I PASSI MAGICI: Antico rito degli Sciamani Toltechi
I PASSI MAGICI
Antico rito degli Sciamani Toltechi
“La magia dei movimenti è data dal sottile cambiamento vissuto dai praticanti mentre li eseguono. E’ una qualità effimera che il movimento porta alle loro condizioni fisiche e mentali, una specie di luccichio o luce nello sguardo. Questo sottile cambiamento è il tocco dello spirito: è come se, attraverso i movimenti, i praticanti potessero ristabilire un legame inutilizzato con la forza vitale che li sostiene” Don Juan Matus
COSA SONO:
Tensegrità è il nome che Castaneda ha dato all’applicazione pratica e moderna degli insegnamenti appresi da don Juan Matus appartenente al lignaggio degli sciamani Toltechi dell’antico Messico: i Passi Magici. Si tratta di un insieme di pratiche, fatte di movimenti corporei, che ci permettono di usare la nostra energia in modo saggio e di mettere l’attenzione là dove questa può aumentare invece di disperdersi e bloccarsi, così da ridistribuirla integralmente a tutti gli orgnai del nostro corpo.
Castaneda intende Tensegrità (Castaneda C. 1997) come la versione moderna della via del navigatore del nostro tempo, una pratica di interconnessione con se stessi e il mondo caratterizzata da una continua reciprocità di tensione e integrità. L’origine architettonica della parola ne amplia il significato: è infatti l’architetto visionario Buckminster Fuller che nel 1948 conia il termine “tensegrità” (tensegrity dalla locuzione inglese tensional integrity, integrità tensionale) per indicare il principio architettonico secondo cui le strutture presenti in natura (atomi, cellule, alberi, galassie) acquistano robustezza, flessibilità e stabilità grazie al modo con cui le forze di compressione e trazione sono distribuite e bilanciate all’interno della struttura stessa. Una caratteristica comune a tutte le strutture tensegrite è che la tensione è trasmessa in modo continuo tra i vari elementi strutturali, ovvero ad un aumento locale della tensione su uno qualsiasi dei componenti, risulta un aumento globale della stessa su tutti gli altri secondo il fenomeno che Fuller chiama “tensione locale a compressione continua” (Donald E. Ingber, L’architettura della vita). Una categoria specifica di strutture tensegrite è caratterizzata dal fenomeno di precompressione: si tratta di strutture in cui le parti rigide, resistenti alla compressione, sono tenute insieme e tendono le componenti più flessibili, resistenti alla trazione, che a loro volta esercitano una compressione sugli elementi rigidi. Tali strutture, pertanto, prima ancora di essere sottoposta a forze esterne, sono soggette a tensioni e compressioni interne, sono, appunto, precompresse. Il rapporto reciproco tra trazione e compressione, tra forze che si equilibrano vicendevolmente, rende la struttura intrinsecamente stabile.
L’albero, evidenzia Fuller, è un meraviglioso esempio di struttura tensegrita in natura. Cresciuto da un seme, nella terra, con l’acqua, l’aria e la luce del sole, un albero cresce con una struttura tensegrita, con acqua e gas che si spostano attraverso i canali interni, permettendogli così di essere sia flessibile che resistente, mentre oscilla e si adatta ai venti mutevoli e alla terra e fa salire i minerali verso l’alto e l’acqua della terra al cielo. Così nell’albero, come nelle cellule o nelle galassie, qualsiasi pressione esterna è distribuita uniformemente attraverso l’intera struttura grazie alla sua elasticità e alla precompressione interna che garantiscono la sua integrità e la sua interconnessione con il resto del mondo senziente.
