Psicologa clinica cognitivo - comportamentale - Neuropsicologa forense
Rapporto coi genitori
Sono figlio unico e tra poco compirò 40 anni. Ho avuto un' infanzia normale, forse un po' troppo sotto pressione visto che sono figlio unico. Mamma abbastanza iperprotettiva, logorroica e con alcuni comportamenti stereotipati tipo una marcata fissazione per le pulizie domestiche (che vanno fatte esattamente come dice lei usando quello specifico prodotto, quel particolare straccio, ecc.) Padre forse un po' anaffettivo, iperpignolo, iperorganizzato, abitudinario, ossessionato dall' ordine, dal perfezionismo, di quelli che quando stai parlando con lui se nota che hai sbagliato l' accento di una parola ti corregge subito. Il suo difetto principale sono gli imprevedibili sbalzi di umore: un momento e' allegro, poi magari succede qualcosa e di punto in bianco diventa intrattabile, soggetto a scatti d'ira verbali. Tendenzialmente e' sempre stato molto solitario, odia viaggiare anche se mente dicendo che gli piacerebbe ma ha "molto da fare". Quello che ho notato e' che mentre una volta si concedeva qualche momento di riposo, col passare degli anni diventa sempre piu' iperattivo: la palestra, il corso di inglese, i lavori in giardino, il bricolage, l' appuntamento in parrocchia, e continua ad aggiungere nuove attività, senza contare che ha fatto una vera e propria mania con l' attività fisica e la dieta, tanto che non mangia praticamente niente tutto il giorno, e' magro come un chiodo e pretende che anche gli altri rinuncino a tutta una serie di alimenti che lui considera dannosi.
I miei problemi con loro sono iniziati nell' adolescenza: praticamente non riuscivo a fare niente senza che loro venissero a saperlo. Mia mamma era una ficcanaso tremenda. Come tutti i ragazzi adolescenti avevo anch'io qualche rivista a luci rosse che lei regolarmente "trovava per sbaglio" aprendo "per fare le pulizie" i miei cassetti o i miei armadi. Masturbarsi era un' impresa, visto che non potevo chiudermi a chiave in camera (motivo: se magari hai un malore non posso entrare), senza contare che quando meno te l' aspettavi di piombava in camera "per mettere via la giacca" o "per domandarti cosa vuoi mangiare per cena" e via dicendo. Quando uscivo di casa dovevo sempre dire dove andavo (indirizzo preciso) e quando tornavo, per il solito motivo che se mi capitava qualcosa doveva sapere dov'ero. Non so se questo abbia influito sul mio sviluppo psichico, fatto sta che questo continuo controllo da parte loro su tutti gli aspetti della mia vita mi ha trasformato in un individuo pieno di insicurezze e frustrazioni. Tutti i miei coetanei, compiuti i 14 anni, hanno avuto il motorino, io logicamente no visto che "e' troppo pericoloso, sul giornale leggo di incidenti tutti i giorni". Ho tenuto duro e compiuti i 18 anni ho deciso di farmi la patente. A patente ottenuta, logicamente potevo guidare la macchina dei miei solo assieme a mio padre, che ad ogni errore urlava come un matto e che quindi mi ha fatto rinunciare anche a guidare. Ho pensato di comprarmi una macchina usata, ma non avevo soldi e logicamente mio padre non ha ritenuto fosse il caso visto che c'era la sua (da guidare assieme a lui fin quando riterrà che me la cavo bene a sufficienza). Alcuni anni prima avevo preso a prestito la sua bicicletta e l' avevo leggermente strisciata, ne era venuto fuori un litigio tale che figurarsi se avrei osato usare la sua macchina... Morale della favola, non ho mai guidato in vita mia visto che ho sviluppato una forma seria di amaxofobia.
