Gentile sig.re Franco, nella pratica clinica psicoterapeutica esiste un'etica che non è solo individuale e di buon senso ma, soprattutto, scritta nel codice dell'ordine nazionale degli psicologi. Senza inoltrarmi in questioni "tecniche" non è ammissibile che il collega esponga la vostra relazione terapeutica a personalismi inserendo addirittura una rapporto di eccessiva vicinanza con un elemento ancora importante della vostra copartecipazione psicoterapeutica.Ritengo il collega stia compiendo due errori :uno sul piano di fiducia dell'esclusività del vostro rapporto clinico, il secondo, perdendo quella "giusta" distanza dai personaggi che costellano la sua vita e che permette ad entrambi di compiere un corretto percorso comune psicoterapeutico. Ricordi che in psicoterapia i soggetti in gioco sono due, cliente e psicoterapeuta. Evidentemente il suo psicologo, da quello raccontato da lei, non ha ben compreso i movimenti interni che lo stanno guidando e pertanto non sta compiendo il suo "essere psicologo" correttamente.