capire molto di chi ci sta parlando, possiamo esserne attratti o meno, ammaliati, incantati, o indifferenti o distanziati.
L'inflessione di una voce non è soltanto legata alle caratteristiche psico-sociali della persona ma anche alla sua struttura somatica; l’effetto sonoro di un tentativo fonatorio è il risultato di molti fattori corporei che co-agiscono: la fattura delle corde vocali, il respiro, la capacità respiratoria e polmonare, la contrazione diaframmatica e muscolare in genere, una particolare costituzione e una determinata postura. Come a dire che il corpo e le emozioni sono intrinsecamente e matericamente interconnessi e una particolare voce sarà rivelatrice di una struttura corporea più o meno contratta, e viceversa (Reich, 1944; Moselli, D’Amelio, 2008).
Per un terapeuta questa capacità di “lettura” diventa uno strumento fondamentale laddove ci sia ad esempio un blocco del verbale, o apparenti dissociazioni voce-corpo, o incoerenze tra messaggio verbale e postura. Il terapeuta stesso deve essere in grado di lasciar lavorare l'intelligenza istintiva-sensoriale, legata ai cervelli più antichi, come nella visione tricerebrata proposta da Naranjo (Naranjo, 2011).
L'uso della voce e del canto da parte degli sciamani nella presa in carico dei propri pazienti è documentata dall'antropologia ufficiale in diverse parti del mondo. Un terapeuta che conosca abbastanza se stesso, ha forse anche incontrato una propria attitudine sciamanica che si genera dal respiro e dalla voce, trova nell’espressione spontanea della propria voce un veicolo per un contatto pieno. La voce diventa, al tempo stesso, fonte ed espressione di creatività, ossia di vitalità e, a volte, di trasformazione (Rouget, 1985).
Perls invita ad ampliare “l'orecchio” percettivo, che siamo o meno terapeuti, per poter vivere e cogliere più apertamente i segnali che il mondo ci manda attraverso le sonorità che le appartengono: “E allora non ascoltate le parole, ma soltanto quello che vi dice la voce, quel che vi dicono i movimenti, quel che vi dice l'atteggiamento, quel che vi dice l'immagine. Se avete le orecchie dell'altro sapete già tutto. Non avete bisogno di ascoltare quello che la persona vi dice: ascoltatene il suono. Per- sona, cioè mediante il suono". Il suono vi dice tutto. Tutto quel che una persona ha da dirvi è lì…e non nelle parole. (Perls, 1980, pp 61-62).
1.1 La voce
La voce, il canto hanno origine nellintimità del nostro essere. Affondano le loro radici in quella dimensione sonora pre-verbale che caratterizza la prima infanzia ma che fortunatamente rimane sottostante alla dimensione verbale nella storia individuale. Ci troviamo di fronte ad una infinità di suoni chiaramente significativi: lallazioni, risa, lamenti, pianto, singhiozzo, urla, suoni vocalici riferiti a stupore, piacere, dolore, dubbio, assenso. Suoni che, consapevolmente o meno, rimarranno fondamentali per esprimere i vari stati d'animo senza usare le parole. Questa dimensione a volte, in caso di malattie o disabilità gravi, rimane 'lunica possibilità su cui costruire una relazione comunicativa e affettiva; ma anche dove non ci sia patologia questo tipo di “metacomunicazione” è parte integrante del messaggio che viene scambiato tra due o più persone. Il livello di scambio viaggia su un piano intuitivo-istintivo, ed è facile intuire una nota di tristezza in una voce anche se si tenta di nasconderla, o un'emozione che spezza la voce nonostante si cerchi di apparire sciolti e disinibiti. Perchè accade questo?
L'energia della voce prende origine da tutta la persona, su comando di mente e cervello, e si esprime appoggiandosi al respiro. Il primo stadio della fonazione è, quindi, la respirazione. Per respirare si mettono in moto in maniera involontaria una quantità di muscoli compreso il diaframma, il cingolo addominale, i muscoli costali. La qualità respiratoria dipende poi dalla capacità polmonare individuale, e dalla postura.
La postura del corpo è solitamente la prima grande responsabile di una buona o cattiva respirazione, e la percezione della postura della persona che abbiamo di fronte ci dirà molte cose sulla sua capacità di respirare e quindi della sua capacità fonatoria.
