Sensazione di disagio perenne
Buonasera. Sono una ragazza di 21 anni. Cercherò descrivere un disturbo che mi affligge a tal punto da costringermi a pensare al suicidio più volte al giorno da più di un mese. Ho cercato disperatamente risposte su google, senza mai trovare qualcosa che vi assomigliasse, se non una generica definizione di ansia. Ciò ha accresciuto la vergogna per il mio stato, tanto che non sono riuscita a essere sincera al cento per cento né con i miei cari né con il mio medico di base. Ci provo. Credo sia normale sentirsi a proprio agio a casa propria o in generale con la propria famiglia, sentirsi rilassati, o almeno per me è sempre stato così. Con “a proprio agio“ intendo in particolare “non avere problemi ad andare di corpo“. È una cosa scontata, riuscire ad andare in bagno in casa propria; certo c'è chi soffre di stitichezza, ma questa può essere causata da fattori più fisici, come l'alimentazione. Io non ne ho mai sofferto, se non in un caso in particolare: l'essere fuori casa. È un “disturbo“ che ho sempre avuto, ma con gli anni è divenuto più grave: a 10 anni in gita era un problema circoscritto alla stanza da bagno, a 17 in vacanza con gli amici mi preoccupava un po' anche prima della partenza e durante il corso del soggiorno, l'ultima volta che sono stata via, a luglio, il blocco dell'intestino si è presentato già la sera prima della partenza, insieme ad una sensazione di disagio perenne, battito cardiaco accelerato e sudorazione. Questa sensazione è svanita solo con l'avvicinarsi del ritorno a casa, e nel frattempo mi sono avvalsa di lassativi, che sono serviti, ma non hanno comunque risolto il problema alla radice. In ogni caso, al ritorno a casa tutto è tornato alla normalità, come sempre. Non ho mai pensato di lavorare su questo problema, per quanto fastidioso, essendo limitato solo alle permanenze fuori casa con persone esterne alla mia famiglia. Ma circa una settimana dopo il mio ritorno da questa vacanza, qualcosa è cambiato. Una sera mi trovavo nel mio letto, tranquilla, quando mi è tornata in mente quella sensazione. “Che fortuna“ mi sono detta “essere qui nella mia casa al riparo da quel terribile disagio“. Ma neanche avevo fatto in tempo a pensarlo, che quella sensazione si era impossessata di me, ed ecco il cuore che batteva forte e l'intestino bloccato. Mi ripetevo che non era possibile, che mi trovavo nel mio letto, nella mia casa, il mio rifugio da sempre. Ma niente da fare: non se ne andava. Ho cercato comunque di dormire e di autoconvincermi che il giorno dopo tutto sarebbe tornato alla normalità ed è stato così. Per qualche ora. Finché non mi sono ricordata dell'episodio della sera prima e la sensazione è tornata. Da quel giorno dei primi di agosto non c'è stato un secondo (se non durante il sonno) in cui non mi sia sentita così. Dal momento in cui mi sveglio a quello in cui mi addormento non faccio che pensarci, costantemente, senza eccezioni. Il cuore mi batte forte, la pancia è dura, la mente non ha spazio per nulla. Io non credevo fosse possibile un inferno simile. Potrà sembrare ridicolo, ma giuro che non ho mai sofferto tanto in tutta la mia vita. Non mi sembra neanche più di averne una, nulla ha più la stessa luce, tutto è filtrato da questo orribile malessere a cui ho dato il nome di ansia, ma che non so in realtà definire con precisione. Dopo circa una settimana mi sono rivolta alla mia dottoressa. Le ho raccontato di avere un senso di ansia costante e di sentirmi la pancia dura, non ho però spiegato bene il nesso fra le due cose, come invece ho fatto qui. Mi sarei sentita ridicola a raccontare tutto, e pensavo che non facesse molta differenza. Poiché ho lamentato anche una difficoltà nel prendere sonno mi ha consigliato compresse di