Stress digitale
Gli esperimenti di Selye sullo stress
A cavallo tra gli anni '20 e '30 del secolo scorso Selye, a seguito dei suoi studi, definì lo stress come
una condizione aspecifica che permette all'organismo di adattarsi a qualunque sollecitazione gli venga imposta, mentre stressor - o agente stressante - è il fattore che spinge l'organismo all'adattamento.
Gli esperimenti di Selye [1] nacquero da alcune sue ricerche sugli ormoni sessuali: iniettava nei topi degli estratti ovarici per vedere quali fossero le conseguenze sull'organismo. Il suo scopo era quello di scoprire un nuovo ormone ma scoprì invece un fatto fondamentale: gli stessi effetti sull'organismo dei topi si presentavano anche se iniettava estratti diversi rispetto a quelli ovarici (di placenta, di ipofisi, di reni, di tessuto muscolare...).
Anche se il suo obiettivo andò completamente fallito (procurandogli per altro un forte stress!) seppe riconsiderare il risultato dell'esperimento in un'altra ottica, ponendosi una domanda fondamentale: perchè si ottiene la stessa risposta ad aggressioni completamente differenti?
Successivamente gli studi si spostarono (fortunatamente per noi) dai topi all'uomo e si concentrarono anche sugli agenti stressanti di tipo psicologico e sociale, ponendo alcuni principi relativamente allo stress:
È ovvio che le aggressioni dirette all’organismo (una ferita, un’emorragia, un’infezione o un’intossicazione) possono avere un peso considerevole… Tuttavia, normalmente si incontrano più spesso gli stimoli emotivi; inoltre, anche i disturbi organici hanno un effetto deleterio in gran parte proprio per la reazione emotiva che risvegliano, sia essa di paura, di dolore o di frustrazione. Così si può senz’altro affermare che lo stress non dipende tanto da ciò che facciamo o da ciò che ci accade, quanto dal modo in cui lo interpretiamo.
Lo stress oggi
Ma oggi, a distanza di quasi un secolo dagli esperimenti di Selye è cambiato qualcosa?
Sicuramente il principio che sta dietro al concetto di stress è sempre valido, ed anzi più attuale che mai. Piuttosto, quelli che si sono evoluti, e in una direzione che Selye sicuramente non poteva ipotizzare, sono gli agenti stressanti.
Penso fondamentalmente alla sovraesposizione agli stimoli, a ciò che in linguaggio 2.0 si chiama essere multitasking.
Fondamentalmente un uomo moderno è dotato di almeno due (se non tutti) tra questi strumenti digitali:
Questi strumenti gli permettono ad ogni ora del giorno ed in qualunque località del pianeta, di:
Tutti gli elementi che ho elencato sono, singolarmente, degli agenti stressanti, ma ancora di più lo è la loro combinazione.
Ciò è ancor più vero se si pensa che, quasi sempre, molti degli stressor digitali che riceviamo non si limitano ad essere uno stimolo, ma implicano una nostra risposta attiva (e possibilmente ragionata): quando ricevo una mail devo leggerla, classificarla concettualmente (è spam? è un messaggio urgente o normale? è personale o di lavoro?), decidere se e quando rispondere, scrivere la risposta, consultare altri documenti necessari, il tutto magari mentre suona il telefono, ricevo su facebook un invito ad un aperitivo per questa sera, un cliente mi manda un sms che è in anticipo al nostro appuntamento!
Che fare?
Gli effetti di questa eccessiva esposizione dipendono, come disse Selye, "da come uno la prende", ma in sintesi le conseguenze più comuni sono:
Un libro interessante (Felicemente sconnessi. Come curarsi dell'iperconnettività - edizioni De Agostini - di Frances Booth) propone alcune strategie a chi sente di essere arrivato al limite, che mi sento di condividere:
[1] Mario Farné, Lo stress, 1999, Il Mulino
[2] A questo proposito, per verificare il tuo livello di stress, prova a rispondere al questionario che trovi a questo link
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