Il flusso di aria che abbiamo immagazzinato nella inspirazione, nella espirazione si immette nella trachea, poi nella laringe dove sono le corde vocali, nella faringe e infine nella bocca, permettendo di far uscire il suono. Le corde vocali sono la parte terminale di due muscoli sottili connessi ad altri muscoli del collo. La qualità del suono dipende dalla possibilità di vibrare più liberamente possibile.
Il suono prodotto dalle corde vocali, viene arricchito di armonici e amplificato dalle cavità risuonatrici principali del corpo, come le ossa facciali, nasali, la faringe, la bocca, il palato. La voce, quindi, così profondamente radicata nel corpo, a sua volta plasmato dalle emozioni che dominano i nostri caratteri, le nostre vite, parla di noi; è la nostra essenza materiale che diventa suono e si diffonde nell'aria, nelle stanze, sfiora e tocca laltro, lo cambia (Rossi, 1993; Goddard, 2006).
L’intonazione, la cadenza, il ritmo di una voce provengono dalle emozioni, dalla sinergia tra queste, il nostro apparato fonetico e il nostro corpo. La voce ci parla inevitabilmente della persona che abbiamo di fronte, di quale sia il suo stato d'animo in quel momento, le sue intenzioni, le sue difficoltà. Se poniamo attenzione, ogni cosa traspare dalla voce e anche i silenzi e le pause indicano mutamenti emotivi e fisici.
Viviamo corpi contratti con voci trattenute, corpi rilassati con voci sonoramente più libere. Corpi gracili con voci intense, corpi poderosi con voci deboli.
La storia di una persona è impressa nella sua voce, come in un nastro sonoro, così come le prime esperienze di relazione. Ricordi, vissuti drammatici e difficili, tensioni, rabbia repressa, traumi infantili, richiesta d’amore, sono inscritti nella persona, nel suo corpo e nella sua voce, in quei tanti toni e modulazioni sonore che danno colore allo sfondo (Austin, 1993).
Possiamo dire che la voce è manifestazione dell'identità e dell'unicità di quella persona e della sua storia e più la persona è in contatto con le sue emozioni, più queste si renderanno immediatamente udibili attraverso il modulare della sua voce e configureranno il flusso aereo dandogli consistenza e forma. È la qualità della vibrazione di quella voce che mette in relazione l’ascoltatore con il suo mondo interno (Nemirinskiy, Shevchenko, 2013).
“Entrare” in una voce, e quindi essere in grado di coglierne il nucleo emotivo, consente poi di scoprire il segreto della parola e la sua vibrazione unica e peculiare.
Da parte del terapeuta, quindi, ampliare la capacità empatica e focalizzare l’attenzione su ogni manifestazione espressiva corporea di cui il paziente è inconsapevole, compresi i suoni pre-verbali, è fondamentale per avvicinarsi sempre più ad un’immagine completa della persona che parla. “Affinare” l'orecchio per permettersi di saper ascoltare, percepire, saper cogliere, portare a consapevolezza cosciente è parte integrante del lavoro interiore del terapeuta.
Da parte del paziente, infine, recuperare il contatto con la propria voce e il proprio bagaglio sonoro significa rientrare nel corpo, riprenderne possesso per capire ciò che è mancante e imparare nuovamente a sperimentare sensazioni ed emozioni, dare senso, esprimere, permettere di fluire, curare, forse guarire.
1.2 L'espressione vocale e il canto
La voce, nella sua espressione creativa, diventa canto. Non necessariamente un bel canto; questo aspetto è secondario se non ci sono finalità artistiche. Il canto, insieme alla musica, è una pratica presente in ogni parte del mondo, in ogni tradizione, a livelli diversi e per scopi diversi.
Cantiamo per divertirci, sotto la doccia, per esprimere le nostre capacità artistiche, per professione, cantiamo per socializzare, per narrare, amare, per addormentare i bambini, per pregare e meditare.
Ogni cultura ha sviluppato sistemi vocali musicali adibiti a funzione religiosa, trascendente e spirituale, dalla più semplice, attraverso l'uso di una vibrazione sonora di una sillaba, fino alla più complessa con uso di sonorità e vocalità elaborate.
