Cara signora, credo che faccia bene a porsi delle domande, ma senza utilizzarle come elementi di colpa “contro” di sé, quanto come elementi di riflessione “su” di sé e su aspetti suoi che possono condizionare l’ansia che il suo bambino ultimamente manifesta prima delle prestazioni agonistiche. Mi verrebbe da chiederle: come mai si innervosisce così tanto quando suo figlio non raggiunge i risultati sperati nel “suo” sport? E perché parla dei momenti in cui l’efficienza sportiva del suo bambino non è al massimo nei termini di “sbagliare”? Forse sarebbe utile che si rivolga a qualche specialista della sua zona per fare qualche colloquio, quel tanto che basta per farsi aiutare a riflettere su alcuni elementi che mi sembra possano essere d’ostacolo alla sua possibilità di sostenere le sconfitte del suo bambino, inevitabili nella vita di chiunque. Ci terrei a sottolineare che questo invito non nasce dal fatto che lei, come teme, non sia una brava madre (anzi già il fatto che si ponga delle domande mi sembra importante), piuttosto dalla consapevolezza che se il suo bambino avrà una madre più serena al suo fianco, disposta a tollerare insieme a lui le sue delusioni, anche lui riacquisterà la giusta serenità per fronteggiare le sue gare e la sua vita più in generale, potendo accettare che non sempre le cose vadano secondo i propri desideri e le proprie aspettative.