Da circa 2 mesi mio figlio ha iniziato a non mangiare piu' a scuola e soprattutto a mordere i compagni
Salve, sono la mamma di due bimbi. Il piu' piccolo fara' quattro anni a luglio, e' affettuoso e molto legato a me. Il lungo allattamento ci ha regalato uno splendito rapporto. Questo e' stato il suo primo anno di materna, iniziato serenamente senza problemi, in una classe di 29 bimbi di cui solo 5 della sua eta', gli altri sono di un anno piu' grandi, probabilmente anche un po' prepotenti. E' un bimbo dolce, altruista, ma da circa due mesi, da bimbo che “ non si sentiva e non si vedeva“ ha iniziato a non mangiare piu' a scuola e soprattutto a mordere i compagni. Non parla perfettamente, ma sa esprimersi molto bene. Ogni volta ha una “giusta causa“ al gesto fatto (perche' il compagno non voleva mettere in ordine, perche' dava fastidio al suo amichetto, perche' gli prendeva un gioco...) ed ogni volta comprende il mio dispiacere e promette che non lo fara' piu'. Anche con la sorella piu' grande a volte ha questi momenti di rabbia incontrollabili quando viene stuzzicato, ma io lo conosco e intervengo prima che accada il peggio, facendoli calmare. Non so piu' come comportarmi. Gli faccio tanti discorsi, ho dato punizioni, lo allontano da me e dai nostri momenti di coccole... Sono preoccupata, sto pensando di toglierlo dalla scuola sperando che il prossimo anno sara' passata. Le maestre si alternano con gli orari. Una mi dice che non sa come fare, l'altra mi tranquillizza dicendo che il bimbo e' buono e che gli passera'. Cosa devo fare? Capirei se fosse piu' piccolo. Sono veramente in ansia. Grazie in anticipo.
Buon giorno signora. Innanzitutto è possibile fare solo ipotesi sulla base di quanto lei riferisce. Una osservazione diretta del bambino nei suoi contesti di vita darebbe molti più elementi di comprensione. Sembra di capire che egli stia inconsciamente mandando dei segnali di qualche malessere. Non possiamo capire bene da cosa derivino – non escludiamo le difficoltà di adattamento all’asilo con tutti quei soggetti, comprese le maestre, da capire più che da usare! Lei però può aiutarlo da parte sua. Eviterei di chiedergli perché l’ha fatto. Lui non lo sa, non può mentalizzare un agito che deriva da uno stato dell’animo. Noi invece sappiamo che la rabbia è una risposta e una risorsa che lui ha per manifestare a chi lo accudisce che è disturbato. Quindi non colpevolizziamo la rabbia, né colpevolizziamo lui, in ogni caso. Con lui cerchiamo di comprendere cosa prova quando ha quelle manifestazioni. Facciamogli capire che, se siamo dispiaciuti, ciò dipende solo dal fatto che vive un disagio, per il quale ha bisogno di essere incoraggiato, coccolato. Offriamo parole dolci che cercano di dare senso a quel che accade, mantenendo il contatto tenero, che calma, rassicura. Essere costanti in questo, pazienti. Essere fiduciosi e non preoccupati: in modo che almeno presso la madre egli trovi il ristoro alle sue fatiche, che evidentemente sono più grandi di quanto pensiamo. Fiducia!