Le culture antiche hanno da sempre saputo e sfruttato questi principi basilari per scopi sociali, si pensi ai canti tradizionali del folklore, e per scopi spirituali. A volte i due piani si intersecano e il folklore coincide con la parte religioso-spirituale. Pensiamo al canto gospel, che riunisce questi aspetti in un unico grande stile tradizional-spirituale. I neri d'America, discendenti da schiavi deportati dallAfrica e a loro volta destinati a lavori di fatica estrema nei campi, cantavano per sostenersi reciprocamente, per accompagnarsi nella fatica, per sentirsi uniti di fronte alle disavventure comuni, per aprirsi al Divino e in alcuni casi per indurre trance estatica a scopo curativo.
Il canto Gospel era nelle sue origini un vero e proprio canto trasformatore in quanto la sua struttura, a volte complessa, permetteva la gestione e l'espressione di emozioni in una modalità collettiva e potente.
Se pensiamo invece ad alcune culture orientali, il fulcro terapeutico dei suoni era la potenzialità vibratoria di alcune sillabe sanscrite, come la Om, o di alcune brevi parole che spesso non avevano un significato particolare ma un senso condiviso, illustrato nelle varie cosmogonie, e una capacità vibratoria; la ripetizione e la risonanza prolungata avevano un effetto curativo e sanante sul praticante e su chi era intorno. Il bacino culturale indo-vedico e buddista, con i loro mantra, attingono probabilmente a quella grande tradizione sciamanica siberiana che praticava il canto armonico, una modalità fonatoria molto particolare che, usando tecniche specifiche di emissione del suono, sfruttando le cavità nasali e faringea, consente l'emissione di più suoni in contemporanea. Questo tipo di canto, che spingendo le vibrazioni verso la parte alta della testa produce una forte stimolazione all'apertura verso la dimensione spirituale, veniva usato dagli sciamani per entrare in contatto con il divino o con gli spiriti intermediari nelle cerimonie e nei rituali di guarigione, per indurre stati di trance a se stessi o a chi chiedeva loro aiuto. (Rohmer, 1995; Rouget, 1985).
Anche nella tradizione Sufi la cerimonia dello Zikr è spesso cantata con la ripetizione di parole particolari (di solito “La-Illha-Illhalla”) che, oltre ad un significato preciso, lavorano sull'apertura della zona faringea e nasale che comunque rimane un punto chiave del corpo (probabilmente per la stimolazione vibratoria che arriva fino alla ghiandola pineale). In sud-America nelle cerimonie con l'Ayuahsca, la pianta maestra per eccellenza, si accompagna il viaggio dei partecipanti con dei canti speciali chiamati Icaros, significativi per la loro melodia e per il contenuto, e che lo sciamano o il curandero che conduce la cerimonia, insieme ai suoi aiutanti, cantano in momenti chiave del processo terapeutico del gruppo o della persona per attivare stati emotivi e intuitivi che facilitino l'accesso a dimensioni più espanse della coscienza (Rouget, 1985).
Il Tarantismo, praticato nel sud Italia fino agli inizi del XIX secolo e di diretta discendenza dai riti dionisiaci greci, prevedeva l'uso di pattern canori specifici che insieme alla musica prodotta da violini e percussioni curava le persone morse dal mitico ragno (De Martino, 2015).
Le tradizioni sapienziali erano quindi a conoscenza del fatto che siamo energia e sapevano che il pensiero è una forma di energia, così come è una forma di energia quella che fa muovere i circuiti del cuore e i muscoli, e che l'espressione verbale è una forma di energia. Il canto, espandendo la portata energetica, era considerato un grande strumento terapeutico (Rouget, 1985; Goddard, 2006).
Nel nostro mondo occidentale, con l'appiattimento culturale e lo spegnersi di qualsivoglia forma di dispositivo tradizionale di presa in carico delle sofferenze umane sotto la spinta di un pensiero unico, materialistico, riduzionistico e consumistico, il canto è rimasto legato alla sfera dello svago e del divertimento, perdendo, almeno ufficialmente, quella solennità e quel potere curativo delle origini. Ma chi non si è curato ascoltando una canzone? Chi non ha cantato per consolarsi, per sostenersi o celebrare qualcosa in un momento particolare della vita? Chi potrebbe negare il valore terapeutico intrinseco alla musica e al canto?
