psicologo, psicoterapeuta, consulente tecnico di parte, consulente stalking, mediatore
Rapporto col cibo e con i genitori
Salve a tutti. Sono una ragazza di 24 anni ed il problema che voglio porvi riguarda il mio rapporto con il cibo e, soprattutto, con la mia famiglia. Ormai 12 mesi fa ho iniziato una dieta fai-da-te che mi ha portata da 60 kg a 45 kg nel giro di 6 mesi (sono alta 160 cm circa), caratterizzata da un conteggio ossessivo delle calorie e da pasti ridotti in termini di quantità, ma comunque abbastanza variegati (ho sempre mangiato un po' di tutto, compresi pasta e pane). Consapevole del mio sottopeso, ho ricominciato a mangiare, purtroppo in maniera sbagliata, cadendo nel vortice delle abbuffate, talvolta una a settimana, altre volte due, quando invece sono fortunata una ogni due settimane, a cui compenso con un semi-digiuno nei giorni immediatamente successivi (non ho mai vomitato); tutto ciò mi ha portata a mettere su 5 kg in tre mesi, quelli che mi servivano per ritornare al normopeso. Oggi peso 50 kg per 160 cm, un peso che io ritengo giusto ma che secondo gli altri, familiari e non, "non mi appartiene", perché sono sempre stata robusta e non sono mai stata così magra nella mia vita. Ciò che mi fa stare male è il fatto che, secondo la mia famiglia, io debba essere come mi viene detto di essere, che non possa decidere per me stessa, che gli altri sanno meglio di me come devo sentirmi e comportarmi; addirittura, devo ascoltare le opinioni di persone che abitano nel nostro condominio e di commesse dei negozi di abbigliamento, gente con cui non ho mai avuto rapporti e che è così premurosa da dirmi che faccio impressione e che non sto bene. Mia madre è opprimente, mi insulta, mi dice che faccio schifo, pena, disgusto, e che per la disperazione mi toglierebbe di mezzo; queste parole taglienti mi fanno male e abbassano la mia autostima già precaria, e l'unica cosa a cui mi aggrappo per andare avanti è che tra qualche mese mi laureerò e sarò fuori casa; potrò finalmente vivere senza l'ansia di dover mangiare ciò che mi preparano e potrò stabilire quanto pesare senza dover ascoltare il parere di tutti i dietologi che ho scoperto circondarmi. La mia bulimia è una situazione già di per sé molto complicata ed il fatto che mia madre non si accorga di quanto mi abbuffi in certi giorni, mentre urli non appena mangio un po' di meno del previsto mi rende nervosa. Mio padre è un uomo molto freddo con cui non parlo da quando avevo 12 anni, dato il suo carattere chiuso ed il suo essere sempre nervoso e polemico nei confronti di tutti; viviamo nella stessa casa ma praticamente siamo due estranei, e la mia considerazione di lui è ulteriormente peggiorata quando 4 anni fa ha picchiato mia madre nel corso di una lite, minacciandola anche di morte; da allora non ho più alcun rispetto nei suoi confronti e non mi piace né come uomo né come persona. Non accetto il fatto che, nella situazione che sto vivendo, abbia affermato che avrebbe dovuto prendermi a schiaffi fin dall'inizio, perché ancora una volta è venuta fuori la sua natura aggressiva e la sua indole violenta, e perché si ricorda della mia esistenza solo ed esclusivamente quando c'è da biasimarmi. Il rapporto con mia madre, unico genitore con cui avevo una relazione normale, si è ovviamente deteriorato in questo ultimo anno: insulti, offese sulla mia forma fisica, considerazioni su quanto faccia schifo; ci sono stati giorni in cui non avevo voglia di alzarmi dal letto perché sapevo che stava per iniziare l'ennesima giornata di litigi, e notti in cui ho pianto perché non vedevo di fronte a me vie d'uscita e perché ho perduto tutto e tutti, anche lei, per un'ossessione da cui ho provato a liberarmi ma invano. La mia forma fisica di adesso mi piace, mi vedo magra ma non patologica, eppure la mia mente è ancora malata perché non c'è secondo in cui non pensi al cibo e, anzi, sono arrivata addirittura a rimpiangere il periodo dei miei 45 kg perché, almeno, avevo il controllo completo di me stessa e non cadevo in stupide ed inutili abbuffate. Ho il terrore di ingrassare e di tornare ad essere come prima, mi guardo continuamente allo specchio, ma, allo stesso tempo, ho nostalgia della vecchia me, del tempo in cui mangiavo senza pensieri: oggi non ci riesco più, o mangio poco o troppo. Mi dispero perché non si torna indietro, e vivo ogni giorno nell'alternanza fra il desiderio di ritornare ad avere un rapporto sano col cibo e la volontà di restare come sono ora, una conciliazione che mi sembra impossibile. In tutto ciò ogni giorno mia madre diventa sempre più soffocante ed il nostro rapporto diviene sempre più logoro, mentre odio sempre di più mio padre, il suo modo di parlare, il suo tono di voce, le movenze, le abitudini, quello che mi ha fatto perdere nel corso della mia infanzia, il fatto che rubava i miei risparmi da bambina, il suo incutermi terrore con la sua educazione rigida, il mio aver paura di lui che ormai si è trasformato in risentimento, il fatto che abbia alzato le mani su sua moglie, il mio non riuscire a dimenticare ancora oggi il suono di quegli schiaffi ed i lamenti di lei. Voglio scomparire, entrare in un mondo parallelo e vivere lì per un po', lontana da tutti e libera di riposarmi e di essere felice. Il cibo è il centro dei miei pensieri e del mio vivere, e convivere con i miei genitori rende il rapporto con l'alimentazione ancora più difficile, ancora più malato, perché mi rende nervosa e non mi permette di avere il controllo su ciò che mangio. Provo profondo risentimento ed insoddisfazione verso i miei genitori: una troppo dispotica e desiderosa di impormi un modo di essere ed una forma fisica che non sento mie (cosa che non fa altro che peggiorare il mio disturbo alimentare e mortificarmi sentendomi insultata ed immeritevole di complimenti e avvenimenti positivi) ed uno completamente inadatto a fare il genitore ed incapace di amare.
Salve Anna
capisco bene che sta attraversando una fase difficile e che il rapporto che ha con entrambi i suoi genitori non la sostiene molto.
Il rischio di sviluppare un disturbo alimentare che poi diventi più consolidato c'è. Quindi le converrebbe chiedere un aiuto professionale, magari una psicoterapia che la sostenga e che l'aiuto ad attraversare la fase adolescenziale e recuperare un rapporto diverso con i suoi genitori. Perchè non proviamo a fare una consulenza telefonica in primis?