valeriana e melatonina; per tentare di risolvere il problema principale invece mi ha prescritto una compressa di samyr al giorno, per venti giorni. Non ho constatato nessun miglioramento. Quella sensazione continuava, incessante, portandomi a varie crisi di pianto e disperazione praticamente ogni giorno, accompagnate dal desiderio di morire, per porre fine a tutto. Dopo questi venti giorni sono tornata dal medico. Mi ha consigliato di provare per una settimana con della valeriana (senza melatonina) tre volte al giorno, per passare poi allo xanax, sempre tre volte al giorno, in caso la cura precedente non funzionasse. La valeriana non mi ha fatto nulla e ieri ho iniziato con lo xanax, 10 gocce al mattino, 10 al pomeriggio e 15 la sera. Per ora l'unico effetto è una forte sonnolenza. Lo so che è presto per dire che non funziona, ma per ora quell'angoscia non cessa, come non cessano il battito cardiaco accelerato (90 al minuto) e la stipsi. È ormai una condizione da cui non riesco ad uscire e sto impazzendo. All'inizio pensavo bastasse non pensarci per un po', “dimenticarmela“ per farla andare via, come in fondo mi era successo la prima volta che il problema si era presentato, ma non posso dimenticare qualcosa che è parte di me da così tanto ormai. Tutto è cambiato, mi sento come in un orribile incubo da cui è impossibile svegliarsi. Non ho voglia di fare nulla; mangio, dormo, cerco di uscire con i miei amici per non stare tutto il giorno in casa a piangere domandandomi cosa abbia fatto di male per meritarmi questo, pregando un dio in cui non ho mai creduto di ridarmi la mia vita o, altrimenti, di uccidermi. Non esiste un momento in cui sia serena. Mi sento ormai entrata in un meccanismo mentale malato da cui non posso uscire. Pensare al passato, a quando ancora non conoscevo quest'inferno è insopportabile. Non so neanche come sono riuscita a resistere tutto questo tempo senza farla finita, probabilmente solo grazie alla speranza e al sostegno dei miei cari. Chiedo aiuto qui perché sono davvero disperata, sono persino stupita di essere riuscita a scrivere tutto questo. So che dovrei rivolgermi a uno psicologo o uno psichiatra, ma intanto ho davvero bisogno di qualcuno che provi a darmi una sorta di diagnosi o un parere su quello che mi sta succedendo. Vi ringrazio di aver letto fin qui, so che è molto lungo. Attendo una vostra risposta.
Ciao Alessia, Premetto che una risposta in merito e' difficile, dal momento che non conosco bene te e la tua storia; i sintomi vanno infatti letti nel contesto personale, ma sicuramente sono portatori di significato ci comunicano qualcosa di importante. Quello che porti e' un team delicato e gia' stia facendo un passo importante, ti stai concedendo la possibilità di aprirti e in qualche modo stai chiedendo aiuto. La funzione del defecare e' qualcosa che e' innata in noi: il bambino piccolo lo fa naturalmente, ma e' questa un'area che ha rispondente simboliche ed emotive; cioè sei intimamente collegata al “fidarsi -affidarsi “, alla nostra percezione del mondo e a come ci rapporti amo ad esso. Non a caso nella lettera tu dici che questa difficoltà all'inizio l'avvertivi fuori casa perché forse a livello simbolico il “fuori casa“ e' un luogo dove vengono meno le tue difese...dove ti senti piu' vulnerabile e senza protezione. E sembra che questa sensazione ora tu la senta anche in casa, nell unico luogo fino ad ora percepito come sicuro...ciò mi porta a pensare ad un tuo stato interno in questo momento fragile, cio' che ti consiglio e' di rivolgerti a qualcuno per intraprendere un percorso di psicoterapia. Prendi il coraggio, non avere vergogna ma sii orgogliosa di te , se stai chiedendo aiuto sei gia' un passo avanti, ed hai ancora voglia di vivere. In bocca al lupo