Tutte queste cose (controllo prima, difficoltà negli spostamenti poi) mi hanno creato dei seri problemi nel relazionarmi con l' altro sesso, fin quando a 23 anni ho deciso di andarmene di casa e trasferirmi all' estero con una ragazza che avevo conosciuto per caso e di cui mi ero innamorato. Da allora, ho sempre vissuto con quella che poi sarebbe diventata mia moglie, mi sono sempre mantenuto da solo, i soldi sono l' ultimo problema che ho. Ogni 2-3 mesi torno in Italia per 1-2 settimane, tanto per dare un saluto ai miei e per risolvere qualche problema burocratico. Quando vado da loro, vivo in un appartamento esattamente sopra al loro, che in origine era stato ristrutturato pensando che sarei andato a vivere li' con mia moglie. Si tratta, in parole povere, del secondo piano di una grande casa a 3 piani. Nonostante abbia 40 anni, vedo che le cose non sono minimamente cambiate: se esco di casa devo sempre dire dove vado e quando torno (quando si vive insieme bisogna sempre sapere dove si e', altrimenti se magari mi capita qualcosa loro non sanno dove sono), mia madre pretende di venirmi a fare le pulizie tutti i giorni, visto che secondo lei io non le faccio bene e non mi rifaccio il letto con precisione. Quando meno me l' aspetto, alle ore piu' strane, viene da me a stirare visto che la sua stanza da stiro si trova nel mio appartamento. Le ho fatto presente che per una settimana potrebbe stirare anche nel suo appartamento, ma logicamente non si puo'. Il pranzo e la cena bisogna stare insieme. Quando sono seduto a tavola, se magari ho le scatole girate e sono serio non fa altro che fissarmi in viso per sapere cosa c'e' che non va. La sera prima di andare a letto deve venire di sopra a darmi la buonanotte. Mio padre rompe le scatole perche' secondo lui vado a letto troppo tardi e mi alzo troppo tardi. Se dico che il giorno dopo devo andare alle 12 in un certo posto, magari a una visita medica, l' indomani comincia alle 10 a ricordarmi che ho un appuntamento alle 12. Se dico qualcosa mi fanno intendere che sono paranoico e loro non mi controllano per niente, sono io che ne ho fatto una mania. A questo punto mi chiedo: ma sono veramente io che non funziono bene o sono loro che non vogliono realizzare che ho il diritto di starmene in pace e farmi la mia vita? Vorrei sapere la vostra opinione
Gent Antonio, è comprensibile che lei abbia un atteggiamento critico nei confronti dei suoi genitori, iperprotettivi all'ossessione. Nonostante tutto, lei ha reagito con decisione a questo rapporto costrittivo andandosene e costruendo la sua vita all'estero, realizzandosi nella sfera lavorativa e relazionale. Vorrei fare un paio di riflessioni, ovviamente da ciò che deduco dal suo scritto, perciò quasi certamente parziali.
I suoi genitori sono così da sempre, hanno convogliato la loro realizzazione su di lei, trovandosi pienamente d'accordo sullo stile di educazione da impartire. Nè le cose sono migliorate con l'avanzare dell'età, anzi si sono esacerbate. Circa l'iperattivismo di suo padre, mi viene da pensare che sia funzionale a riempire dei vuoti (ad es. la sua presenza).
Nonostante l'irritazione per la loro invadenza, lei sente il legame di figlio tant'è che regolarmente li va a trovare fermandosi da loro e sicuramente, anche se in maniera disfunzionale, l'amore intercorre tra voi. Penso anche che esprima apertamente il suo disappunto per i loro comportamenti, senza ottenere alcun risultato. Forse, Antonio, dato che mi sembra improbabile mutare la loro visione del mondo e della vita, sarebbe il caso che lei trovasse la strada dell'indulgenza. Giusto o non giusto che sia, le consentirebbe di vivere meglio con se stesso. Mi piacerebbe sapere che ne pensa. Resto a disposizione se vuole scrivermi in privato o in piattaforma online. Un caro saluto
Psicologa clinica cognitivo - comportamentale - Neuropsicologa forense - Belluno - Padova