La voce cantata, quindi, ha delle caratteristiche differenti da quella parlata, caratteristiche che da sempre sono state usate con fini specifici, anche curativi.
Vediamone alcune:
-si trasmette molto lontano;
-possiede una grande energia;
-ha una estensione più ampia della voce parlata;
-è più chiara e brillante della voce parlata;
-ha una forza spirituale;
-è terapeutica (Rohmer, 1995).
Per esprimere il nostro canto utilizziamo dei sistemi codificati estremamente raffinati come la melodia, il ritmo, l'armonia, sistemi che si differenziano a seconda del contesto culturale. Mediante questi sistemi raccontiamo, anche attraverso parole, i nostri sentimenti, la nostra presenza nel mondo. Queste parole sono a loro volta sillabe articolate, e messe in sequenza secondo un ordine prestabilito e cosciente. Questa specie di magia viene messa in atto ogni volta che cantiamo anche la melodia più banale. Quante volte ci svegliamo con una canzoncina in testa e non riusciamo a fermarla? La musica e il canto riescono ad influenzare le nostre dinamiche interiori, nel bene e nel male. Ci possono aiutare ad entrare in estasi se la usiamo in uno stato meditativo, oppure ci risvegliano un sentimento religioso se siamo credenti, ci aiutano, con un ritmo sostenuto, a pedalare o camminare in modo più veloce, a danzare, ci commuovono, ci divertono, ci rendono pensierosi. Tutto questo ci dimostra che il suono della musica o di un canto, debitamente modulati ed essendo vibrazione, agiscono sul nostro sistema fisico, emotivo ed energetico, amplificandoli e modificandoli.
Molti studi sono stati fatti sul simbolismo fonetico e sulla capacità curativa dei suoni; se ne sono occupati Dogana, con i suoi studi sul Fonosimbolismo, la disciplina della chirofonetica, l'euritmia terapeutica, dimostrando che ciascun suono o determinate combinazioni di suoni, armonie, ritmi, hanno caratteristiche e forme specifiche che entrano in risonanza con “le forme” psico-fisio-emotive umane: i suoni vocalici, nella loro semplicità, per esempio, data la loro configurazione e il flusso aereo poco ostacolato, esprimono e colorano nella loro essenza la sfera dei sentimenti e delle emozioni permettendone o facilitandone l'espressione anche nel caso di blocchi o rigidità fisiche (pensiamo quando pronunciamo la sillaba “a” nei momenti piacevoli della vita...). Nel caso di forme più complesse come sequenze melodiche, pattern ritmici, parti di musiche o canzoni si procede per analogia tra forme musicali e contenuti emozionali (Dogana, 1988; AA.VV., 2012).
L'elemento decisivo di esperienze come queste, dunque, è qualcosa che mi si impone alla mente come una felicità o un’efficacia forte degli affetti, in cui è racchiuso un mio “segreto privato” che riconosco in una forma del mondo (Gaita, 2000, p. 4).
Cè qualcosa nella composizione di quelle figure e nell'andamento di quella melodia, che mi appare da sempre di una grazia perfetta, come se quella disposizione di suoni o di luci fosse in sintonia con mie segrete costellazioni di emozioni e pensieri, quasi le nostre idee più belle fossero come motivi musicali che in noi ritornino senza che li abbiamo mai uditi, e che ci sforziamo di ascoltare, di trascrivere (Gaita, 2000, p. 39).
La peculiarità e ricchezza del suono e del canto, anche nel suo uso terapeutico, risiede proprio nella sua molteplice natura; da un lato, l’essere presente e reale nel suo scaturire dalla materia, da un corpo strutturato e disposto in una certa maniera a seconda delle sue esperienze di vita, i suoi traumi, i suoi dolori, le sue gioie ed estasi; dall'altro, la sua essenza inafferrabile e misteriosa, sostanza vibratoria (alchemicamente parlando…); da un altro lato ancora, sostanza carica e densa di sensi, di messaggi, di spirito.