L’uomo è un altro esempio di tensegrità in natura. Tutto il corpo ed in particolare tutta la colonna vertebrale , possono essere descritti come un sistema tensegrito. Le ossa sono gli elementi comprimenti discontinui, mentre i muscoli, i tendini, i legamenti, il liquido sinoviale hanno il ruolo dell’insieme tensile continuo; le ossa sono le strutture discontinue in un mare di tessuto connettivo tensile. E come l’albero anche l’uomo è a sua volta una struttura interconnessa al resto del mondo senziente. In ufficio, in macchina, a piedi nel bosco come esseri energetici potremmo accorgerci che le rocce, le piante, gli animali, i pianeti, le stelle sono senzienti e formano un tessuto interattivo di cui siamo parte e che Castaneda chiama il “mare della consapevolezza” o “seconda attenzione”; un mondo che c’è ma che non vediamo perché non ci aspettiamo di vedere e che ci potrebbe dare informazioni di vitale importanza per scoprire il carattere miracoloso della realtà ordinaria che chiamiamo vita. Nel caso dei Passi Magici la tensegrità si riferisce all’interazione tra la tensione e il rilassamento dei tendini e dei muscoli e delle loro componenti energetiche, in modo da contribuire alla totale integrità del corpo.
SCOPI:
Ridistribuire l’energia: partendo dal presupposto che, in ognuno di noi esiste un’energia, una forza, la cui quantità non aumenta né diminuisce in seguito all’intervento di forze esterne ma può a causa di quest’ultime cristallizzarsi o bloccarsi in qualunque punto della nostra struttura impedendo così il normale flusso percettivo. Wilhelm Reich (Analisi del carattere, 1994), poggiandosi su altri postulati, in particolare sul tema dell’energia orgonica ovvero una forma di energia vitale che trova la sua massima espressione nella sessualità scorrendo liberamente in tutto il corpo (di influenza Freudiana), intuì che l’uomo è prigioniero di una “corazza” muscolare e caratteriale formata da tutti quegli atteggiamenti sviluppati dall’individuo per bloccare il corso delle emozioni e delle sensazioni organiche. L’energia si blocca in alcune parti del corpo che diventano sede dei conflitti emotivi. La corazza funge da muro tra il nucleo centrale emozionale dell’individuo e le zone percettive periferiche e ancora tra l’unità dell’organismo e l’ambiente esterno con il quale interagisce. La ridistribuzione dell’energia, riassumendo, fine ultimo dei Passi Magici, consiste nel trasportare da un punto all’altro l’energia che già esiste dentro di noi. Gli uomini, sostiene don Juan, preoccupandosi e lasciandosi sopraffare dalla tensione e dalla durezza delle azioni quotidiane, impongono un pesante tributo all’organismo, sviluppando una tendenza naturale ad allontanare dai centri vitali e fissare altrove l’energia che li costituisce. Per centri vitali si intende: la zona del fegato e della cistifellea nella parte destra del corpo; la zona del pancreas e della milza nella parte sinistra del corpo; l’area dei reni e delle ghiandole surrenali nella zona della schiena; alla base del collo nella V formata dallo sterno e dalle clavicole e infine nella donna intorno all’utero e alle ovaie.
Silenziare la mente: ripetere le lunghe serie di gesti e posture costringe i praticanti a sottoporre a duro sforzo la propria memoria cinetica e contemporaneamente a placare la mente facendo cessare il continuo dialogo interiore. Non appena cessa il continuo dialogo interiore si crea uno spazio, ed è la percezione di questa spaziosità tra un pensiero e l’altro che ci permette di fare esperienza di ciò che vuol dire “dimorare in se stessi”, ricordarsi di sé. “La nostra vera natura, la vera natura dell’essenza è il movimento tra la vacuità e i pensieri” Namkhai Norbu
EFFETTI:
BENEFICI FISICI: senso di vitalità, aumento della flessibilità del corpo, benefici nella funzionalità degli organi interni ai quali si restituisce il flusso energetico.
BENEFICI PSICHICI: chiarezza e prontezza mentale, maggiore capacità di mantenere uno stato vigile di presenza mentale e dunque una maggiore consapevolezza.
I benefici derivanti dai movimenti di Tensegrità riguardano nell’immediato un aumento di energia che genera calma ed efficienza, come se i praticanti, attraverso il movimento e la concentrazione, ristabilissero un legame non utilizzato con la forza vitale che li sostiene.
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