Quando parlare di violenza non basta...il problema della dipendenza affettiva.
“Maltrattamenti: apre a Careggi l’Ambulatorio relazioni pericolose”.
A Firenze, questa settimana si terrà un’importante iniziativa per le donne che hanno subito o subiscono violenza. Careggi, infatti, aderisce all’iniziativa dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.D.A.) con un progetto a porte aperte e gratuito: l’Ambulatorio relazioni pericolose (A.R.PE.).
Oggi più che mai il tema della prevaricazione sulle donne, psicologica o fisica che sia, è una vera e propria emergenza sociale: sono ormai note a tutti le numerose manifestazioni organizzate dove, come simbolo della lotta alla violenza, vengono esibite scarpe rosse o, comunque, oggetti di questo colore.
Forse ci avviciniamo finalmente a qualcosa di più concreto. Più concreto perché ciò che rende tanto difficile l’intervento su questa emergenza non è tanto la consapevolezza del suo dilagare, ma l’omertà che si nasconde dietro le storie delle vittime più o meno consapevoli. Parlo di consapevolezza perché ciò di cui si fatica ancora oggi a parlare riguarda cosa spinge molte donne a non chiedere aiuto, a non liberarsi dal proprio aguzzino ed a proseguire, quasi masochisticamente, nelle loro relazioni “malate”.
Certo, spesso è la paura a far sì che non vengano esplicitate delle vere e proprie richieste di aiuto, ma non si parla ancora di quanto dietro a questi fatti si nascondano spesso problematiche di dipendenza affettiva.
Le dipendenze, infatti, non riguardano solo sostanze più o meno stupefacenti, ma possono caratterizzare anche le relazioni. Una premessa è d’obbligo quando si parla di dipendenza affettiva: ognuno di noi è dipendente in qualche misura dagli altri, tutti noi abbiamo bisogno di approvazione, empatia, di conferme e ammirazione da parte degli altri, per sostenerci e per regolare la nostra autostima. Ma la dipendenza affettiva può raggiungere una forma così estrema da diventare patologica: le persone che ne soffrono per farsi ben volere sono disposte a fare cose spiacevoli e degradanti e, pur di stare “nell’orbita dell’altro”, possono accettare situazioni per chiunque intollerabili (Lingiardi V., 2005).
In questi casi la persona non è in grado di prendere delle decisioni da sola, ha un comportamento sottomesso verso gli altri, ha sempre bisogno di rassicurazioni e non è in grado di funzionare bene senza qualcun altro che si prenda cura di lei (G. O. Gabbard, 1995).
Donne che non riescono a fare a meno di quegli uomini che, in cambio di sporadici atteggiamenti affettuosi, pretendono una sottomissione della propria compagna, subordinazione che può essere espressa attraverso un’aggressione fisica oppure con una “schiavitù psicologica”. La verità è che, spesso, è proprio la dipendenza da legami amorosi “morbosi” a far sì che queste donne non riescano a trovare una via d’uscita o una valida alternativa al clima di terrore che vivono quotidianamente.
Da qui l’importanza di avviare iniziative come quella che si terrà a breve nella nostra città, ma occorre cominciare anche ad approfondire una delle possibili fonti alla base di questa tematica…bene sì organizzare giornate a porte aperte per fornire un primo sostegno, ma meglio ancora sarebbe partire dall’informazione, spiegare alle donne cos’è la dipendenza affettiva, perché possano essere più consapevoli del loro comportamento spesso incoerente di fronte al maltrattamento. Partire da lì, perché frequentemente sono anche gli uomini che diventano persecutori a soffrirne per primi.
Forse, ripeto forse, discutendo di questa dipendenza potremmo provare a guardare al problema da un altro punto di vista e, magari, concentrarsi sulla prevenzione, anziché sempre e comunque sull’intervento di risoluzione del problema.
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