In ogni caso, ogni volta che viene emesso un suono, un canto, può essere considerato un evento nuovo e irripetibile e quindi mai inutile o vuoto; la vibrazione sonora, sia musicale, sia della voce parlata lascia delle tracce in noi, muove emozioni e pensieri ed è sicuramente un canale di conoscenza e di percezione di sé, dell'altro e del mondo.
Riporto uno stralcio di una seduta di Fritz Perls (Perls, 1980, pp. 140-141), in cui il dialogo simbolico tra la persona e la sua voce mette in evidenza una discrepanza significativa tra come la voce di Maxine si presenta (forte, dolce, ...) e come la persona si sente veramente dentro di sè (nervosa, spaventata e tremante). Una voce così apparentemente "bella" è probabilmente impostata e ha uno scopo difensivo: aiuta Maxine a nascondere le sue debolezze. La protegge, per così dire. Il prezzo che la paziente paga è la perdita di una parte di sè, quella fragile, ma vera, umana, viva.
“Fritz: Bene, potresti prima di tutto fare la tua voce. “Sono la voce di Maxine. Sono forte, dolce, ronzante, musicale, sono viva…”
Maxine: Sono la voce di Maxine, e sono senza vita…c’è poco sentimento, e io mi sento molto diversa da come mi rappresenta la mia voce.
Fritz: Benissimo, allora metti su un dialogo con la tua voce. La tua voce mettila qui, e tu siediti lì. Dì: “Voce, con te non ho rapporto. Sei diversa da me”.
Maxine: Voce, sei diversa da me. Mi sento completamente diversa da – da – da come suoni tu. Sono nervosa. Sto tremando, e sono spaventata a morte…
Fritz: È così che ti senti.
Maxine: Ho lo stomaco che – lo stomaco che – mi va su e giù.
Fritz:: Bene, adesso fai la tua voce.
Maxine: Io – io so che tu non – che tu non vuoi che io –uh – che io esprima come ti senti veramente, e ti sto aiutando a nasconderlo. (Perls, 1980, pp. 140-141).
Bibliografia
AA.VV. (2012). Essere e divenire dell'euritmia. Uno sguardo sull'euritmia artistica, pedagogica sociale e terapeutica a cent'anni dalla sua creazione, trad. A. Crippa. E. Portalupi, S. Pederiva, Scuola Edizioni;
Austin Diane (1993). When the Psyche Sings, in: Bruscia K. (Eds), The Dynamics of Music Psychoterapy;
Basili Giulia (2008), Voce e suono in Gestalt, in INformazione. Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia, Gennaio-Giugno, n. 11, Istituto Gestalt Firenze;
Contarino Angelo (2008), La musico-movimento terapia nella tradizione araba musulmana. La Hadra: un rituale di catarsi e consapevolezza, in INformazione. Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia, Gennaio-Giugno, n. 11, Istituto Gestalt Firenze;
De Martino Ernesto (2015). La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del sud, Il Saggiatore;
Dogana Fernando (1988). Suono e senso. Fondamenti teorici ed empirici del simbolismo fonetico, Franco Angeli;
Gaita Denis (2000). Il pensiero del cuore. Musica, simbolo, inconscio, Bompiani;
Goddarde Françoise E. (2006). Lanima nella voce. Il canto come meditazione attiva e crescita interiore, Apogeo;
Naranjo Claudio (2007), Cosas que vengo diciendo, Editorial Kier, Buenos Aires, trad. italiana “Amore coscienza e psicoterapia”, Xenia (2011);
Naranjo Claudio (2007bis), Por una Gestalt viva, Ed. La Llave, trad italiana “Per una Gestalt viva”, Astrolabio – Ubaldini (2009);
Perls Frederick S. (1969), La terapia gestaltica parola per parola, trad. italiana Ed. Astrolabio (1980);
Rohmer Gisela (1995). Il cantante in cammino verso il suono, Diastema Libri (IV ristampa 2007);
Rossi Giovanni M. (1993). Voce e comunicazione, Edizioni Pro Civitate Christiana, Scuola di musicoterapia, Assisi;
Rouget Gilbert (1985). Musica e trance. I rapporti tra la musica e i fenomeni di possessione, Einaudi.
Psicologa, Psicoterapeuta, Mediatrice familiare sistemica - Udine
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Buonasera!
Complimenti che articolo meraviglioso 😍
Francesca il 26/03/2024
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